Di Giorgio Todde
Nel mese di maggio del 2006 la Sardegna si è dotata – Giunta Soru – di un Piano Paesaggistico
che fissa le norme di tutela dell’unica ricchezza dell’Isola, il
Paesaggio. Contro il Piano si scatenarono una parte dei Sindaci dei 380
comuni sardi, le forze politiche di opposizione e la sinistra edilizia.
Un furore che generò centinaia di rabbiosi ricorsi amministrativi dai
quali il Piano uscì indenne. Ci fu perfino un referendum regionale
indetto dagli sviluppisti che furono bastonati.
Insomma
il Piano si rivelò una costruzione talmente solida che oggi resiste
nonostante la stella polare della nuova Giunta sarda sia il mattone in ogni suo travestimento.
Edilizia travestita da turismo, travestita da eco sostenibilità,
travestita da falso bisogno. Piani urbanistici che prevedono crescite
demografiche di fantasia, ma metri cubi reali. Ora vogliono un Piano
paesaggistico che dica sì a tutto. E perderanno nelle aule dei
tribunali.
In Sardegna
appare ogni tanto, dal mare o dal cielo, qualche piccolo dio. Una volta
nei panni di un principe ci dà specchietti in cambio della Costa
Smeralda. Un’altra, nei panni del petroliere, ci dà fondi di bottiglia
per mettere su raffinerie. Insomma, l’elenco delle apparizioni sacre è
molto lungo. Regalavano fabbriche fallimentari e tossiche, sogni
turistici e conti in rosso. Mai apparse Madonne.
Ora
è la volta dell’emiro del Qatar il quale è il nuovo sire della Costa
Smeralda e anche dei preziosi 2300 ettari inedificabili, grazie al Piano
Paesaggistico, nel territorio di Arzachena, Principato della Costa
Smeralda. Il Qatar, dice Amnesty, limita i diritti civili, specie delle
donne e degli immigrati. Ma ha un Pil che sfavilla. E non è un Pil di
cartapesta come il nostro. Petrolio e gas naturali. Così, per l’ennesima
volta, la Sardegna, che non resiste a Pil luccicanti, né a prìncipi,
emiri, sceicchi, petrolieri, è in vendita.
E
il primo atto per venderla senza intoppi consiste nel cancellare le
regole del Piano Paesaggistico. A questo lavora la alacre Giunta sarda.
Così organizza incontri segreti al vertice con l’emiro. E lassù, in
cima, discutono clandestinamente del destino dell’Isola.
Intanto molti sardi – appesa la fierezza al chiodo – sognano di vendere
la loro terra e, nel silenzio dei discendenti di Lussu, sostengono
l’idea di vendere le porzioni migliori all’emiro che non è tipo da mezze
porzioni. In cambio avremo il territorio divorato, qualche posto di
cameriere. E qualche garçon pipì locale, quello che tiene l’orinale al
nobile, si ingrasserà un poco.
Ci
siamo ricordati, vedendo tanta sottomissione, la tragica storia del
capitano Cook. Il capitano venne considerato dagli hawaiani
l’incarnazione del dio della fertilità. Ma quando gli indigeni
compresero che il capitano non era un dio, lo fecero a pezzi e un capo
tribù restituì le mani e qualche osso alla marina inglese. Eravamo nel
1779. Queste cose non accadono più e nessuno le augura. Ci contenteremmo
di sardi che difendono la loro patria e non dimenticano che un popolo
senza terra si dissolve nel nulla.
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