Di Manlio Dinucci e Tommaso Di Francesco
Si tiene il 20-21 maggio a Chicago il
Summit dei capi di stato e di governo della Nato. Tra le diverse
questioni all’ordine del giorno, dall’Afghanistan allo «scudo
anti-missili», ce n’è una nodale: la capacità dell’Alleanza di
mantenere, in una fase di profonda crisi economica, una «spesa per la
difesa» che continui ad assicurarle una netta superiorità militare.
Con
incosciente ottimismo, il socialista del Pasok Yiannis Ragoussis, che
fa le veci di ministro greco della difesa, ha scritto sulla Nato Review,
alla vigilia del Summit, che la partecipazione all’Alleanza ha dato
alla Grecia «la necessaria stabilità e sicurezza per lo sviluppo nel
settore politico, finanziario e civile». Se ne vedono i risultati. Non
nasconde invece la sua preoccupazione sull’impatto della crisi il
segretario generale dell’Alleanza, Anders Rasmussen. In preparazione del
Summit, ha avvertito che, se i membri europei della Nato taglieranno
troppo le spese militari, «non saremo in grado di difendere la sicurezza
da cui dipendono le nostre società democratiche e le nostre prospere
economie».
Quanto spende la Nato? Secondo i
dati ufficiali aggiornati al 2011, le «spese per la difesa» dei 28 stati
membri ammontano a 1.038 miliardi di dollari annui. Una cifra
equivalente a circa il 60% della spesa militare mondiale. Aggiungendo
altre voci di carattere militare, essa sale a circa i due terzi della
spesa militare mondiale. Il tutto pagato con denaro pubblico, sottratto
alle spese sociali.
C’è però un crescente squilibrio, all’interno
della Nato, tra la spesa statunitense, salita in dieci anni dal 50% a
oltre il 70% della spesa complessiva, e quella europea che è
proporzionalemte calata. Rasmussen preme quindi perché gli alleati
europei si impegnino di più: se il divario di capacità militari tra le
due sponde dell’Atlantico continuerà a crescere, «rischiamo di avere, a
oltre vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, un’Europa debole e
divisa».
Tace però sul fatto che sulle spalle dei paesi europei
gravano altre spese, derivanti dalla partecipazione alla Nato. C’è il
«Budget civile della Nato» per il mantenimento del quartier generale di
Bruxelles e dello staff civile: ammonta a circa mezzo miliardo di
dollari annui, di cui l’80% pagato dagli alleati europei. C’è il «Budget
militare della Nato» per il mantenimento dei quartieri generali
subordinati e del personale militare internazionale: ammonta a quasi 2
miliardi annui, per il 75% pagati dagli europei. C’è il «Programma
d’investimento per la sicurezza della Nato», destinato al mantenimento
di basi militari e altre infrastrutture per la «mobilità e flessibilità
delle forze di spiegamento rapido della Nato»: ammonta a circa un
miliardo e mezzo di dollari annui, il 78% dei quali pagati dagli
europei. Come specifica un rapporto sui fondi comuni Nato, presentato al
Congresso Usa lo scorso febbraio, dal 1993 sono stati eliminati i
contributi per le basi militari degli alleati europei, mentre sono stati
mantenuti quelli per le basi militari Usa in Europa. Ciò significa, ad
esempio, che la Nato non ha sborsato un centesimo per l’uso delle sette
basi italiane messe a disposizione per la guerra alla Libia, mentre
l’Italia contribuisce alle spese per il mantenimento delle basi Usa in
Italia.
Ulteriori spese, che si aggiungono ai bilanci della
difesa degli alleati europei, sono quelle relative all’allargamento
della Nato ad est, stimate tra 10 e oltre 100 miliardi di dollari. Vi
sono quelle per l’estensione all’Europa dello «scudo anti-missili» Usa,
che Rasmussen quantifica in 260 milioni di dollari, ben sapendo che la
spesa reale sarà molto più alta, e che vi si aggiunge quella per il
potenziamento dell’attuale sistema Altbmd, il cui costo è previsto in
circa un miliardo di dollari. Vi sono le spese per il sistema Ags che,
integrato dai droni Global Hawk made in Usa, permetterà alla Nato di
«sorvegliare» da Sigonella i territori da attaccare: l’Italia si è
accollata il 12% del costo del programma, stimato in almeno 3,5 miliardi
di dollari, pagando inoltre 300 milioni per le infrastrutture. Vi sono
le spese per le «missioni internazionali», tra cui almeno 4 miliardi di
dollari annui per addestrare e armare le «forze di sicurezza» afghane.
Come
possono i governi europei, pressati dalla crisi, affrontare queste e
altre spese? Il segretario generale della Nato ha la formula magica:
poiché gli alleati europei «non possono permettersi di uscire dal
business della sicurezza», devono «rivitalizzare il loro ruolo»
adottando, secondo l’esempio degli Stati uniti, la «difesa
intelligente». Essa «fornirà più sicurezza, per meno denaro, lavorando
insieme». La formula, inventata a Washington, prevede una serie di
programmi comuni per le esercitazioni, la logistica, l’acquisto di
armamenti (a partire dal caccia Usa F-35). Strutturati in modo da
rafforzare la leadership statunitense sugli alleati europei. Una sorta
di «gruppi di acquisto solidale», almeno per dare l’impressione di
risparmiare sulla spesa della guerra.
Fonte:il Manifesto del 20/5/2012
Da Marx 21
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