Di Miro Renzaglia
La fratellanza bancaria di mezzo mondo, e forse più, esulta per l’esito delle elezioni greche che ha visto vincere, ma non trionfare, il partito conservatore di Nea Dimokratia di Antonis Samaris.
Il suo programma era quello di mantenere la nazione greca sotto il cappio usuraio della Bce e consorterie finanziarie globali collegate che, in cambio di un programma politico di rientro del debito, a costo di continuare a strangolare un popolo già ridotto sul lastrico, garantiva nuovi prestiti.
Direte voi: ma come si esce da un debito enorme se l’usuraio te ne fa un altro? Infatti, non se ne esce. Ma è esattamente questo che l’usuraio vuole: che il debitore non esca mai dalle sue grinfie rapaci.
Se, come sosteneva Ezra Pound, «Uno stato che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai», pensate quanta gioia procuri, agli usurai medesimi, uno stato che decide di indebitarsi ancora di più.
E, infatti – come si diceva all’inizio – la fratellanza bancaria è tutta un tripudio.
Comincia il portavoce della Cancelliera di Ferro Angela Merkel, George Streiter, che solennemente afferma: «E’ una buona notizia la vittoria di Nea Dimokratia. Adesso si faccia al piu’ presto il governo».
Prosegue il Presidentissimo Barack Obama: «Ci congratuliamo con il popolo greco per le elezioni svolte in questo momento difficile e speriamo che portino alla veloce formazione del governo affinché possa fare progressi veloci sulle sfide economiche» afferma il presidente americano Barack Obama, ribadendo che «è nel nostro interesse che la Grecia rimanga nell’Eurozona rispettando gli impegni presi sulle riforme».
Si allinea e si copre (ma come avrebbe potuto essere altrimenti) l’agente diretto della Goldman Sachs, in missione segreta in Italia come Presidente del Consiglio, Mario Monti: «Mi rallegro per il risultato. Un grande segnale per l’Ue».
Almeno, stando a queste entusiastiche sollevazioni pro Samaris è chiara una cosa: non era la Grecia ad aver paura di essere messa fuori dall’Euro, era l’Europa dei banchieri e dei loro servi a temere che la Grecia ne uscisse.
E fin qui – lo ripeto – c’è poco da stupirsi. Ma se a rallegrarsi per la vittoria di Antonis Samaris è perfino il giornale fondato da Antonio Gramsci, l’ Unità, non viene anche a voi un sussulto di meraviglia? In un editoriale on line [LEGGI QUI] l’anonimo articolista chiude così: «La vita politica greca si avvia a un’ennesima, complessa fase. Ma stasera, Atene e l’Europa possono tirare finalmente un sospiro di sollievo».
A questo punto, il quesito posto dal nostro collaboratore, Cristian De Marchis con l’articolo “Ma il Pd è di destra o di sinistra?” [LEGGI QUI] ha una risposta certa: è di destra. Con buona pace per il povero Antonio Gramsci che, come sostiene l’amico Graziano Lanzidei, avrà smesso di rivoltarsi nella tomba per darsi alle acrobazie.
Nel frattempo, però e per giunta rispetto al sospiro di sollievo che l’articolista dell’ Unità dice si possa tirare, le notizie che arrivano dal mercato finanziario sembrerebbero contrastare l’ottimismo della fratellanza bancaria. Dico, e lo sottolineo con forza, sembrerebbero. Infatti tutte le borse europee segnano un indice fortemente negativo.
Copio e incollo dal Corriere della Sera di oggi, 18 giugno: «In picchiata la Borsa di Milano sull’onda delle notizie che arrivano dalla Spagna e mostrano lo spread iberico sui Bund tedeschi a 584 punti. Il Ftse mib perde il 2,64% zavorrato dalle banche: Intesa (-2,3%) e Unicredit (-3,4%) sospese per eccesso di ribasso, Mediobanca (-3,4%), Ubi (-2,7%), Monte dei Paschi (-2,3%). Fanno riflettere i rendimenti dei titoli dei due Paesi: se i bond governativi a dieci anni spagnoli hanno tassi pari al 7,12%, quelli italiano rendono il 6,05%».
Ma non fatevi ingannare dalle apparenze. Gli speculatori stanno vendendo i titoli di stato greci, ora che il loro valore sembra saldo, per riacquistarli a prezzi stracciati quando il nuovo governo (probabilmente una coalizione Nd e socialisti che, scambiandosi reciprocamente posto fra maggioranza e opposizione, negli ultimi decenni hanno ridotto la Grecia allo stato in cui è ridotta) comincerà a inghiottire l’ennesima polpetta avvelenata che gli ha tirato la fratellanza bancaria. Quando, cioè, la Grecia sarà costretta a rialzare il tasso d’interesse dei propri titoli per renderli appetibili agli squali. E voilà: il gioco è fatto…
Fonte:Il Fondo magazine
La fratellanza bancaria di mezzo mondo, e forse più, esulta per l’esito delle elezioni greche che ha visto vincere, ma non trionfare, il partito conservatore di Nea Dimokratia di Antonis Samaris.
Il suo programma era quello di mantenere la nazione greca sotto il cappio usuraio della Bce e consorterie finanziarie globali collegate che, in cambio di un programma politico di rientro del debito, a costo di continuare a strangolare un popolo già ridotto sul lastrico, garantiva nuovi prestiti.
Direte voi: ma come si esce da un debito enorme se l’usuraio te ne fa un altro? Infatti, non se ne esce. Ma è esattamente questo che l’usuraio vuole: che il debitore non esca mai dalle sue grinfie rapaci.
Se, come sosteneva Ezra Pound, «Uno stato che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai», pensate quanta gioia procuri, agli usurai medesimi, uno stato che decide di indebitarsi ancora di più.
E, infatti – come si diceva all’inizio – la fratellanza bancaria è tutta un tripudio.
Comincia il portavoce della Cancelliera di Ferro Angela Merkel, George Streiter, che solennemente afferma: «E’ una buona notizia la vittoria di Nea Dimokratia. Adesso si faccia al piu’ presto il governo».
Prosegue il Presidentissimo Barack Obama: «Ci congratuliamo con il popolo greco per le elezioni svolte in questo momento difficile e speriamo che portino alla veloce formazione del governo affinché possa fare progressi veloci sulle sfide economiche» afferma il presidente americano Barack Obama, ribadendo che «è nel nostro interesse che la Grecia rimanga nell’Eurozona rispettando gli impegni presi sulle riforme».
Si allinea e si copre (ma come avrebbe potuto essere altrimenti) l’agente diretto della Goldman Sachs, in missione segreta in Italia come Presidente del Consiglio, Mario Monti: «Mi rallegro per il risultato. Un grande segnale per l’Ue».
Almeno, stando a queste entusiastiche sollevazioni pro Samaris è chiara una cosa: non era la Grecia ad aver paura di essere messa fuori dall’Euro, era l’Europa dei banchieri e dei loro servi a temere che la Grecia ne uscisse.
E fin qui – lo ripeto – c’è poco da stupirsi. Ma se a rallegrarsi per la vittoria di Antonis Samaris è perfino il giornale fondato da Antonio Gramsci, l’ Unità, non viene anche a voi un sussulto di meraviglia? In un editoriale on line [LEGGI QUI] l’anonimo articolista chiude così: «La vita politica greca si avvia a un’ennesima, complessa fase. Ma stasera, Atene e l’Europa possono tirare finalmente un sospiro di sollievo».
A questo punto, il quesito posto dal nostro collaboratore, Cristian De Marchis con l’articolo “Ma il Pd è di destra o di sinistra?” [LEGGI QUI] ha una risposta certa: è di destra. Con buona pace per il povero Antonio Gramsci che, come sostiene l’amico Graziano Lanzidei, avrà smesso di rivoltarsi nella tomba per darsi alle acrobazie.
Nel frattempo, però e per giunta rispetto al sospiro di sollievo che l’articolista dell’ Unità dice si possa tirare, le notizie che arrivano dal mercato finanziario sembrerebbero contrastare l’ottimismo della fratellanza bancaria. Dico, e lo sottolineo con forza, sembrerebbero. Infatti tutte le borse europee segnano un indice fortemente negativo.
Copio e incollo dal Corriere della Sera di oggi, 18 giugno: «In picchiata la Borsa di Milano sull’onda delle notizie che arrivano dalla Spagna e mostrano lo spread iberico sui Bund tedeschi a 584 punti. Il Ftse mib perde il 2,64% zavorrato dalle banche: Intesa (-2,3%) e Unicredit (-3,4%) sospese per eccesso di ribasso, Mediobanca (-3,4%), Ubi (-2,7%), Monte dei Paschi (-2,3%). Fanno riflettere i rendimenti dei titoli dei due Paesi: se i bond governativi a dieci anni spagnoli hanno tassi pari al 7,12%, quelli italiano rendono il 6,05%».
Ma non fatevi ingannare dalle apparenze. Gli speculatori stanno vendendo i titoli di stato greci, ora che il loro valore sembra saldo, per riacquistarli a prezzi stracciati quando il nuovo governo (probabilmente una coalizione Nd e socialisti che, scambiandosi reciprocamente posto fra maggioranza e opposizione, negli ultimi decenni hanno ridotto la Grecia allo stato in cui è ridotta) comincerà a inghiottire l’ennesima polpetta avvelenata che gli ha tirato la fratellanza bancaria. Quando, cioè, la Grecia sarà costretta a rialzare il tasso d’interesse dei propri titoli per renderli appetibili agli squali. E voilà: il gioco è fatto…
Fonte:Il Fondo magazine
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