Di John Pilger
johnpilger.com
La minaccia del governo britannico di irrompere nell'ambasciata
dell'Ecuador a Londra e trascinare via Julian Assange assume un
significato storico. David Cameron, già uomo di pubbliche relazioni per
un truffatore dell’industria televisiva e venditore di armi ad emirati, è
sul punto di disonorare le convenzioni internazionali che hanno
protetto i cittadini britannici nelle zone calde del pianeta. Proprio
come l'invasione dell’Iraq da parte di Tony Blair ha portato
direttamente agli atti di terrorismo registrati a Londra il 7 luglio
2005, così Cameron e il Ministro degli Esteri William Hague hanno
compromesso la sicurezza dei cittadini britannici in tutto il mondo.
Minacciando
di abusare di una legge progettata per espellere assassini da
ambasciate straniere, e al contempo diffamando un innocente come
"presunto criminale", Hague ha reso la Gran Bretagna lo zimbello di
tutto il mondo, ma questo è in gran parte occultato nel paese
anglosassone. Gli stessi “coraggiosi” giornali e le emittenti che hanno
appoggiato la parte giocata dalla Gran Bretagna in epici crimini di
sangue, dal genocidio in Indonesia alle invasioni di Iraq e Afghanistan,
adesso danno addosso alla "situazione dei diritti umani" in Ecuador, il
cui vero crimine è quello di contrastare i bulli di Londra e
Washington.
È come se i festosi applausi delle Olimpiadi fossero stati rimpiazzati
di punto in bianco da una rivelatrice folata di teppismo coloniale. Vedi
Mark Urban, l’ufficiale dell'esercito trasformato in reporter della BBC
"intervistare" un ragliante Sir Christopher Meyer, ex apologeta di
Blair a Washington, davanti all'ambasciata ecuadoregna. La coppia
procede a sfogarsi con patriottico sdegno e comico nazionalismo sul
fatto che il non classificabile Assange e l’indomito Rafael Correa,
mostrino al mondo il rapace sistema di potere occidentale. Un simile
attacco irrompe dalle pagine del Guardian, che consiglia ad Hague di
“essere paziente” e che un assalto all’ambasciata causerebbe “più
problemi di quanto vale”. Assange non è un rifugiato politico, ha
dichiarato il Guardian, e "in ogni caso, né la Svezia, né il Regno Unito
deporterebbero qualcuno che potrebbe rischiare la tortura o la pena di
morte".
L'irresponsabilità di questa affermazione corrisponde perfettamente al
ruolo perfido del Guardian in tutta la vicenda Assange. Il giornale sa
benissimo che i documenti rilasciati da Wikileaks dimostrano come la
Svezia sia costantemente sottoposta alle pressioni degli Stati Uniti in
materia di diritti civili. Nel dicembre del 2001, il governo svedese
aveva bruscamente revocato lo status di rifugiati politici a due
egiziani, Ahmed Agiza e Mohammedel-Zari, che furono poi consegnati a una
squadra-sequestri della CIA all’aeroporto di Stoccolma e "resi"
all’Egitto, dove vennero torturati. Un'indagine del difensore civico
svedese per la giustizia rilevò che il governo aveva "gravemente
violato" i diritti umani dei due uomini. Nel 2009 un cablogramma
dell’ambasciata USA ottenuto da Wikileaks, dal titolo "Wikileaks getta
la neutralità nella pattumiera della storia", la tanto decantata
reputazione dell'élite svedese per la neutralità è mostrata come una
farsa. Un altro cablogramma USA rivela che “la portata della
cooperazione [militare e di intelligenza della Svezia] [con la Nato] non
è molto conosciuta", e se non fosse tenuta segreta "avrebbe esposto il
governo a critiche interne".
Il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, ha svolto un ruolo di
primo piano nel famigerato Comitato per la Liberazione dell'Iraq di
George W. Bush, e mantiene stretti legami con l’estrema destra del
Partito Repubblicano. Secondo l'ex direttore del pubblico ministero
svedese Sven-Erik Alhem, la decisione della Svezia di chiedere
l'estradizione di Assange sui presunti casi di comportamento sessuale
riprovevole è "irragionevole e poco professionale, oltre che ingiusta ed
esagerata". Dopo aver offerto se stesso per un interrogatorio, ad
Assange è stato dato il permesso di lasciare la Svezia per Londra, dove,
ancora una volta, si è reso disponibile ad essere interrogato. Nel mese
di maggio, in un’ultima sentenza d’appello sull'estradizione, la Corte
Suprema della Gran Bretagna ha aggiunto farsa a farsa facendo
riferimento ad "accuse" inesistenti.
Abbinata a tutto ciò c’è stata un’infamante campagna personale contro
Assange. Gran parte di questa è opera del Guardian, che, come un amante
respinto, si è rivoltato contro la sua stessa fonte, dopo aver
enormemente beneficiato delle rivelazioni di Wikileaks. Senza che un
centesimo andasse ad Assange e a Wikileaks, un libro del Guardian ha
portato ad un redditizio accordo cinematografico con Hollywood. Gli
autori, David Leigh e Luke Harding, insultano arbitrariamente Assange
come essere dalla "personalità danneggiata" e "insensibile". Rivelano
perfino la password segreta che lui, fidandosi, aveva dato al giornale, e
che proteggeva un file digitale contenente i cablogrammi
dell’ambasciata degli Stati Uniti. Il 20 agosto, Harding era davanti
all'ambasciata ecuadoregna, gongolando sul suo blog che "Scotland Yard
potrebbe avere l’ultima risata". È ironico, pur essendo completamente
calzante, che un editoriale del Guardian che affonda il coltello in
Assange assomigli sorprendentemente alla prevedibile ipocrisia della
stampa di Murdoch accanita sullo stesso argomento. Come la gloria di
Leveson, Hackgate e l’onorato giornalismo indipendente svaniscono come
un puntino nel nulla.
I suoi stessi aguzzini valutano la persecuzione di Assange. Accusato di
nessun crimine, non è un latitante. Documenti svedesi del caso, tra cui i
messaggi di testo delle donne coinvolte, dimostrano chiaramente
l'assurdità delle accuse sessuali – accuse quasi interamente ed
immediatamente respinte dal procuratore di Stoccolma, Eva Finne, prima
dell’intervento di un politico, Claes Borgstrom. Al processo preliminare
di Bradley Manning, un investigatore dell'esercito degli Stati Uniti ha
confermato che l'FBI stava segretamente prendendo di mira i "fondatori,
proprietari o gestori di Wikileaks" per spionaggio.
Quattro anni fa, un documento del Pentagono, a malapena notato, e fatto
trapelare da Wikileaks, descriveva come Wikileaks e Assange sarebbero
stati distrutti con una campagna diffamatoria che avrebbe portato a
"procedimenti penali". Il 18 agosto, il Sydney Morning Herald,
avvalendosi della Libertà di Rilasciare Informazioni, ha reso noto che
il governo australiano era stato più volte informato che gli Stati Uniti
stavano conducendo una caccia "senza precedenti" ad Assange, ma non ha
sollevato obiezioni. Tra le ragioni dell'Ecuador per la concessione
dell'asilo politico c’è l'abbandono di Assange "da parte dello Stato di
cui è cittadino". Nel 2010, un'inchiesta della polizia federale
australiana ha rilevato che Assange e Wikileaks non hanno commesso alcun
crimine.
La loro persecuzione è una violenza a tutti noi e alla libertà.
Titolo originale: "Perseguire Julian Assange è attaccare la libertà e farsi beffe del giornalismo"
Traduzione di Gianni Ellena
Da Come Don Chisciotte
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