Di Luca Mercalli - La Stampa
Ad aprile è stato inserito nella Costituzione italiana il pareggio di bilancio, ovviamente riferito al denaro. Ma c’è un bilancio estremamente più importante per la nostra vita. Vita che prima di essere soggetta ai capricci dell’economia è ferreamente dominata da flussi di energia e materia: è quello delle valute «fisiche» disponibili sul pianeta Terra.
Un dato che, per quanto denso di conseguenze per il futuro
dell’Umanità, nessuno considera strategico, né lo si inserisce nelle
Costituzioni, salvo forse che in quella dell’Ecuador.
In sostanza, non si
possono prelevare dal conto terrestre più risorse di quante i sistemi
naturali siano in grado di rigenerare né immettere rifiuti e inquinanti
più di quanto la biosfera sia in grado di metabolizzare. L’Overshoot Day
di quest’anno, annunciato ieri [ndr: 22 agosto 2012], definisce la data
nella quale il nostro conto corrente con l’ambiente è andato in rosso. Abbiamo
speso tutti gli interessi in questi primi 234 giorni dell’anno, e da
oggi al 31 dicembre dilapideremo una parte del capitale, con conseguenze talora irreversibili, come il riscaldamento globale o l’estinzione di specie viventi.
Il pareggio di bilancio
mondiale è stato rispettato più o meno fino alla metà degli Anni '70,
quando l’umanità contava 3,5 miliardi di individui. Oggi siamo 7 miliardi, consumiamo e inquiniamo come non mai e preleviamo l’equivalente di una terra e mezza.
La biosfera è un sistema resiliente, e per brevi periodi può sopportare
uno stress senza collassare, a patto che si rientri nei limiti imposti
dalle leggi universali che governano i cicli biogeochimici, il clima, la
riproduzione della fauna ittica, la rigenerazione delle foreste. Ma,
come accade a un motore lanciato a folle corsa, quando la lancetta del
contagiri entra in zona rossa, per non sbiellare bisogna ridurre la
velocità.
Stranamente
l’economia mondiale appare preoccupatissima del rallentamento dei giri
del motore e invoca un’ulteriore accelerazione che secondo i modelli
ecologici porterebbe attorno al 2050 alla necessità dell’equivalente di
due pianeti, dei quali evidentemente non disponiamo. Ovvero il
motore salta e la macchina si ferma di botto con gravi conseguenze per
la società e per l’ecosistema. La «spending review» tanto oggi di moda
dovrebbe dunque includere anche le risorse fondamentali da cui
dipendiamo, suolo, acqua, energia, biomassa, carico inquinante.
Una
riduzione dei giri governata con saggezza per riportarci nei limiti
concessi dall’unico pianeta che abbiamo è l’unico atteggiamento
razionale a cui ricorrere, e sarebbe assurdo non
considerarlo proprio ora che la ricerca scientifica ci mette a
disposizione tanti dati affidabili su cui costruire gli scenari futuri,
scegliendo quelli più favorevoli ed evitando le trappole del
sovrasfruttamento.
La sfida è enorme, l’uomo deve completamente mutare il proprio paradigma,
da un cieco inseguimento della crescita fine a se stessa a un’economia
basata su uno stato stazionario, energie rinnovabili e rifiuti
riciclabili. È un obiettivo per nulla facile da perseguire, né esistono
ricette preconfezionate, tuttavia ciò che la comunità scientifica invoca
invano da anni è una disponibilità all’ascolto del mondo economico e
politico, alla ricerca di soluzioni nuove e condivise che tengano conto
dell’enorme posta in gioco, ovvero la sopravvivenza della specie
per un periodo dello stesso ordine di grandezza del nostro cammino
evolutivo precedente, diciamo 200 mila anni. Sotto le isteriche
oscillazioni dello spread, c’è un debito con la natura che non si potrà
contrattare in nessun Parlamento.
Fonte: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10454
http://www.megachip.info/tematiche/kill-pil/8756-non-si-contratta-lo-spread-con-la-natura.html
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