Di Norman Finkelstein
Forse si può arrivare alla pace nel conflitto
israelo-palestinese, e forse gli Ebrei Americani possono determinarla.
Impossibile? Non secondo lo studioso che parla sempre in maniera
esplicita, Norman Finklestein, che nel suo libro più recente sostiene
che gli eccessi di Israele sono inconciliabili con i valori liberali
degli Ebrei. Espone le sue riflessioni a Hazel Healy.
Sia suo padre che sua madre sono sopravvissuti all’Olocausto.
Che influenza ha avuto questo fatto sulle sue opinioni rispetto a
Israele?
I miei genitori erano grandi sostenitori dell’Unione Sovietica perché
credevano – e a ragione – che è stata l’Armata Rossa a sconfiggere i
nazisti. Guardavano il mondo attraverso il prisma dell’Olocausto
nazista. Quando Israele si è allineata con gli Stati Uniti all’inizio
della Guerra Fredda, i miei genitori hanno cominciato a detestare
Israele. Questo però non figurava nella mia educazione.
Lei è stato citato per aver detto che la guerra del Libano
del 1982 ha messo fine alla sua indifferenza ai guai del Medio Oriente.
Che cosa c’era in particolare in quell’avvenimento che l’ha obbligato ad
avere una reazione?
Nel corso dell’attacco di Israele al Libano nel 1982, sono state
uccisi 15-20.000 Libanesi e Palestinesi, in grandissima parte civili. La
guerra ha raggiunto il punto culminante con il massacro di
Sabra-Shatila, ma quello è stato soltanto un piccolo segnale sullo
schermo. Una volta che mi sono coinvolto, ho cominciato a leggere
moltissimo sull’argomento e ho scritto la mia tesi di dottorato sul
Sionismo. Sfortunatamente, non si è mai arrivati a una risoluzione del
conflitto, e quindi non ho potuto mai potuto districarmi da esso con
la coscienza pulita.
Il principale significato del suo libro è che per gli Ebrei
Americani l’era della ‘bella Israele’ è passata . Quali sono i
principali motivi di questa estraniazione?
Gli Ebrei americani soni liberali. Essi hanno sostenuto costantemente
il Partito Democratico dall’epoca del New Deal di Franklin D.
Roosvelt. Dato che ora si hanno molte più informazioni sul conflitto
israelo-palestinese, è diventato impossibile
che gli Ebrei americani possano conciliare le loro convinzioni liberali con la condotta di Israele.
Lei sostiene che l’appoggio degli Stati Uniti a Israele è in
declino precipitoso, ma racconta anche come tutti i politici e i mezzi
di informazione statunitensi si sono opposti con veemenza alla
richiesta del Presidente palestinese Mahmoud Abbas nel 2011 che la
Palestina venga riconosciuta come stato. Che prova ha che il
malcontento degli Ebrei Americani riguardo a Israele sia realmente in
declino?
I sondaggi dimostrano in maniera schiacciante che l’appoggio a
Israele da parte degli Ebrei americani è in declino. Recentemente ci
sono anche state delle “defezioni” di alto profilo, comprese quelle del
direttore del New Yorker, (David Remnick), dell’ex direttore di New Republic, (Peter Beinart) e, alla fine di aprile, di un Premio Nobel per l’economia (Paul Krugman).
Le pubbliche opinioni non sono sempre registrate nell’arena politica.
Si possono citare 100 esempi di politiche che in generale gli Americani
sostengono – per esempio quella della sanità – che non sono mai
nominati nei dibattiti pubblici.
Ci può spiegare la sua critica alla influente Lobby
israeliana? Gli autori John Mearsheimer e Stephen Walt *ne hanno
esagerato il potere?
Il dibattito sulla lobby israeliana tende a
oscillare tra due poli: alcuni dicono che essa determina la politica
estera degli Stati Uniti in Medio Oriente a favore di Israele e contro
gli interessi nazionali americani, mentre altri dicono che le elite
statunitensi determinano la politica estera americana e che Israele
serve gli interessi degli Stati Uniti. Secondo me, la lobby israeliana
determina veramente la politica statunitense nel conflitto tra Israele e
Palestina, perché questo è un problema secondario per le elite degli
Stati uniti (una preoccupazione fastidiosa piuttosto che una
preoccupazione di primaria importanza), mentre quando si tratta dei
problemi fondamentali di quella zona (Iraq, Iran), sono gli Stati Uniti
che prendono le decisioni.
Che influenza avrà sulla ‘lobby’ dei sostenitori
irriducibili lo spostamento di valutazione degli Ebrei americani
liberali riguardo a Israele?
Perderanno un po’ della loro influenza politica, ma ne conserveranno
anche un po’ perché un sacco di ricchi Ebrei di destra contribuiscono
ancora alla ‘causa’. Dipende anche dal fatto che gli Ebrei americani
insoddisfatti staranno zitti o criticheranno pubblicamente la politica
di Israele. Questo a sua volta dipenderà dal fatto se sul tavolo c’è
una soluzione al conflitto che gli Ebrei americani possono accogliere o
se l’unica alternativa che si offre loro è la completa estinzione o
liquidazione di Israele. E’ necessario essere in grado di presentare
agli Ebrei americani una risoluzione ragionevole basata su principi
legali incontrovertibili.
Lei loda i rapporti dei gruppi a favore dei diritti umani che
aiutano a distinguere i fatti dalla “invenzione sionista”. Nello stesso
tempo, però, critica l’osservatorio per i Diritti Umani per il loro
rapporto sul Libano. Che errori ha fatto?
L’osservatorio per i Diritti Umani non fa “errori”. Fa calcoli
politici. Fa ampio affidamento sui donatori ebrei liberali, e quindi
occasionalmente quando subisce pesanti attacchi dalla lobby di
Israele. Sebbene Israele abbia sparato quattro milioni di munizioni a
grappolo nel Libano meridionale quando la guerra era già finita,
nell’agosto del 2006, l’Osservatorio non ha potuto trovare prove che
Israele avesse commesso crimini di guerra. E’stata una cosa vergognosa e
vigliacca.
Lei adduce argomenti inconfutabili a favore della
documentazione accademica che ha rivelato i buchi nella documentazione
israeliana predominante. Ma come pensa che questa dura realtà arrivi a
tutto il pubblico o agli Ebrei americani che abbiamo minore tendenza a
essere studiosi?
Gli Ebrei americani accedono ai circuiti della cultura liberale;
frequentano le migliori scuole superiori e le migliori università
negli Stati Uniti. Forse non conoscono ogni dettaglio del conflitto
israelo-palestinese, ma lo conoscono abbastanza per sapere che non è una
bella situazione.
Se lei potesse scegliere soltanto una falsità lampante che
riguarda la storia di Israele e che vorrebbe che il mondo conoscesse,
quale sarebbe?
I suoi lettori trarrebbero grande beneficio dalla lettura di: Defending the Holy Land [Difendere
la terra santa] di Zeev Maoz. Dopo un rassegna esaustiva della
documentazione degli studiosi ,conclude che, con la “possibile
eccezione” della guerra del 1948, Israele non ha mai combattuto una
guerra di auto-difesa.
Nei suoi scritti lei non risparmia colpi. Libri che
trasmettono la versione dei fatti sono definiti: “pura truffa”,
“assurdità”, “scadenti”, e “propaganda rancida”. Lei ne dice quattro
anche alle due parti, quella filo-israeliana e quella contro Israele
criticando il Movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni e
anche vecchi nemici come il professore di Harvard Alan Dershowitz. Non
si stanca mai di conflitti e di scontri?
Sì, mo stanco davvero, ma non intendo essere l’utile idiota di nessuno. Die Gedanken sind frei. [ I pensieri sono liberi] – questo è il mio credo.
Come pensa che le rivolte chesi sono propagate nel mondo arabo nel 20111 influiranno sulle relazioni tra Stati Uniti e Israele?
E’troppo presto per dirlo, sebbene sia chiaro che Israele non può
dipendere più dall’obbedienza compatta dei suoi (finora) principali
alleati nel mondo arabo-musulmano: la Turchia e l’Egitto.
Lei sostiene che il fatto che gli Ebrei americani stiano
prendendo le distanze da Israele, alla fine beneficerà sia gli
Israeliani che i Palestinesi. Ci può spiegare come?
Israele è diventato uno stato pazzo, intossicato dal suo potere e
dalla convinzione di essere sempre più giusto degli altri, che può
agire e di fatto agisce impunemente per il veto degli Stati Uniti. Ha
un disperato bisogno di smaltire la sbornia. L’altro giorno Paul
Krugman ha scritto che Israele è diretto verso il “suicidio nazionale”.
Penso che abbia ragione.
Quali passi pensa che si debbano fare per risolvere il
conflitto israelo-palestinese? Per esempio, lei appoggia la soluzione
dei due stati?
Personalmente, preferirei che non ci fosse alcuno stato, in Medio
Oriente e anche altrove. Questa mia preferenza, però, non ha alcun
rapporto con la politica. Io appoggio il massimo che si può ottenere
adesso, cioè la soluzione sostenuta dall’intera comunità internazionale:
due stati sul confine del 1967 e una “giusta risoluzione” del problema
dei profughi basata sul diritto di ritorno e di risarcimento.
*Sono gli autori del libro: The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy [La Lobby di Israele e la politica estera degli Stati Uniti, agosto 2007]
Knowing Too Much [Sapere troppo], di Norman Finkelstein è stato pubblicato da Or Books nel giugno 2012.
http://www.zcommunications.org/why-american-jews-are-falling-out-of-love-with-israel-by-norman-finkelstein
Originale : New Internationalist
Traduzione di Maria Chiara Starace
Fonte:Znet
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