Di Antonio Mazzeo
La Sicilia sarà l’isola dei
droni. In occasione del vertice tenutosi il 21 e 22 maggio a Chicago,
città natale del presidente Obama, la Nato ha perfezionato l’accordo per
insediare nella base aeronavale di Sigonella il centro di comando e
controllo operativo dell’Ags (Alliance Ground Surveillance), il nuovo
sistema di sorveglianza terrestre alleato.
L’Ags
sarà disponibile a partire del 2015 e comporterà l’arrivo in Sicilia di
cinque velivoli senza pilota Uav RQ-4 Global Hawk (Falco globale) di
ultima generazione (Block 40). Entro il 2017, invece, giungeranno tra i
600 e gli 800 militari, “analisti, piloti, assistenti e, soprattutto,
formatori”, come indicato all’agenzia Ansa da un ufficiale dell’Alleanza
a Bruxelles, “perché Sigonella diventerà una base molto importante di
training per tutta la Nato”.
Il Global Hawk è il più grande e
sofisticato velivolo senza pilota mai progettato. Con una lunghezza di
13 metri e mezzo e un’apertura alare di oltre 35, il drone è in grado di
volare a circa 600 chilometri all’ora, a quote di oltre 20mila metri e
in qualsiasi condizione meteorologica. Il suo potente apparato radar è
capace di localizzare e tracciare piccoli oggetti in movimento o
stazionari con estrema precisione. Un “grande fratello” con cui
l’Alleanza Atlantica si prepara ad intervenire militarmente in uno
scacchiere strategico che comprende l’Oceano Atlantico, l’Europa,
l’Africa e il Medio oriente. “L’AGS è essenziale per accrescere la
capacità di pronto intervento in supporto delle forze Nato per tutta le
loro possibili future operazioni”, ha spiegato il vicesegretario
generale per gli investimenti alla difesa, Peter C. W. Flory.
Il
centro di controllo AGS gestirà le informazioni ottenute in cooperazione
con i Global Hawk della Us Air Force di penultima generazione (Block
30), operativi da due anni a Sigonella e con il Bams (Broad Maritime
Area Surveillance), il sistema di sorveglianza e intelligence in via di
acquisizione dalla Us Navy, incentrato su una versione modificata del
falco globale che trasporterà un carico addizionale di sensori di 450
chili. Al comando Ags di Sigonella faranno riferimento pure le numerose
basi per i velivoli senza pilota d’attacco del tipo Predator e Reaper
che le forze armate Usa gestiscono in Iraq, Afghanistan, Yemen, Gibuti e
nelle isole Seychelles. Il nuovo sistema di sorveglianza terrestre
opererà inoltre in coordinamento con le stazioni UAV della Cia di
al-Dhafra (Emirati Arabi Uniti) e al-Udeid (Qatar).
L’Ags sarà
finanziato solo da tredici paesi sui 28 aderenti all’Alleanza Atlantica:
Italia, Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Lettonia,
Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Stati
Uniti. Al summit di Chicago sono stati firmati i primi contratti per un
valore di 1,7 miliardi di dollari con il gigante dell’industria
aerospaziale americana Northrop Grumman Corp. che dovrà fornire i cinque
aerei-drone, i sensori e le telecamere di bordo e le stazioni radar
terrestri. Secondo fonti ufficiali Nato, altri 2 miliardi di dollari
verranno spesi nei prossimi 20 anni per rendere pienamente operativo il
sistema e garantire la manutenzione e l’aggiornamento dei Global Hawk.
Solo una minima percentuale degli ingenti finanziamenti alleati andrà
alle società europee partner di Northrop Grumman, come Cassidian
(sussidiaria missilistica di Eads), l’italiana Selex Galileo (gruppo
Finmeccanica) e Koongsberg.
Proprio il massiccio trasferimento di
risorse finanziarie pubbliche europee a favore della holding
statunitense ha spinto buona parte dei paesi Nato a disertare il
programma Ags. La iniqua ridistribuzione dei profitti tra gli alleati ha
infastidito pure uno dei maggiori sostenitori della scelta di Sigonella
come “capitale mondiale” dei droni, l’ex capo di Stato maggiore della
difesa, generale Vincenzo Camporini. A conclusione del vertice Nato,
il militare ha commentato che l’Alliance Ground Surveillance e gli
altri programmi della cosiddetta Smart Defence (la strategia di difesa
intelligente varata a Chicago) “sono stati voluti dagli Stati Uniti e
hanno comportato acquisizioni off the shelf di materiale di produzione
americana”. “Così si chiederà agli europei di mettere una parte più o
meno cospicua di finanziamenti, ad esclusivo favore dell’industria della
difesa Usa”, ha concluso Camporini.
Nessun commento invece dalle
forze politiche rappresentate in sede parlamentare. Solo la Campagna per
la smilitarizzazione di Sigonella e la Federazione della Sinistra hanno
duramente criticato la scelta di rendere operativo l’Ags in Sicilia.
“Se si considera che contemporaneamente va avanti l’altrettanto
pericoloso progetto del Muos in territorio di Niscemi appare chiaro come
sempre di più l’isola stia diventando una piattaforma armata nel centro
del Mediterraneo”, scrive l’ex deputato Prc, Luca Cangemi. “I prezzi
che le popolazioni devono pagare a questa dilagante militarizzazione
sono gravissimi in termini di devastazione dell’ambiente e di negazione
di sviluppo. In particolare va ribadita l’assoluta incompatibilità delle
attività militari previste a Sigonella con lo sviluppo dello scalo
catanese di Fontanarossa, già oggi pesantemente penalizzato dalle
interferenze delle forze armate statunitensi”. Per Cangemi, l’Ags
comporterà un pericolo per il traffico aereo civile con effetti
economici “disastrosi” in tutta la Sicilia orientale. Ma a Roma e
Palermo la cosa sembra assai poco importare.
Da E-il Mensile
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