Di Vercingetorix
La Norvegia rappresenta il paese ideale agli occhi degli euroscettici britannici,
e non solo. Ma quella norvegese sarà davvero una formula praticabile
per i paesi che hanno voglia di abbandonare la nave europea?
Il primo luglio David Cameron ha pubblicato un articolo
sul Sunday Telegraph nel quale prospetta la possibilità di indire un
referendum sulla continuità o meno di appartenenza della Gran Bretagna
alla Ue. Nelle sue parole cita molto spesso il caso della Norvegia,
esempio perfetto di come si possa non far parte dell’Ue e nonostante ciò
prosperare. “La gente teme che qualora la Gran Bretagna uscisse dall’Ue
noi perderemmo l’accesso al mercato unico, ma la Gran Bretagna può
farcela, può uscire dall’Ue e continuare a mantenerne i vantaggi
commerciali, alla stregua dell’esempio norvegese. Le uniche cose che
perderemmo sarebbero la burocrazia e le spese”.
Ma andiamo a vedere meglio la situazione norvegese. Già
due volte, nel 1972 e nel 1994, i cinque milioni di norvegesi sono
stati convocati alle urne per decidere con un referendum se volessero
entrare nell’Ue e in entrambi i casi, dopo accese discussioni, sono
prevalsi di misura i no.
La Norvegia, invece, assieme all’Islanda e al Liechtenstein,
ha scelto di entrare a far parte dello Spazio economico europeo (See),
in pratica un’associazione di tutti i Ventisette stati membri più tre
non aderenti all’Ue, ispirata alle “Quattro libertà”, ovvero la libera
circolazione di beni, servizi, persone e capitali.
La Norvegia è soggetta ad appena un terzo delle normative previste per i paesi membri
a tutti gli effetti dell’Ue, sebbene il See non abbia voce in capitolo
in tema di agricoltura, pesca, giustizia o politica interna e pare che
tale accordo funzioni bene.
La Norvegia è una delle nazioni più ricche e soddisfatte della Terra,
ha un pil pro capite di 50mila euro, rispetto ai 29mila del Regno Unito
e a una media nell’Ue che si assesta intorno ai 26.700, la
disoccupazione è appena al 3,25 per cento e il suo pil cresce del 2,75
per cento l’anno, come accade ormai da una quarantina di anni circa.
Ma c’è anche dell’altro: la Norvegia si colloca
sistematicamente ai primi posti nelle graduatorie delle Nazioni Unite
sulla qualità della vita, ha un welfare generoso, le neomamme possono
usufruire di un congedo di maternità di 46 settimane e la pubblica
istruzione è gratuita e universale.
Il paese si finanzia grazie alle proprie ingenti riserve di petrolio, legname e pesce,
che gestisce oculatamente, accantonando una parte dei considerevoli
proventi del petrolio per finanziare in futuro l’assistenza sanitaria
della popolazione in via di invecchiamento.
“La Norvegia è un paese florido e vogliamo che rimanga così”,
ha dichiarato Gunnar Bakke, membro della commissione business di
Bergen, la nota città mercantile che sin dai tempi dei vichinghi ha
saputo amministrare e far fruttare sapientemente le proprie acque e le
sue colline ricoperte di foreste, fino a diventare un elemento
fondamentale della Lega Anseatica.
Quello stesso spirito commerciale è vivo ancora oggi: con una
popolazione di 260mila persone, la città ospita molte grandi compagnie
petrolifere oltre alla più grande società al mondo di allevamento di
salmoni. che aggiunge: “Noi pensiamo a lungo termine e amministriamo le
nostre risorse con prudenza. Perché mai dovremmo entrare nell’Ue e
pagare per gli sperperi altrui ?”.
In più da recenti interviste rilasciate al Sunday Telegraph,
alcuni cittadini norvegesi sono ancora più tassativi nelle loro
opinioni: “La Norvegia dovrebbe uscire anche dal See. Siamo pur sempre
costretti ad accettare troppe decisioni prese a Bruxelles ed è come se
l’Ue ci entrasse in casa dalla porta sul retro. Sarebbe molto meglio
rompere una volta per tutte con il See e firmare soltanto intese
bilaterali. Il nostro paese è sufficientemente forte da potersene stare
per conto proprio: dato che è un centro molto importante per i commerci e
l’ Ue non potrebbe ignorarlo”.
Il dibattito é aperto, e l’ euroscetticismo aumenta sempre più.
Fonte:L'Indipendenza
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