Di Francesco Damato
Viene voglia di dire che aveva dunque ragione Bettino Craxi quando
definiva Antonio Di Pietro "Tonino l’americano" parlando con gli amici,
prima e dopo la sua partenza definitiva per la Tunisia, dell’inchiesta
giudiziaria di Milano, chiamata "Mani pulite", che avrebbe finito per
costargli più o meno direttamente anche la vita. Sappiamo, adesso che è
stata pubblicata un’intervista rilasciata un mese fa dall’ex
ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Reginald Bartholomew al
corrispondente da New York de "La Stampa" Maurizio Molinari, che fra
quegli inquirenti e il Consolato americano a Milano, diretto allora da
Peter Semler, si stabilì un legame particolarmente stretto. Una specie
di "flirt", che fu interrotto nel 1993 proprio dall’arrivo a Roma di
Bartholomew, mandato dal presidente Bill Clinton a presidiare le
relazioni di amicizia e di alleanza con l’Italia in un momento
particolarmente difficile e confuso. Fra le prime cose scoperte dal
nuovo ambasciatore, legato peraltro all’Italia dalle sue origini
familiari, ci fu proprio quello strano, troppo stretto legame fra il
Consolato americano di Milano e i magistrati di "Mani Pulite". Che
provvide ad interrompere anche a causa dell’idea che si era subito fatta
di una conduzione delle indagini troppo spesso lesiva dei diritti della
difesa degli imputati, fra i quali spiccavano naturalmente i politici.
Egli arrivò a promuovere nella sua residenza romana un incontro fra un
giudice della Suprema Corte americana, Antonio Scalia, e sette
magistrati italiani, da nessuno dei quali furono sollevate obbiezioni
alle critiche che quel giudice mosse ai metodi degli inquirenti
milanesi. Nell'intervista di Bartholomew, che rimase ambasciatore a Roma
sino al 1997, si racconta in termini molto critici, in verità con una
certa confusione cronologica, anche del famoso "invito a comparire"
mandato nel 1994 dalla Procura di Milano all’allora presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi. In particolare, se ne parla come di una
cosa avvenuta "in coincidenza" con la visita del presidente Clinton in
Italia per il G7, svoltosi dall'8 al 10 luglio a Napoli. Invece
quell'avviso di garanzia, come fu impropriamente chiamato anche da molti
giornali, fu notificato a Berlusconi il 22 novembre, e anticipato dal
"Corriere della Sera", in coincidenza non con il G7 e la presenza di
Clinton, ma con una conferenza mondiale ministeriale dell'Onu sul
crimine organizzato internazionale. Una conferenza ospitata e
presieduta, sempre a Napoli, da Berlusconi, per cui l'eco internazionale
fu enorme. Anche il governo americano dovette rimanerne impressionato, a
tal punto che l'ambasciatore a Roma fu autorizzato a dolersene. "Gliela
feci pagare a Mani Pulite", ha raccontato testualmente Bartholomew
nella sua intervista parlando delle iniziative assunte, ma non meglio
specificate, dopo quell'affondo della Procura milanese contro
Berlusconi: un affondo per il quale l'allora sostituto procuratore Di
Pietro si era offerto al capo del suo ufficio, Francesco Saverio
Borrelli, di interrogare il Cavaliere per "sfasciarlo". Salvo poi dire
allo stesso Cavaliere, che ne parlò in una trasmissione televisiva
facendo letteralmente infuriare Borrelli, di non avere condiviso
quell'iniziativa giudiziaria. Che peraltro era destinata a concludersi
con l'assoluzione dell'imputato, dopo avere però contribuito ad
indebolirne l'immagine e a provocare la crisi del suo primo governo.
Come avesse potuto Bartholomew "fargliela pagare a Mani Pulite" non si
sa, non avendo egli detto di più ed essendo morto domenica scorsa, a
meno che "La Stampa" non abbia ancora parti della sua ultima intervista
da rivelare, magari nel contesto di una inchiesta preannunciata sui
fatti raccontati dall'ex ambasciatore. Ma è probabile che si debba
proprio a quell'azione diplomatica il clamoroso, e unico, intervento
esplicitamente critico dell'allora presidente della Repubblica Oscar
Luigi Scalfaro verso la Procura di Milano. Della quale criticò, in
particolare, tempi e modi dell'iniziativa assunta nei riguardi del
Cavaliere. Non si limitò quella volta, l'allora capo dello Stato, ad una
polemica implicita, quale fu per esempio l'udienza concessa a Romano
Prodi, con tanto di comunicato ufficiale, dopo che questi era stato
strapazzato in un interrogatorio da Di Pietro sui rapporti avuti come
presidente dell'Iri con i partiti, adusi a farsi finanziare illegalmente
da aziende private e pubbliche. Il povero Prodi uscì da
quell'interrogatorio talmente preoccupato da correre a chiedere
consiglio, per un memoriale chiestogli a Milano, a Filippo Mancuso. Che
nel 1995, voluto proprio da Scalfaro, gli si sarebbe rivoltato come
ministro della Giustizia di Lamberto Dini, sino ad essere sfiduciato dal
Senato e rimosso per le sue iniziative critiche verso la Procura di
Milano. Mentre Di Pietro sarebbe diventato nel 1996 ministro dei Lavori
Pubblici con Prodi. Le sorprese, si sa, appartengono alla vita. Di
sorpresa in sorpresa, Di Pietro si è ora imbattuto nelle rivelazioni di
Bartholomew, con il quale ha tenuto a precisare ieri di non avere mai
avuto incontri, del resto neppure rivendicati dall'ex ambasciatore. Cui
"Tonino" ha risparmiato altre reazioni perché morto: "pace all'anima
sua", ha detto dopo avere garantito di avere trovato gli americani, come
magistrato, "molto collaborativi per le rogatorie". A dispetto,
evidentemente, del loro ambasciatore.
Fonte: http://www.iltempo.it/politica/2012/08/30/1360563-mani_pulite_manina_degli_stati_uniti.shtml?refresh_ce
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