Un fisioterapista non vedente e il suo metodo per aiutare chi ha gravi disabilità con un approccio terapeutico integrato
Di Maria Giovanna Faiella
MILANO
- Cammina a passo spedito nel bosco col suo bastone-guida, con la
sicurezza di chi ha imparato a fare i conti con il buio. Anche se fai
fatica a seguirlo nell'oscurità della notte, se ti lasci condurre impari
a tastare il terreno, passo dopo passo, lentamente, per evitare gli
ostacoli. Ad accompagnare gli escursionisti in passeggiate notturne nei
boschi dell'Alto Casentino, in Toscana, è una guida speciale: Wolfgang
Fasser, 57 anni, non vedente dall’età di ventidue a causa di una
malattia ereditaria, la retinite pigmentosa. Trasferitosi dalla Svizzera
in quest'angolo dell'Appennino nei primi anni Novanta per iniziare la
sua nuova vita, Fasser non si è lasciato fermare dal suo "limite": ha
studiato e imparato a fare il fisioterapista, è divento musicoterapeuta e
oggi cura piccoli pazienti con disabilità o con disturbi del
comportamento.
ESSENZA DELLE COSE - «Sapendo ascoltare, al buio si vede meglio —
dice —. Siamo abituati ad affidarci troppo alla vista, ma nel bosco, di
notte, ti metti in ascolto e impari a usare altri sensi, spesso poco
utilizzati». Insomma, un altro modo di "vedere" per ritrovare l'essenza
delle cose. Riconoscere il canto degli uccelli, i passi furtivi di una
volpe o di un capriolo, un ruscello che scorre. Wolfgang Fasser registra
i suoni della natura, poi li trasmette ai suoi pazienti a scopo
terapeutico. «L'ascolto dei paesaggi sonori ha un impatto importante
soprattutto per i pazienti che soffrono di autismo e nei piccoli
iperattivi: li aiuta a riprendere contatto con se stessi» afferma. Ma il
terapeuta utilizza anche numerosi strumenti musicali, tipici di popoli
diversi, custoditi presso la sede dell'Associazione non profit "Il
Trillo", da lui fondata alla fine degli anni Novanta, a Poppi, tra le
colline di Quorle, in provincia di Arezzo. Si va dal flauto alla
fisarmonica, dal pianoforte al gong, dal balafon africano al lettino
sonoro, sotto il quale cinquantacinque corde richiamano alla mente
un’arpa. Tanti strumenti, tanti suoni.
STRADE NUOVE - In base alle specifiche esigenze di ciascun
paziente viene scelto lo strumento più adeguato per la terapia. Per
esempio, spiega Fasser: «Il lettino sonoro, sul quale i pazienti possono
sedersi oppure sdraiarsi, si presta bene per la stimolazione
audio-vibratoria di bambini con difficoltà di ascolto e di linguaggio,
con disfunzioni sensoriali o motorie, oppure con disturbi di
percezione». Strade inconsuete, le sue, per comunicare con chi ha
bisogno di cure, ma Fasser non improvvisa: si è appassionato alla
musicoterapia lavorando nel reparto di psicoterapia dell'ospedale
universitario di Zurigo, dopo essersi diplomato in fisioterapia
all’Università; trasferitosi in Toscana, ha studiato musicoterapia e si è
diplomato alla scuola quadriennale di Assisi. «In circa dieci anni, al
Centro "Il Trillo" abbiamo seguito più di settanta bambini con
disabilità motorie, ritardi nello sviluppo, disturbi del comportamento o
che presentano segni di autismo» racconta. La sua doppia formazione, di
fisioterapista e di musicoterapeuta, è particolarmente utile in alcuni
casi. «I piccoli con paresi cerebrale infantile spesso si annoiano
quando devono eseguire gli esercizi per migliorare le loro funzioni
motorie e così si rifiutano di farli — spiega —. Nel contesto ludico
della musicoterapia, invece, hanno lo stimolo a eseguire con entusiasmo
gli stessi movimenti».
IN AFRICA - Il percorso di formazione di Wolfgang Fasser,
peraltro, non si ferma: ora, infatti, sta seguendo un master in
musicoterapia a Lugano e, tra un'attività e l'altra, scrive la tesi
nella sua stanza all'eremo di Quorle, della Fraternità cristiana di Romena,
di cui è custode. E non soddisfatto ancora, questo instancabile uomo,
ogni anno, durante l'inverno, si trasferisce per due mesi in Lesotho,
Stato dell'Africa del Sud, tra i più poveri al mondo, con un'alta
incidenza di disabilità ma pochissimi fisioterapisti. Qui svolge da
volontario la sua attività di fisioterapista per bambini e adulti con
disabilità, ma organizza anche corsi di formazione per gli operatori del
posto. L'utilizzo terapeutico dei suoni della natura e di quelli
prodotti dagli strumenti ha incuriosito anche il regista Nicola
Bellucci, che ha deciso di seguire con la macchina da presa per tre anni
il percorso di cura di quattro bambini. Bellucci ha poi realizzato un
documentario dal titolo "Il giardino dei suoni", che è stato proiettato
di recente in Austria e prima in diversi festival nazionali e
internazionali. «I pazienti che si sottopongono ai trattamenti
riabilitativi — precisa ancora Fasser — continuano a essere seguiti dai
loro medici curanti, in un approccio terapeutico integrato». E i
risultati ci sono.
SENSAZIONE DI GIOIA - Fasser ricorda alcuni dei suoi piccoli che
ha seguito. «Per esempio, Ermanno, bambino iperattivo, non riusciva a
stare fermo, rompeva tutto, mordeva e picchiava. Ora esprime la sua
aggressività colpendo il gong — riferisce il musicoterapeuta — . Andrea,
bambino autistico e ipovedente, ora è in grado di parlare; odiava la
fisarmonica, adesso invece la suona». E prosegue: «Anni fa, quando è
arrivata da me, Jenny era una bambina colpita da paresi cerebrale
infantile che riusciva a stento a fare qualche passo sbilanciato. Adesso
Jenny non solo è riuscita a camminare da sola e si fa capire quando
parla, ma addirittura studia all'Università di Arezzo. E Lucia, bambina
pluriminorata, ascoltando i suoni, riesce a respirare meglio; aveva lo
sguardo assente, come se fosse altrove, mentre ora reagisce a qualche
stimolo. Spero che possa provare una sensazione di gioia sentendo i
movimenti e i suoni».
INTEGRAZIONE - Per Fasser, che è non vedente, non deve essere
facile relazionarsi con i pazienti. «Ma, forse, — sottolinea — è proprio
la mia cecità che aiuta chi ha una disabilità a non sentirsi inferiore e
lo incoraggia a superare le sue stesse difficoltà. Come terapeuta cerco
di ascoltare ogni cosa di cui non conosco il significato e cerco di
aiutare i miei pazienti a essere se stessi, per godere la vita con ogni
cellula del loro corpo». Non è un mondo a parte, però, quello creato da
Fasser. «Oltre all'attività terapeutica — dice, infatti, — le proposte
formative o culturali offerte dall’Associazione "Il Trillo", come per
esempio le visite notturne nel bosco, sono aperte a tutti e permettono
l'integrazione di bambini e adulti, con disabilità o meno. Ognuno di noi
può imparare qualcosa dall'altro: è questa la vera integrazione».
Fonte:Corriere della Sera
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