Dopo la seconda guerra mondiale, in piena guerra fredda, la società americana e l’intera società capitalistica mondiale, gli stati e le nazioni filo-americane opposero al modello sovietico-comunista il modello consumistico. Quest’ultimo basava(e basa ancora) la sua forza sul presupposto di migliorare la società : beni di consumo come lavatrici, frigoriferi e televisori arrivavano a fasce di popolazione sempre più ampie, allontanandole dalla povertà e dall’emarginazione sociale.
I “comfort” arrivavano a tutti, nessuno escluso, in varie misure, ma arrivavano a tutti.
Lavatrici, frigoriferi e televisori rispondevano a necessità e bisogni materiali.
Oggi c’è internet, le televisioni sono ultra-tecnologiche come pure i telefoni cellulari e i tablet; tutte queste cose hanno generato una realtà virtuale e alternativa alla realtà vera e propria, usando parole di Baudrillard, hanno creato un’iperrealtà .
I media hanno creato una vera e propria “videosfera” in cui tutti “viviamo” ogni giorno.
È la “società dell’immagine”, della multimedialità , che riempie ogni istante della nostra vita.
Quindi a differenza di qualche decennio fa, varie fasce sempre più ampie di popolazione, oltre ad usufruire di beni di consumo sempre più numerosi che rispondono ad esigenze materiali, possono usufruire di “beni spirituali”, se così li possiamo definire. Ogni giorno abbiamo a disposizione tante realtà virtuali dove vivere oltre a quella “reale”.
Il “bombardamento mediatico” quotidiano di immagini e suoni crea un immaginario comune collettivo.
Dopo aver appagato i nostri bisogni materiali il sistema-società ha appagato anche i nostri bisogni spirituali: ogni giorno andiamo a lavoro e tramite i nostri computer, i nostri tablet o i nostri telefoni cellulari ci colleghiamo all’immensa rete virtuale, ai social network, ai quotidiani in versione digitale etc.
Isteria collettiva che porta tutti a vivere nelle “sterminate realtà virtuali”.
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