Di Maurizio Lazzarato
Estratto da
La fabbrica dell’uomo indebitato
edizioni Derive approdi
« La Grèce, c’est le mauvais élève de l’Europe. C’est toute sa
qualité. Heureusement qu’il y a des mauvais élèves comme la Grèce qui
portent la complexité. Qui portent un refus d’une certaine normalisation
germano-française, etc. Alors continuez à être des mauvais élèves et
nous resterons de bons amis. »
Felix Guattari, intervista alla televisione greca del 1992
In
Europa, alla stregua di altre parti del mondo, la lotta di classe oggi
si dispiega e concentra intorno al debito. Con una crisi del debito che
arriva a toccare gli Stati Uniti e il mondo anglo-sassone, ovvero i
paesi che hanno prodotto, oltre all’ultimo disastro finanziario,
soprattutto il neoliberismo.
La relazione creditore-debitore, che
sarà al centro della nostra argomentazione, intensifica i meccanismi di
sfruttamento e di dominio in forma trasversale, senza fare alcuna
distinzione tra occupati e disoccupati, consumatori e produttori, attivi
e inattivi, pensionati o beneficiari di sussidi. Di fronte al capitale,
che si presenta come il Grande Creditore, il Creditore universale, sono
tutti «debitori», colpevoli e responsabili. Una delle principali poste
in gioco del neoliberismo resta quella della proprietà – com’è
chiaramente dimostrato dalla «crisi» attuale –, poiché la relazione
creditore-debitore esprime un rapporto di forza tra proprietari (di
capitale) e non proprietari (di capitale).
Attraverso il debito
pubblico a indebitarsi è l’intera società , cosa che non impedisce, ma
esaspera, «le disuguaglianze», che sarebbe venuto il momento di chiamare
«differenze di classe».
Le illusioni economiche e politiche di
questi ultimi quarant’anni cadono l’una dopo l’altra, rendendo le
politiche neoliberiste ancora più brutali. La new economy, la societÃ
dell’informazione, la società della conoscenza sono tutte solubili
nell’economia del debito. Nelle democrazie che hanno trionfato sul
comunismo pochissime persone (qualche funzionario dell’Fmi, dell’Europa e
della Banca centrale europea, insieme a qualche politico) decidono per
tutti secondo gli interessi di una minoranza. La grandissima maggioranza
degli europei viene tre volte deprivata dall’economia del debito:
deprivata del già debole potere politico concesso dalla democrazia
rappresentativa; deprivata di una quota sempre maggiore della ricchezza
che le lotte trascorse avevano strappato all’accumulazione
capitalistica; ma soprattutto, deprivata del futuro, ovvero del tempo,
come decisione, scelta, come possibile.
La successione delle crisi
finanziarie ha fatto violentemente emergere una figura soggettiva che
era già presente, ma che oggi ormai investe l’insieme dello spazio
pubblico: la figura dell’«uomo indebitato». Le realizzazioni individuali
promesse dal neoliberismo («tutti azionisti, tutti proprietari, tutti
imprenditori») ci spingono verso la condizione esistenziale di
quest’uomo indebitato, responsabile e colpevole del suo stesso destino.
Questo saggio vuole proporre una genealogia e un’esplorazione della
fabbrica economica e soggettiva dell’uomo indebitato.
Dopo la
precedente crisi finanziaria, scoppiata insieme alla bolla di internet,
il capitalismo ha messo da parte le narrazioni epiche elaborate intorno
ai «personaggi concettuali» dell’imprenditore, dei creativi, del
lavoratore indipendente «orgoglioso di essere il padrone di se stesso», i
quali, nel perseguire unicamente i loro privati interessi, lavorano per
il bene di tutti. L’investimento, la mobilitazione soggettiva e il
lavoro su di sé, predicati dal management fin dagli anni Ottanta, si
sono trasformati in un imperativo ad assumere su di sé i costi e i
rischi della catastrofe economica e finanziaria. La popolazione deve
farsi carico di tutto ciò che le imprese e lo Stato sociale
«esternalizzano» verso la società , dunque anzitutto del debito.
Per
i padroni, i media, gli uomini politici e gli esperti, le cause della
situazione non sono da ricercare nelle politiche monetarie e fiscali che
scavano il deficit – operando un massiccio trasferimento di ricchezza
verso i più ricchi e le imprese –, né nel susseguirsi delle crisi
finanziarie che, dopo essere di fatto scomparse durante i «gloriosi
trent’anni», continuano a ripetersi e a estorcere strabilianti somme di
denaro alla popolazione, nel tentativo di evitare ciò che viene chiamato
«crisi sistemica». Per tutti costoro, colpiti da amnesia, le vere cause
di queste crisi incessanti risiederebbero nelle eccessive pretese dei
governati (in particolare di quelli dell’Europa del Sud), che vogliono
vivere come «cicale», e nella corruzione delle classi dirigenti, che in
realtà hanno sempre svolto un ruolo nella divisione internazionale del
lavoro e del potere.
Il blocco di potere neoliberista non può e
non vuole «regolare» gli «eccessi» della finanza, perché il suo
programma politico è ancora quello rappresentato dalle scelte e dalle
decisioni che ci hanno portato all’ultima crisi finanziaria. Con il
ricatto del default del debito sovrano, intende invece portare fino in
fondo questo programma, di cui fin dagli anni Settanta fantastica la
completa applicazione: ridurre i salari a un livello minimo, tagliare i
servizi sociali per mettere il Welfare al servizio dei nuovi «assistiti»
(le imprese e i ricchi) e privatizzare qualunque cosa.Per analizzare
non solo la finanza, ma anche l’economia del debito, che la ingloba e la
supera, nonché la sua politica di assoggettamento, siamo privi di
strumenti teorici, di concetti, di enunciati.
In questo libro
intendiamo tornare all’analisi del rapporto creditore-debitore compiuta
dal Deleuze e Guattari con L’anti-Edipo. Pubblicato nel 1972 – e
anticipando teoricamente lo spostamento che il Capitale avrebbe
successivamente operato – questo testo ci consente, alla luce di una
lettura della Genealogia della morale di Nietzsche e della teoria
marxiana della moneta, di riattivare due ipotesi. Anzitutto, l’ipotesi
secondo la quale il paradigma sociale non è dato dallo scambio
(economico e/o simbolico), ma dal credito. Alla base della relazione
sociale non c’è l’uguaglianza (dello scambio), ma l’asimmetria del
rapporto debito/credito che precede, storicamente e teoricamente, la
relazione tra produzione e lavoro salariato. Poi, l’ipotesi che vede nel
debito un rapporto economico indissociabile dalla produzione del
soggetto debitore e della sua «moralità ». L’economia del debito riveste
il lavoro, nel senso classico del termine, di un «lavoro sul sé», così
da far funzionare in modo congiunto economia ed «etica». Il concetto
contemporaneo di «economia» ricopre sia la produzione economica che la
produzione di soggettività . Le categorie classiche della sequenza
rivoluzionaria dei secoli XIX e XX – lavoro, sociale e politica –
vengono attraversate dal debito e in larga parte da questo ridefinite.
Occorre dunque avventurarsi in territorio nemico e analizzare l’economia
del debito e della produzione dell’uomo indebitato, nel tentativo di
costruire armi utili a combattere le battaglie che si annunciano. Poiché
la crisi, lungi dal chiudersi, rischia di estendersi
vedi anche qui
Dettes et contradettes (effeffe)
Les
usuriers pèchent contre nature en voulant faire engendrer de l’argent
par l’argent comme un cheval par un cheval ou un mulet par un mulet. De
plus les usuriers sont des voleurs car ils vendent le temps qui ne leur
appartient pas, et vendre un bien étranger, malgré son possesseur, c’est
du vol. En outre, comme ils ne vendent rien d’autre que l’attente de
l’argent, c’est-Ã -dire le temps, ils vendent les jours et les nuits.
Mais le jour c’est le temps de la clarté et la nuit le temps du repos.
Par conséquent ils vendent la lumière et le repos. Il n’est donc pas
juste qu’ils aient la lumière et le repos éternel.
J. Le Goff, La Bourse ou la vie.
Fonte:Nazione Indiana
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