Di Stefano Magni
Altre tre chiese sono state colpite nella Nigeria settentrionale, in una nuova domenica di sangue.
Il triplice attacco dinamitardo è avvenuto in due distretti della città
di Zaria e nei pressi di Kaduna, la capitale dell’omonimo stato, nella
parte settentrionale del Paese africano. Subito dopo questa prima ondata
di attacchi, rapporti non ancora confermati parlano di altre due bombe a
Sud di Kaduna. Il bilancio, ancora provvisorio, è di 12 morti e 80
feriti. Non c’è ancora alcuna rivendicazione, ma, ormai, ogni maledetta
domenica, il gruppo jihadista “Boko Haram” fa esplodere le chiese
cristiane durante la messa per provocare stragi.
Boko Haram, organizzazione nata a Maiduguri nel 2002, è
diventata visibile come forza terrorista nel Paese nel 2009, quando
lanciò una prima ondata di attentati. Il suo obiettivo, allora,
pareva limitato alle scuole occidentali. “Boko Haram” può essere
infatti tradotto come “l’educazione occidentale è un peccato”. Per
“educazione”, comunque, non si intende solo il sistema scolastico, ma
tutto ciò che rientra nella cultura occidentale. Il governo nigeriano
viene dunque considerato “impuro” da un punto di vista religioso (anche
quando il presidente è musulmano) e chiunque vesta all’occidentale o
partecipi a una messa in una chiesa cristiana è un obiettivo potenziale.
Alla fine del 2009, dopo una dura guerriglia metropolitana a Maiduguri
(epicentro del movimento) e l’uccisione del leader islamico Yusuf,
l’esperienza di Boko Haram pareva già essersi conclusa. Ma invece no.
Altri scontri alimentati dal gruppo jihadista scoppiarono nel corso del
2010 e si intensificarono nel 2011. Da quando il presidente della
Nigeria è un cristiano, Goodluck Jonathan (in carica dal 2011), gli
attacchi di Boko Haram sono concentrati soprattutto contro i fedeli
cristiani. La prima azione della nuova offensiva è stata la strage di
Natale, che ha portato alla distruzione di numerose chiese e dozzine di
morti. Il più recente stillicidio di attentati, praticamente ogni
domenica, sta terrorizzando la popolazione cristiana, soprattutto negli
stati del Nord, a maggioranza islamica. E sta provocando gravi scontri
religiosi.
Se inizialmente si pensava che Boko Haram fosse un piccolo
gruppo combattente, oggi è chiaro, per le autorità nigeriane e gli
osservatori occidentali, che si tratta di un movimento armato in grado
di reclutare sempre nuovi adepti nel Nord musulmano. E’ un
fenomeno politico, non solo terrorista. E non è neppure un fenomeno
nuovo. La guerriglia islamica risale all’inizio del Novecento, quando il
califfato di Sokoto (che includeva parti degli attuali Stati del Niger,
della Nigeria e del Camerun) venne occupato dall’Impero Britannico. Con
la decolonizzazione è rimasto diviso fra i nuovi Stati africani. Questa
originaria spartizione ha provocato due tendenze: da un lato una lotta
“nazionale” (in realtà religiosa) per la riunificazione del Califfato,
che passa attraverso la separazione dagli Stati post-coloniali;
dall’altro una più universale lotta contro tutto ciò che riguarda gli
usi e i costumi cristiani occidentali, accusati di essere una
prosecuzione del colonialismo europeo.
La Nigeria è teoricamente uno Stato federale. Ogni stato che
la compone è autonomo e negli stati del Nord, a maggioranza musulmana,
le autorità talvolta impongono già la legge coranica, aggirando la
costituzione nazionale. Ma le risorse sono controllate
strettamente dal centro politico: il governo di Abuja. E’ il governo
centrale che prende accordi con le multinazionali che estraggono le
risorse petrolifere nel delta del Niger e decide sull’impiego dei ricavi
delle royalties. Questa struttura statale, economicamente molto
accentrata, si è sovrapposta (peggiorandola) alla storica divisione fra
un Nord musulmano e un Sud cristiano. Il Nord, economicamente molto più
povero del Sud, più illetterato e con tassi di mortalità per malattia
decisamente superiori, è sempre più insofferente nei confronti di un
governo centrale, accusato di essere l’epicentro della corruzione e
dell’ingiustizia.
Non che il Sud sia meno irrequieto: il noto movimento
guerrigliero del Mend (che ancora lo scorso inverno ha compiuto
attentati contro oleodotti) si batte contro gli accordi che il governo
centrale prende arbitrariamente con le multinazionali e lamenta
che le popolazioni del Sud ricevano troppo poco rispetto a quel che
producono e sopportano. E’ nel Nord, comunque, che i venti di
insurrezione sono più violenti ed endemici. Il movimento di Boko Haram
fa leva su una nostalgia storica (la fine del Califfato di Sokoto) e su
un’insofferenza economica del presente. Presenta l’Islam fondamentalista
come una panacea di tutti i mali. E su questa base conduce la sua
campagna terrorista.
Il governo africano difficilmente riuscirà a far fronte al problema, per lo meno nel breve periodo. Perché è proprio lo Stato post-coloniale nigeriano il problema.
E’ la caricatura dello Stato europeo, che porta le sue caratteristiche
alle estreme conseguenze: solo apparentemente democratico,
ultra-centralista nella gestione dell’economia e dominato, di volta in
volta, da una delle varie fazioni che compongono la società locale.
“Cleptocrazia” (regime di ladri) è il termine informale con cui questi
Stati post-coloniali vengono bollati: chi arriva al potere favorisce se
stesso e la propria fazione familiare, tribale, religiosa. Benché
Goodluck Jonathan dimostri buoni propositi riformatori, prima di
scardinare o trasformare questo sistema, molto altro sangue dovrà
scorrere.
Fonte:l'Indipendenza
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