Di Stefano Magni
Meraviglie della geopolitica: la Cina potrebbe aiutare la Groenlandia a dichiarare l’indipendenza dalla Danimarca.
E come mai la potenza asiatica, dall’estremo Oriente del mondo,
dovrebbe appoggiare l’immenso Paese dell’estremo Nord Atlantico? Per
motivi economici. Meglio: di risorse energetiche.
Compagnie nazionali cinesi hanno individuato proprio nel
territorio artico tutto quel che manca loro per sviluppare prodotti di
alta tecnologia: ferro, rame, uranio e gli “elementi rari”. La
recente visita di Hu Jintao in Danimarca non ha sollevato esplicitamente
il tema, ma ha permesso di leggerlo fra le righe, secondo molti
analisti: la Groenlandia potrebbe diventare indipendente, se stabilisse
una partnership economica con Pechino.
Non è la prima volta che la questione viene sfiorata, anche se mai ufficialmente.
Nel 2005 l’allora premier del governo autonomo della Groenlandia
(semi-indipendente da Copenhagen dal 1979), Hans Enoksen, si era recato
in visita in Cina. Nel novembre scorso, il ministro groenlandese
dell’Industria e delle Risorse Naturali, Ove Karl Berthelsen, ha
replicato una visita in Cina, dove è stato accolto con tutti gli onori
dal vicepremier cinese Li Keqiang, astro nascente del regime di Pechino.
La visita è stata ricambiata lo scorso aprile dal ministro cinese per
le Risorse, Xu Shaoshi, recatosi in veste ufficiale in Groenlandia.
Insomma, i due opposti si attraggono. Hanno interessi in comune.
In caso di indipendenza, i 57mila groenlandesi perderebbero certamente i loro sussidi, tutti pagati dal contribuente danese.
Ma con le risorse di cui dispongono, potrebbero anche sostenere una
propria crescita autonoma. Perderebbero i loro rapporti speciali con
l’Unione Europea. Ma l’Ue stessa, considerando la sua crisi, non è certo
una meta a cui aspirare. Semmai, per sempre più nazioni, sta diventando
un condominio malconcio da cui uscire. La stessa Groenlandia ha scelto
deliberatamente di rimanere al di fuori del processo di integrazione del
Vecchio Continente, sin dal 1985, da quando constatò che i regolamenti
sulla pesca erano penalizzanti per la sua economia. Dunque, non ci sono
svantaggi evidenti in una eventuale secessione. Né pericoli concreti: la
Danimarca, da secoli, è un Paese estremamente pacifico. Nel 1944,
quando era ancora occupata dai nazisti, addirittura applaudì
all’indipendenza dell’Islanda, che fino a quell’anno era stata una sua
regione. Un conflitto danese nel Nord Atlantico è impensabile, neppure
in caso di lite per la spartizione delle zone di sfruttamento artiche.
Piuttosto è un altro il pericolo che potrebbe sorgere all’orizzonte: la stessa Cina.
In cambio dell’indipendenza, potrebbe chiedere sudditanza. Il regime di
Pechino non ha mai mostrato di voler rispettare il principio di
autodeterminazione dei popoli. I tibetani, gli uiguri, Hong Kong e la
stessa Taiwan (cioè la Cina non comunista) ne sanno qualcosa. D’accordo:
quelli sono tutti territori confinanti con la Repubblica Popolare e
rischiano di dissolversi nella sua immensa pancia. La Groenlandia è
dall’altra parte del mondo. Eppure… i cinesi hanno fatto capire a chiare
lettere di essere interessati a basi navali nel Nord Atlantico e di
voler controllare una propria zona per lo sfruttamento dell’Artico. In
quel caso, il piccolissimo popolo della Groenlandia (troppo piccolo per
avere sue forze armate) cadrebbe letteralmente dalla padella alla brace.
Fonte:http://www.lindipendenza.com/cina-indipendenza-groenlandia/
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