Desaparecidos: documento della Santa Sede ritrovato. Scritto dopo un pranzo con i vescovi e il dittatore argentino.
Di Horacio Verbitsky
Buenos Aires - La politica dei “desaparecidos” che il dittatore Jorge Videla
ha finito per ammettere con diverse dichiarazioni e in tribunale,
era nota fin dal 10 aprile 1978 alla Commissione esecutiva della
Chiesa cattolica che, però, si guardò bene dall’informare
l’opinione pubblica. Tutto questo risulta da un documento rinvenuto
nell’archivio della Conferenza episcopale.
Il documento porta il
numero 10.949 e già il numero dà un’idea della quantità di informazioni
sulle quali la Chiesa continua a mantenere il segreto. Il documento fu
redatto a cura del Vaticano al termine di un pranzo con Videla ed è
conservato nel fascicolo 24-II.
Sono riuscito a visionare
il documento in maniera surrettizia dopo che a una formale richiesta le
autorità ecclesiastiche avevano risposto con la sorprendente
affermazione secondo cui l’Episcopato non avrebbe archivi.
Quando incontrava
esponenti della Chiesa cattolica, Videla parlava con la franchezza in
uso tra amici. L’allora presidente dell’Episcopato, il cardinale Raul Francisco Primatesta, comunicò all’Assemblea Plenaria che lui e i suoi due vicepresidenti, l’arcivescovo Vicente Zazpe e il cardinale Juan Aramburu,
avevano parlato a Videla dei casi di prigionieri apparentemente rimessi
in libertà , ma in realtà assassinati, si erano interessati dei
sacerdoti desaparecidos, quali Pablo Gazzarri, Carlos Bustos e Mauricio Silva, e di altre persone scomparse nei giorni precedenti all’incontro con Videla.
Secondo il documento
episcopale “il presidente ha risposto che apparentemente sarebbe ovvio
affermare che sono già morti; si tratterebbe di varcare una linea di
demarcazione: questi sono scomparsi, non ci sono più.
Questo sarebbe il più
chiaro, comunque ci porta a una serie di considerazioni in ordine a dove
sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe
sepolti in questa fossa? Una serie di domande alle quali le autorità di
governo non possono rispondere sinceramente in quanto la cosa coinvolge
diverse persone”, un eufemismo per alludere a coloro che avevano svolto
il lavoro sporco di sequestrarli, torturarli, ucciderli e fare sparire
le spoglie.
L’atteggiamento del clero aveva sfumature sottili.
Zazpe
chiese: “Cosa rispondiamo alla gente visto che c’è un fondamento di
verità in quanto sospettano?”. E Videla “ammise che era vero”. Aramburu
spiegò che “il problema è di rispondere in modo che la gente non
continui a chiedere spiegazioni”.
Primatesta spiegò che “la
Chiesa vuole capire, collaborare, è consapevole che il Paese versava in
uno stato di caos” e che ha misurato le parole perché sapeva benissimo
“il danno che poteva arrecare al governo”.
Anche Primatesta ha
insistito sulla necessità di arrivare a una qualche soluzione in quanto
prevedeva che alla lunga il metodo consistente nel far sparire le
persone avrebbe prodotto “effetti negativi” considerata “l’amarezza che
affligge molte famiglie”.
Questo dialogo di
straordinaria franchezza mostra che sia Videla sia la Chiesa conoscevano
benissimo i fatti e sottolinea la complicità con cui valutavano e
decidevano in che modo rispondere alle denunce della gente avvertite da
entrambe le parti come una minaccia comune. Nello scegliere questa
politica di omicidi clandestini, che Videla ora definisce “comoda”
perché sollevava dal fornire spiegazioni, la giunta militare gettò
un’ombra di sospetto su tutti i quadri delle Forze armate e delle forze
di sicurezza, ombra che cominciò a dissiparsi con la riapertura dei
processi che hanno consentito di accertare le responsabilità individuali
che la giunta aveva coperto.
Fino ad oggi ci sono state
253 sentenze di condanna e 20 di assoluzione, la qual cosa dimostra che
in democrazia nessuno viene condannato pregiudizialmente e senza poter
esercitare il suo diritto alla difesa.
Fino ad oggi solo un cappellano militare, Christian von Wernich, è stato condannato per complicità in casi di tortura e omicidio.
Zazpe è morto nel 1984, Aramburu nel 2004 e Primatesta nel 2006. Nel 2011 ha rinunciato per sopraggiunti limiti di età , Jorge Casaretto, l’ultimo vescovo di quei tempi ancora in attività .
Tuttavia la Chiesa
continua a mantenere un ostinato silenzio che talvolta sottolinea la sua
crescente irrilevanza nel panorama della società argentina. La scarsa
influenza della Chiesa si è vista con chiarezza l’anno scorso quando,
malgrado la sua mobilitazione, il Congresso ha modificato il codice
civile per consentire il matrimonio a tutte le persone indipendentemente
dal sesso dei contraenti.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2012 (Traduzione di Carlo Antonio Biscotto).
Fonte: http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-193425-2012-05-06.html.
Da Megachip
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