Di Gianni Lannes
In un piccolo smeraldo brasiliano di due carati si concentra il
fabbisogno alimentare annuo di cinque meninos
de rua. Il Brasile continua ogni anno a produrre in smeraldi, un valore
economico pari a 180 milioni di dollari,
eppure conta ogni anno cinquemila bambini uccisi dalla fame e dalla violenza. Le
pietre più famose - smeraldo, zaffiro, rubino e diamante - hanno anche il nome
di “gioie”, ma la loro preziosità e
bellezza appartiene solo a chi se ne impossessa: chi le vende, chi le compra e
chi le riceve in regalo. Chi li estrae non si può permettere di acquistarli.
Colonie a
Sud - Gemme e
metalli preziosi hanno alla loro origine nell’economia di rapina: una realtà
nascosta di dolore, sfruttamento, speculazione, violenza e degrado ambientale.
I paesi produttori sono concentrati nell’area terzomondista: Africa, Asia, Sudamerica. L’Europa e il
Nordamerica non possiedono un
sottosuolo così ricco. Nonostante siano quelli che producono meno gemme, nordamericani
ed europei, insieme ai giapponesi, sono quelli che ne consumano e commerciano
di più. Se la geologia della Terra ha privilegiato il Sud del pianeta creando
un deposito bancario naturale nel suo sottosuolo, l’economia colonialistica lo
ha invece condannato alla povertà e al debito pubblico. E’ un circolo vizioso
che impoverisce sempre più i Paesi dalla pelle scura, a beneficio del crasso
occidente. L’economia dei Paesi impoveriti non è mai cresciuta grazie alla
scoperta di giacimenti e all’attività estrattiva dei preziosi. Solo in
rarissimi casi, come in Sri Lanka e
Indocina, le miniere sono diventate statali. Generalmente sono in mano a
privati che si arricchiscono a man bassa, lasciando briciole ai poteri locali.
La ricchezza dei giacimenti rimane di natura effimera: dura quanto può durare
il filone e il giorno in cui la vena si esaurisce i minatori perdono il lavoro,
il suolo rimane scarnificato e i centri abitati si atrofizzano come è successo
a Potosì in Bolivia e Ouro Puerto in
Brasile, le due città che hanno dato in assoluto più argento e oro
all’Europa e ora sono tra le più povere (in termini materiali) del mondo.
Intere popolazioni indios, schiavi negri, indigeni africani, paria indiani,
sono morti per malattie e incidenti mentre vi lavoravano.
Filoni
diamantiferi - Numerosi giacimenti di smeraldi sono presenti in Brasile, nella
Colombia, in Zambia, Zimbabwe, Pakistan. Zaffiri e rubini, appartenenti alla
stessa famiglia dei corindoni, provengono dalla Birmania, che detiene il
primato delle gemme più grandi e di colore più intenso, e da Sri Lanka, Thailandia,
Indocina, Tanzania; mentre diamanti si trovano, oltre che in Sudafrica, in
Kenya, Brasile, India, Russia e, in giacimenti scoperti recentemente vicino al
Polo Nord. L’Australia possiede Argyle,
la più grande miniera del pianeta. L’Angola, invece, accoglie depositi
alluvionali con pietre di altissima qualità.
L’isola dei
rubini - Sri Lanka è un’isola di gemme. La regione meridionale di
Ratnapura offre corindoni, quarzi, giade e diamanti. I cingalesi trovano le
pietre nei loro campi, nei fiumi, perfino per strada dopo un temporale. L’acqua
pluviale, infatti, scioglie il calcare che imprigiona le pietre in strati
superficiali di detriti. Le gemme cingalesi sonnecchiano nel minerale di
riporto, che gli agenti atmosferici staccano dalla roccia, trascinato a valle
dai corsi d’acqua. I giacimenti sono tutti depositi detritici alluvionali
sfruttati tuttora secondo l’antica tecnica di pozzi e trincee. Gli scavi attivi
sono facilmente individuabili nel paesaggio: una serie di colline ai piedi
delle catene montuose meridionali con al centro grandi buche dove i minatori
più poveri sgretolano i detriti con le pale, mentre i più fortunati con le
pompe d’acqua. Al termine della giornata passa il capo zona a perquisire i
lavoranti e a requisire le quantità di minerale apprezzabile trovato, in base
alla quale viene data una percentuale di compenso. La giornata lavorativa è
così lunga che gli operai sono costretti a vivere vicino ai giacimenti in
baracche prive di condizioni igieniche e di sicurezza. La gemma è diventata
negli ultimi anni una voce d’esportazione rilevante al pari del the e del
caucciù, prime risorse del paese. Intorno ad essa si è creato un ampio indotto
lavorativo ed un’industria statale trainante: lo State Gem Corporation. Tanto che il governo ha deciso nel 1990 di
rendersi più indipendente dal controllo del monopolio tailandese e lavorare in
proprio il grezzo, costruendo fornaci e taglierie. In questo modo lo Sri Lanka
è in grado di commercializzare direttamente il suo prodotto o anche venderlo
semilavorato a Bangkok. Ma l’impresa si muove a rilento a causa delle lotte
etniche tra cingalesi e tamil.
Filiera
monopolizzata - L’estrazione è solo la prima fase nel cammino delle gemme: una
serie di tappe obbligate, stabilite dai trust mondiali che monopolizzano il
mercato. Per il diamante la compagnia sudafricana De Beers - fondata da sir Cecil Rhodes alla fine dell’800 -
ha fondato un cartello, il CSO (Central
Selling Organisation), che ne controlla tutte le fasi di mercato, mentre
per le pietre di colore (smeraldi, rubini, zaffiri) è la Thailandia a fare la parte del leone, ma solo nominalmente come
entità geografica. La pietra estratta viene selezionata già in forma grezza e
poi tagliata e lucidata. Il grezzo di diamante di tutto il mondo va a finire
alla De Beers di Londra che lo
seleziona e lo rimanda alle taglierie computerizzate di Kimberley e Tel Aviv. Il
grezzo delle pietre di colore confluisce tutto a Bangkok. Una volta selezionato, va a finire in larga parte nelle
mani degli indiani di Bombay, abili
nel taglio di grandi quantità di pietre piccole. I tagli di migliore fattura e
grandezza vengono operati nelle taglierie tedesche ad alta precisione di Ida Rubestein, nel Palatinato, o al GIA (Gemmological Institute of America) di New York. Attualmente Israele sta risucchiando tutti i flussi
di grezzo. Ha infatti investito milionate di dollari per automatizzare un
processo che in tutto il mondo dipende dal lavoro manuale. Tagliate e lucidate,
le pietre passano sotto il microscopio dei gemmologi che ne certificano
scientificamente le caratteristiche per poi procedere alla valutazione di
mercato. Ora sono pronte per essere vendute a non più di una decina di grandi
grossisti di primo livello. I centri di compravendita sono Anversa e Tel Aviv per
il diamante e Bangkok per il colore.
Qui, in supercorazzati edifici formicolanti di brokers, passa tutta la
brillantezza della Terra. Tutto il movimento finanziario viene controllato
dalla Borsa preziosi che non riesce però a quantificare e registrare il
crescente volume di traffico illegale, causa di continui crolli dei prezzi di
mercato. Quasi tutti i paesi produttori, proprio perché fortemente condizionati
dai cartelli, hanno sviluppato un export e un traffico parallelo. La Colombia e
il Brasile sono le padrone del contrabbando. Ecominas, la società che supervisiona l’attività mineraria in
Colombia, ha stimato che il 60 per cento degli smeraldi prodotti dal paese
viene esportato illegalmente negli Usa. In Angola
il contrabbando di milioni di carati di diamanti è il modo con cui i ribelli
dell’Unita riescono a foraggiarsi di armi per la lotta contro i governativi. Ed
in Zimbabwe il traffico illegale è
l’unico stratagemma per ricavare sostanziali guadagni da una produzione
altrimenti taglieggiata dai signori della luce. Il prezzo di una diseguaglianza
globalizzata: i paesi dove la materia prima abbonda sono anche i più poveri
della Terra.
Fonte: Su La Testa!
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