Salvare l’euro trasformando la Banca Centrale Europea in una sorta di gigantesca banca sovrana, come la Federal Reserve negli Usa? E l’Ue in uno Stato unitario con una politica fiscale centralizzata? No grazie.
Credere che si debba ricorrere subito all’unità politica per “salvare l’euro” e mettere le mani in tasca ai contribuenti per salvare interi Stati sull’orlo del default, è solo un modo per non affrontare il problema fondamentale, che è all’origine della crisi: il debito pubblico. Finalmente un economista lo nota, lo dice e lo scrive: è Pascal Salin. Professore emerito di Economia all’Università Paris-Dauphine, è conosciuto come uno dei più brillanti teorici liberali contemporanei. E in effetti non può sfuggirgli l’inganno statalista di chi parla di soluzioni drastiche per “salvare l’euro”.
Salin scrive sul Wall Street Journal che: “L’attuale crisi non è affatto un problema monetario europeo, è un problema di debito di alcuni Paesi – come la Grecia, la Spagna e altri – che fanno parte dell’eurozona. Nello specifico, sono problemi di debito pubblico, generati da una cattiva gestione del bilancio da parte dei loro governi”. Errori commessi in buona fede (e in cattiva cultura) e in cui i nostri politici continuano, regolarmente, a cascare ancora oggi: “E’ bene sottolineare che i deficit che ora danneggiano questi Paesi erano, in larga misura, giustificati, solo pochi anni fa, come necessari per avviare le cosiddette ‘politiche di salvataggio’. Ma è l’eterna illusione credere che un governo possa incrementare la domanda e indurre i produttori a produrre di più. I governi possono solo trasferire risorse da chi le produce a chi non ne ha. Le condizioni attuali dei Paesi che hanno imboccato la via degli stimoli economici nel 2008 e 2009, dovrebbero servire come prova del fallimento della ricetta di Keynes (John Maynard, ndr)”.
E invece, pur di non ammettere questo fallimento, si innesca l’inganno del “salvare l’euro”: “Il problema del debito pubblico diventa un problema dell’euro, solo nel momento in cui i governi decidono, arbitrariamente, che vi debba essere una ‘solidarietà europea’ all’interno dell’eurozona. Ma secondo quale logica, avere la stessa valuta comune implica necessariamente che gli Stati più spendaccioni debbano necessariamente ricevere aiuti dagli altri?”. Purtroppo, però, è questa la logica seguita dalla maggioranza dei governi dell’eurozona. E così, spiega Salin: “Siccome i politici europei hanno deciso di creare un nesso artificiale fra un problema di bilanci nazionali e il funzionamento dell’intera eurozona, essi hanno effettivamente creato una ‘crisi dell’euro’. Per cercare di aiutare governi mal gestiti, la Bce sta iniziando a comprare buoni del tesoro di quei governi e a trasferire liquidità alle loro banche sull’orlo del fallimento. Così facendo, la Bce (presieduta da Mario Draghi, ndr) sta violando i suoi stessi principi e introducendo pericolose distorsioni”.
Pur appartenendo ad un’altra scuola economica e suggerendo differenti soluzioni, anche l’economista Milton Friedman, prima che venisse introdotta la valuta comune, aveva visto bene quale fosse la sua vera natura: è un progetto politico più che economico. Ora iniziamo a vederne la ragione. “La ‘crisi dell’euro’ è una costruzione puramente politica – constata Salin – Si può anche dire che questa crisi sia una splendida opportunità, per molti politici, di imporre un loro programma di lungo termine su tutti gli altri. Per esempio, prima che la valuta comune venisse introdotta, molti di coloro che si definivano ‘europeisti’, consideravano la moneta unica come la prima pietra dell’unità politica. Personalmente mi ero opposto all’euro prima della sua introduzione, precisamente perché temevo che i suoi sostenitori avrebbero usato questo nesso arbitrario fra il sistema monetario e le politiche nazionali come un pretesto per centralizzare ulteriormente le decisioni politiche”.
Il centralismo europeo, comunque, non è affatto in grado di risolvere i problemi nazionali. Semmai li sommerebbe. “La vera soluzione al problema del debito – conclude Salin – resta nel taglio delle tasse e nella deregolamentazione ed è qui che i politici nazionali dovrebbero concentrare la loro attenzione. La cooperazione pan-europea non libererà alcun governo dalla propria crisi fiscale o economica. Solo i governi nazionali, ciascuno lavorando in modo indipendente per implementare le migliori politiche possibili, possono sperare di raggiungere questo obiettivo”.
Fonte:l'Indipendenza
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