Di Massimo Mazzucco
Si chiama digital divide, e significa barriera digitale. Con
questo termine si intende la linea ideale di demarcazione che separa le
persone che accedono regolarmente all'informazione in rete (informazione
"digitale", appunto) da quelle che non lo fanno.
Fin dagli
esordi di Internet ha cominciato a notarsi questa forte differenza, nel
momento in cui i "non-utenti" continuavano a ricevere informazioni da un
unico punto di vista - quello istituzionale - mentre gli utenti della
rete scoprivano che molte questioni importanti, come ad esempio la
guerra del Kosovo, potevano anche essere viste dal lato opposto - quello
del popolo serbo, in quel caso - cambiando completamente di colore.
Chi
guardava la televisione, o leggeva la stampa mainstream, sentiva
un'unica voce a reti unificate: "I ribelli serbi seminano il terrore nei
villaggi albanesi, ammazzando donne e bambini senza pietà". Chi invece
andava in rete scopriva anche che "i ribelli serbi" erano stati
addestrati, finanziati ed armati segretamente dagli americani. Poi
poteva trarre le sue conclusioni.
Il salto di qualità fu immediato, e fin dai primi anni di Internet ...
... si cominciò a sentire questo divario sempre maggiore fra gli informati e i non-informati.
In
realtà, la molteplicità dei punti di vista è solo il primo dei vantaggi
offerti dalla rivoluzione di Internet: la vera differenza inizia a
sentirsi quando l'utente utilizza questa molteplicità di angolazioni per
costruire dei nuovi "oggetti di informazione", che prima non
esistevano, su cui potrà basare i passi successivi della sua ricerca.
Facciamo
un esempio. Se uno studia in rete la guerra del Kosovo, arriva
probabilmente a capire che si è trattato di una operazione progettata ed
orchestrata dalle nazioni occidentali per togliersi di mezzo una volta
per tutte l'ostacolo della Serbia. Se poi questa persona studia, ad
esempio, la recente "liberazione" della Libia, si accorge che le stesse
nazioni occidentali hanno usato una tattica molto simile - scontri
civili fomentati di nascosto, per giustificare un "intervento
umanitario" - per togliere di mezzo un altro ostacolo decisamente
fastidioso, il colonnello Gheddafi.
A quel punto il nostro
navigatore fa uno più uno, e la prossima volta che sente parlare di
"intervento umanitario" drizza le orecchie, e capisce in pochi secondi
che cosa c'è veramente sotto.
In altre parole, l'analisi
separata delle diverse situazioni storiche lo ha portato non solo a
capire meglio ciascuna di esse, ma anche ad assimilare un nuovo concetto
- quello delle false-flag operations - che prima non conosceva.
Nel
frattempo chi guardava la TV è rimasto fermo al livello 1: del Kosovo
ha sempre visto solo una facciata, quella mostrata dai media
istituzionali. Della Libia ha sempre visto solo una facciata, quella
mostrata dai media istituzionali. E della prossima operazione false flag
vedrà probabilmente solo una facciata, quella mostrata dai media
istituzionali. In questo modo non solo non riuscirà mai a capire il
senso reale di ciascun evento singolo, ma non potrà nemmeno arrivare a
collegarli l'uno con l'altro, perchè non sarà in grado di acquisire il
nuovo concetto di "false flag operation".
Chi invece ha
imparato ad approfittare al meglio della rete procede sempre più agile e
svelto, e sviluppa la sua conoscenza non solo allargandola in
orizzontale, ma aggiungendo anche nuovi strati in senso verticale. E più
sale - paradossalmente - più diventa facile acquisire nuove nozioni ed
arrivare a nuove conclusioni.
Quello che inizialmente appariva
come una semplice barriera di separazione fra due gruppi di persone, sta
diventando un vero e proprio baratro che non solo non sarà mai più
possibile colmare, ma nel quale vengono ormai le vertigini anche solo a
guardare.
Fonte:Luogocomune
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