Un mondo economico (troppo) interconnesso. I rischi per la stabilità mondiale nello studio dello
Swiss FederalTecnology di Zurigo.
Di Joe BlackUn interessante studio scientifico di ottobre/novembre 2011 è stato nei giorni scorsi rilanciato e può quantomeno rafforzare l’idea che gli aspetti da tenere presente nell’attuale crisi non si possano circoscrivere alla Merkel , all’Euro o alle infelici (ma sincere) parole (purtroppo) di Monti che non fa altro che descrivere (al di là delle smentite) una pericolo deriva antidemocratica e a un’Europa che non dovrebbe essere (quella delle banche).
Sembrano lontanissimi i tempi dei sorrisi…
E’ un fatto, tuttavia, che il Presidente della REPUBBLICA non è un firmaiolo e rispetta, non firmando, la Corte Costituzionale in attesa di un suo pronunciamento che, vista l’importanza di un provvedimento potenzialmente limitante della sovranità nazionale,
NONOSTANTE I RISCHI CHE CORRE L’EURO,
ha richiesto un congruo tempo per essere esaminato (12 settembre 2012).D’accordo con Fk quando dice che in realtà sono (purtoppo) anni che CHI DAVVERO DIRIGE L’UNIONE EUROPEA sono un’insieme di organismi NON eletti tra cui, oltre la BCE, brilla per deficit di democrazia è la Commissione Europea
Ma nulla è ineluttabile…
Allarghiamo tuttavia la panoramica al mondo economico internazionale
per tracciare la cornice di un quadro più ampio nel quale cercare di capire di più , il carattere di crisi SISTEMICA in corso di cui l’Euro è un sottoinsieme importante (accanto al pericolo di collasso del dollaro e alle dinamiche decrescenti dei paesi emergenti BRICS per citarne almeno altri due)
Qui di seguito non si parlerà di complotti globali ma di una ricerca, la prima del suo genere per complessità e articolazioni e senz’altro migliorabile, che potrebbe solleticare la curiosità di più di un’analista nel migliorarla ed aggiornarla costantemente.
Anche perché le aggregazioni, fusioni e “semplificazioni” nel quadro complessivo sono in corso.
Esistono infatti meno soggetti economici in quasi tutti i campi, ma più grossi e ramificati.
E se uno di questi cade (l’unico caso al momento è la Lehman Brothers e tutt’ora se ne sente ancora il rimbombo …) mette in crisi gran parte del sistema.
E tale rischio è in progressione esponenziale.
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Pillola Rossa o Pillola Blu ? …
La fonte della ricerca, metodo, limiti
The Network of Global Corporate Control è il titolo di uno studio pubblicato dalla Scuola politecnica di Zurigo sulla base di un campione estremamente rappresentativo di ben 37 milioni di operatori economici, tra imprese e investitori, incluse le relative posizioni patrimoniali relativi alla vasta base dati di marketing, relativi al 2007, della Orbis.
E’ stato predisposto un modello matematico e sono stati incrociati anche i relativi fatturati e collegate tutte le connessioni sia dirette che indirette (e qui sta parte della novità e nella complessità del modello) sulla base del requisito della proprietà
Critiche e limiti: alcuni studiosi hanno fatto rilevare che non sempre la proprietà equivale al controllo e che in molti casi i soggetti siano fondi di investimento che non esercitano parte attiva nelle decisioni
Ciò non toglie che le connessioni esistono e che , seppur con tutti i limiti di uno studio pionieristico (a questi livelli di ampiezza) conferma in ogni caso l’ordine di grandezza di meno di 150 imprese (quasi tutte banche e società finanziarie-assicurative) controllano direttamente o indirettamente o più sfumatamente, sono riconducibili, all’80% degli utili mondiali
La pubblicazione
L’indagine è stata ritenuta nel complesso ben impostata e significativa. E’ stata pubblicata sulla prestigiosa rivista New Scientist, molto rispettata nel panorama della scienza “mainstram”
E’ inoltre stata pubblicata su PloS-One un sistema interattivo open – access journal per la comunicazione di tutti i peer-reviewed di ricerca scientifica e medica.
Lo studio è il primo ad andare al
di là dell’ideologia per tentare di identificare la rete di connessioni
attraverso l’uso della matematica applicata alla creazione di modelli
di sistemi naturali con i dati aziendali completi per mappare le reali
proprietà delle aziende trasnazionali
Secondo Glattfelder, in un periodo di crisi, se un’azienda di queste dimensioni e ramificazioni entra in sofferenza, questa si propaga.
E’ sconcertante vedere come le cose sono collegate. davvero. Ha affermato George Sugihara, esperto in sistemi complessi della Scripp Institution of Oceanography (California) ex consigliere della Deutsche Bank
Yaneer bar Yam capo del New England Complex System Istitute (NECSI) coglie nell’analisi una possibilità di rendere il sistema più stabile e soprattutto prevenire futuri crolli che si potrebbero espandere all’intera economia
John Driffill, esperto di macroeconomia della University of London sostiene che il valore dell’analisi non è solo quello di aver individuato un piccolo gruppo di controllo dell’economia globale, MA ANCHE NELL’AVER APPROFONDITO QUESTIONI COLLEGATE ALLA STABILITA ECONOMICA
I risultati
Nell’autunno 2011 alcuni
scienziati svizzeri presentarono uno studio, pubblicato su New
Scientist, che rivelava come soltanto un piccolo numero di banche avesse
il pieno controllo di una porzione esagerata dell’economia globale.
Questo studio, battezzato “La rete del controllo globale corporativo” e
sviluppato a Zurigo da Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano
Battiston, consisteva nell’analisi della vasta base dati di marketing,
relativi al 2007, della Orbis. Furono prelevati e poi analizzati file da
tutto il mondo, che comprendevano più di
37 milioni di operatori economici,
tra imprese e investitori, incluse le relative posizioni patrimoniali.
La ricerca si basa unicamente su dati statisticiDai dati si evince che sono circa
43.000
le aziende transnazionali che hanno i canoni per essere definite tali dall’OCSE.
Le più importanti ed influenti sono però solo 1.318, le quali sono accomunate da tre caratteristiche principali:
1. sommate tra di loro, arrivano a generare il 20% del reddito mondiale;
2. si possiedono l’un l’altra
3. esiste un nucleo, chiamato ”Unità centrale”, che possiede tutte le altre 43.000 multinazionali.
Insomma, le società più influenti fanno parte di un unico grande cartello finanziario, un vero proprio monopolio, che controlla una ragnatela di 43mila altre società che sono in competizione tra di loro solo virtualmente e che, tutte insieme, generano un altro 60% del reddito mondiale totale.
Ma non è finita: l’80% delle 1.318 super-società è a sua volta controllato da un gruppo ancora più piccolo di loro, formato da sole 737 aziende,
ma sono soltanto 147 quelle che hanno in pugno il 40% della ricchezza globale.
Le prime 50 società:
La numero uno è la britannica Barclays, la numero quattro la francese Axa; quattro dei primi sei posti sono occupati da banche e finanziarie statunitensi, fra le JP Morgan Chase, quindici nelle prime 25; la prima italiana è Unicredito Italiano Spa al 43° posto.
1 BARCLAYS PLC GB 6512 SCC 4.05
2 CAPITAL GROUP COMPANIES INC, THE US 6713 IN 6.66
3 FMR CORP US 6713 IN 8.94
4 AXA FR 6712 SCC 11.21
5 STATE STREET CORPORATION US 6713 SCC 13.02
6 JP MORGAN CHASE & CO. US 6512 SCC 14.55
7 LEGAL & GENERAL GROUP PLC GB 6603 SCC 16.02
8 VANGUARD GROUP, INC., THE US 7415 IN 17.25
9 UBS AG CH 6512 SCC 18.46
10 MERRILL LYNCH & CO., INC. US 6712 SCC 19.45
11 WELLINGTON MANAGEMENT CO. L.L.P. US 6713 IN 20.33
12 DEUTSCHE BANK AG DE 6512 SCC 21.17
13 FRANKLIN RESOURCES, INC. US 6512 SCC 21.99
14 CREDIT SUISSE GROUP CH 6512 SCC 22.81
15 WALTON ENTERPRISES LLC US 2923 T&T 23.56
16 BANK OF NEW YORK MELLON CORP. US 6512 IN 24.28
17 NATIXIS FR 6512 SCC 24.98
18 GOLDMAN SACHS GROUP, INC., THE US 6712 SCC 25.64
19 T. ROWE PRICE GROUP, INC. US 6713 SCC 26.29
20 LEGG MASON, INC. US 6712 SCC 26.92
21 MORGAN STANLEY US 6712 SCC 27.56
22 MITSUBISHI UFJ FINANCIAL GROUP, INC. JP 6512 SCC 28.16
23 NORTHERN TRUST CORPORATION US 6512 SCC 28.72
24 SOCIÉTÉ GÉNÉRALE FR 6512 SCC 29.26
25 BANK OF AMERICA CORPORATION US 6512 SCC 29.79
26 LLOYDS TSB GROUP PLC GB 6512 SCC 30.30
27 INVESCO PLC GB 6523 SCC 30.82
28 ALLIANZ SE DE 7415 SCC 31.32
29 TIAA US 6601 IN 32.24
30 OLD MUTUAL PUBLIC LIMITED COMPANY GB 6601 SCC 32.69
31 AVIVA PLC GB 6601 SCC 33.14
32 SCHRODERS PLC GB 6712 SCC 33.57
33 DODGE & COX US 7415 IN 34.00
34 LEHMAN BROTHERS HOLDINGS, INC. US 6712 SCC 34.43 (e infatti avete sentito che botto ha fatto…)
35 SUN LIFE FINANCIAL, INC. CA 6601 SCC 34.82
36 STANDARD LIFE PLC GB 6601 SCC 35.2
37 CNCE FR 6512 SCC 35.57
38 NOMURA HOLDINGS, INC. JP 6512 SCC 35.92
39 THE DEPOSITORY TRUST COMPANY US 6512 IN 36.28
40 MASSACHUSETTS MUTUAL LIFE INSUR. US 6601 IN 36.63
41 ING GROEP N.V. NL 6603 SCC 36.96
42 BRANDES INVESTMENT PARTNERS, L.P. US 6713 IN 37.29
43 UNICREDITO ITALIANO SPA IT 6512 SCC 37.61
44 DEPOSIT INSURANCE CORPORATION OF JP JP 6511 IN 37.93
45 VERENIGING AEGON NL 6512 IN 38.25
46 BNP PARIBAS FR 6512 SCC 38.56
47 AFFILIATED MANAGERS GROUP, INC. US 6713 SCC 38.88
48 RESONA HOLDINGS, INC. JP 6512 SCC 39.18
49 CAPITAL GROUP INTERNATIONAL, INC. US 7414 IN 39.48
50 CHINA PETROCHEMICAL GROUP CO. CN 6511 T&T 39.78
Ovviamente sono tutte banche o istituti finanziari che possiedono tutto, dai principali settori industriali tra cui ad esempio quello bellico (1780 miliardi di fatturato),
passando per le compagnie petrolifere (colossi come “ExxonMobil Corporation” o “Shell Group” possono contare su un giro d’affari che, nel 2008, ha sfiorato i 310 miliardi di Euro),
per le industrie farmaceutiche (il mercato mondiale dei medicinali è stimato in 466 miliardi di dollari),
per quelle alimentari (solo in Italia 127 miliardi di euro, mentre Nestlé da sola fattura 36,65 miliardi),
senza dimenticare il settore delle telecomunicazioni (AT&T fattura 20 miliardi, Vodafone 13,8 etc).
Conclusioni del gruppo di studiosi di Zurigo:
la concentrazione in sè è neutra, ossia nè buona nè cattiva, ma in un momento di forte crisi una struttura come questa può collassare molto rapidamente per effetto della propagazione a tutte le sue parti.
Non si ritiene che esista una sorta di gruppo ristretto, né alcuna cospirazione , ma si constata per la prima volta in modo estremamente chiaro l’esistenza di un numero molto ristretto (meno di 150) soggetti estremamente influenti
Il loro numero, pur ridotto, porta a ritenere che non sia possibile un coordinamento tra soggetti comunque numerosi e di enormi dimensioni e interessi spesso contrapposti.
Tuttavia proprio una struttura cosi articolata, se in una prima fase l’aggregazione può apparire positiva anche per le sinergie che ne derivano, oltre un certo limite aumenta il rischio che in caso di dissesto di una o più di esse i danni “collaterali” siano potenzialmente pericolosi per l’INTERO sistema economico-finanziario (effetto dominio o contagio)
Trattasi di una potenziale dinamica trasversale in quanto gli effetti negativi in uno stato possono ripercuotersi sull’intera rete riconducibile al soggetto in difficoltà, rete che si ricorda ha un’ampiezza planetaria.
E’ necessaria una norma antitrust internazionale (le normative sono solo nazionali) ed un authority apposita
Propongono una tassa contro le concentrazioni per scoraggiarne l’eccessivo uso (ed abuso)
In ogni caso la scienza procede sempre per approssimazioni successive, ma il lavoro svolto delinea una prima immagine di insieme, una panoramica di cui non sono noti ancora tutti i particolari perché va aumentata la definizione, ma utile ad a farsi un’idea del pulsare quotidiano dell’economia. Un punto di partenza per tentare di comprenderlo meglio ed individuarne le criticità in quanto il sistema è sempre più instabile ed il contagio potrebbe avvenire dal centro alla periferia.
Un intervista recente sul tema:
«Una grande multinazionale può avere più potere del presidente di uno Stato di piccole o medie dimensioni», osserva Mauro Baranzini,
in passato decano della facoltà di economia all’Università della Svizzera italiana.
Professor Baranzini, la concentrazione del potere è di per sé negativa oppure può avere anche risvolti positivi?
Mauro Baranzini: Ci sono sicuramente dei vantaggi. Il principale è che il prezzo di prodotti e servizi è inferiore rispetto a quanto pagheremmo in un sistema più frastagliato. La concentrazione del potere comporta tuttavia dei pericoli.
Quali?
M.B.: Innanzitutto ci pone alla mercé di pochi individui. Attraverso le lobby nei parlamenti e l’influenza diretta sui reggenti, queste persone possono esercitare un potere sul mondo politico e quindi sui processi democratici.
Nel caso di uno shock esterno, come per la crisi finanziaria del 2008, il sistema può inoltre rivelarsi alquanto fragile. Il fatto di concentrare il potere è poi in contrapposizione con il concetto di libero mercato, che presuppone l’esistenza di un numero elevato di produttori, distributori e acquirenti. Ciò frena la ricerca di prodotti nuovi e originali.
Nella super entità individuata dallo studio vi sono anche UBS e Credit Suisse. Il fatto di essere al centro di una fitta rete consolida o destabilizza i due istituti svizzeri?
M.B.: Li consolida siccome le interconnessioni fanno sì che altri centri di potere hanno a che fare con due aziende molto importanti e quindi non le lasceranno cadere. Per le due banche svizzere è quindi più che positivo. Certo che se ci fosse un po’ più di etica sarebbe meglio…
Lo studio puntualizza che all’origine della concentrazione del potere non vi è forzatamente un’intesa segreta tra società. Lei cosa ne pensa?
M.B.: Non credo che alla base ci sia un complotto. È piuttosto il risultato di un’evoluzione naturale, che ha visto il settore finanziario ingrandirsi a dismisura. La finanza ha preso il sopravvento, staccandosi dalla produzione reale, ovvero da chi effettivamente crea reddito e ricchezza. Cioè l’agricoltura, l’industria e i servizi più importanti.
Mauro Baranzini è stato decano della facoltà di economia all’Università della Svizzera italiana (Universita della Svizzera Italiana)
In quali altri ambiti assistiamo a questo fenomeno di concentrazione del potere?
M.B.: Penso ad esempio alla produzione di aeromobili: una volta c’erano quattro aziende principali, ora ne rimangono due. In Svizzera abbiamo il caso delle acciaierie: negli anni Settanta ce n’erano 4-5, oggi non ne rimane più una. Il lavoro si è quindi trasferito altrove, probabilmente nelle mani di un grosso produttore.
Il fenomeno della concentrazione lo ritroviamo anche nel campo della cultura e dell’insegnamento. Prendiamo ad esempio i Premi Nobel per l’economia: sono sempre attribuiti a persone che appartengono a scuole di maggioranza o a una manciata di nazioni elette. Si concede invece poco spazio alle correnti di pensiero minoritarie. La grossa implicazione è che non si favoriscono coloro che hanno idee veramente originali e rivoluzionarie, ciò che frena l’evolvere delle conoscenze umane.
Lo stesso vale per i libri di testo. Nelle università europee, americane o giapponesi ci sono due o tre libri di economia più o meno simili che sono imposti a tutti gli studenti.
Si dovrebbe dunque limitare il numero di connessioni tra gli operatori economici?
M.B.: Limitare è impossibile, dal momento che le multinazionali operano su un livello sovranazionale dove non esiste alcuna istituzione seria in grado di limitare il super potere. Bisognerebbe però controllarlo maggiormente.
In quale modo?
M.B.:Ci vorrebbe una nuova Bretton Woods che garantisca un po’ più di stabilità. Occorrono più regole oppure una cosiddetta “Tobin tax”, dal nome del Premio Nobel americano che aveva proposto di tassare le transazioni speculative. Sono necessari maggiori controlli sui movimenti speculativi ad esempio nel campo delle materie prime, energetiche e alimentari.
Per contrastare le pratiche monopolistiche e restrittive sarebbe inoltre opportuno creare una sorta di super tribunale, simile alla Corte penale internazionale. Le singole commissioni antitrust agiscono infatti a livello nazionale e non possono contrastare i processi di progressiva concentrazione internazionale.
La nostra storia è caratterizzata da gruppi che a un dato momento diventano molto potenti. Credo che la nostra società disponga degli antivirus per neutralizzarli. Vedremo se sarà ancora così per le multinazionali.
Luigi Jorio, swissinfo.ch
Conclusioni
“Come i controllori di volo, le banche centrali e gli Stati devono osservare in tempo reale la situazione dei principali attori del reticolo economico ed esigere cambiamenti puntuali per evitare le catastrofi».
Qualche dubbio emerge sul fatto che un sistema simile possa effettivamente continuare a chiamarsi, nonostante le varie rassicurazioni,
LIBERO MERCATO…forse una parola… eccessiva?
Lo studio è neutro e non è teso ad altra dimostrazione se non a quella che , come in natura, le interconnessioni esistono e che, sulla base dei dati del 2007, senz’altro ancora più spinti nel 2012, una concentrazione cosi forte presenta anche rischi elevati nei periodo di crisi
Ma questo, al di là dei regolatori” spesso conniventi o inefficaci, … può essere davvero definito… un “libero mercato”..?
Un eccesso di regole non va bene, ma se l’assenza di regole porta ad un “naturale” sistemico eccesso di concentrazione… non va bene ugualmente!!
Uno degli obiettivi futuri dei ricercatori è quello di verificare se e dove possa collocarsi un punto di equilibrio, anche al fine di rendere il capitalismo mondiale più stabile e meno bisognoso di interventi “lacrime e sangue”, spesso tardivi e inefficaci e da parte di una grande massa di soggetti che non trae se non marginalmente alcun beneficio
La caduta di una grande impresa di trasporto, edile, manifatturiera, aeronautica ha ripercussioni ben più durature e profonde nel sistema. E’ in questo senso che sono sempre di più i soggetti “troppo grandi per fallire”
A maggior ragione , continuando il ragionamento, la caduta di una grande banca , soprattutto se rivestisse un ruolo molto elevato nella “piramide”
Chi vuol intendere… intenda
Pillola blu dimentichi tutto e domani ti svegli e non ricordi nulla. Pillola rossa… sei connesso.
Pillola Rossa o Pillola Blu?
Mah … non lo so…
Fonte:Rischio Calcolato
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