Dal Messico una nuova forma di cittadinanza partecipata?

mag 5, 2012 0 comments
Messico
Di Dario Lo Scalzo
Il movimento Nuestro Mexico del futuro ha raccolto le opinioni di tantissimi messicani su come dovrebbe essere il Paese nel quale desiderano vivere
Sebbene sia destinato a divenire nei prossimi decenni tra le più grandi economie del pianeta, il Messico è senza dubbio il paese degli enormi divari culturali, sociali ed economici. Ai divari tra i ricchi e poveri, tra le etnie, tra il nord e sud e tra le zone urbane e quelle rurali, vanno aggiunti l’altissimo livello di corruzione, di criminalità e violenza, la discriminazione, lo sfruttamento, il razzismo, il muchismo, l’analfabetismo, la limitata libertà di stampa e di informazione che ne fanno uno tra i paesi più controversi e contraddittori delle Americhe e dell’intero pianeta. Il paese in cui si vive e si mantiene da lustri un perenne stato di paura e pericolo.
In tale contesto, inevitabilmente è cresciuto un forte malcontento della popolazione che oggi sembrerebbe matura a rivendicare le proprie ragioni nei confronti della classe politica e dirigente del paese. Più di un anno fa, in vista della competizione elettorale presidenziale prevista per il prossimo luglio, è stato costituito un movimento sociale nazionale che si è posto come obiettivo quello di raccogliere il parere di milioni di cittadini e la loro visione sul paese.
Il movimento Nuestro Mexico del Futuro ha raccolto le opinioni ed i commenti di tantissimi messicani di differenti zone geografiche che hanno così potuto disegnare l’idea del Messico nel quale desiderano vivere. L’obiettivo finale è quello di lanciare un appello al mondo politico, una sveglia alla nazione. Tra le varie iniziative, quella sicuramente più provocatrice e rumorosa, la realizzazione di un video-filmato che vede protagonisti dei bambini che recitano ruoli da adulti in momenti di vita quotidiana del paese e che rappresentano la società messicana odierna. In breve tempo, il video è stato visto da oltre dieci milioni di persone.
Un movimento senza precedenti nella Repubblica messicana che per ben 18 mesi ha incontrato la gente in ogni angolo del paese rivolgendole un’unica domanda: “Come immagini il Messico del futuro?”. La società civile in moto dunque: sono state create delle postazioni per registrare i pareri della gente in centinaia di siti, tra città, villaggi e zone rurali, sono stati raccolti migliaia e migliaia di quaderni di bambini, i pareri delle loro famiglie, migliaia di video e messaggi degli studenti di un centinaio di università.
Il movimento si è espanso enormemente, in termini di partecipazione popolare, attraverso la Rete. Milioni di messicani sono stati sensibilizzati e hanno aderito all’iniziativa svestendosi della paura e partecipando al movimento sociale con l’obiettivo di scrivere una sorta di decreto, un libro, scritto da milioni di autori, da fare pervenire ai candidati alla presidenza previamente alle elezioni.
bandiera messico
Il Messico è senza dubbio il Paese degli enormi divari culturali, sociali ed economici
Di certo ci sono dei chiaro-scuro in questa storia; sono opinabili e si possono mettere in discussione le modalità di comunicazione del movimento per ottenere maggiore visibilità soprattutto in merito al video con l’utilizzo dei bambini. Oppure ci si può chiedere chi abbia finanziato questo enorme progetto con il quale si sono anche piantati oltre 12.000 alberi sul territorio messicano; l’ideatore è un noto gruppo assicurativo, Grupo Nacional Provincial (GNP) di cui fa parte uno degli uomini più ricchi del Messico.
Legittimi gli interrogativi, le critiche, le polemiche, la dietrologia sul movimento ma al di là di tutto ciò è molto interessante il suo 'prodotto finito' con il quale si è riusciti a dare spazio ad un popolo che per la prima volta nella sua storia si esprime in modo diretto ed esplicito e che non vuole più accettare passivamente la violenza, la corruzione, la criminalità, l’insicurezza, il sopruso, le cattive condizioni di vita e la cui voce inevitabilmente non potrà non arrivare alla classe politica, accusata dai messicani di difendere solamente la poltrona e i propri interessi.
Che questa forma di dialogo rapido e diretto tra il popolo e suoi rappresentanti sia la via futura da costruire per strutturare una reale cittadinanza attiva?
Nel nostro paese sembra accettata per teorema l’idea di vivere in due mondi paralleli, quello in cui scorre la vita dei cittadini e quello dell’ovattata vita dei nostri politici; due vie scisse, parallele, due mondi diversi che perseguono obiettivi differenti e che fanno parte ormai scontatamente della nostra visione delle cose.
Mi piacerebbe pensare che un domani non tanto lontano in Italia si possano restaurare le libertà costituzionali. Mi piacerebbe pensare che possa esistere una viva, vivace e reale sovranità popolare. Mi piacerebbe che la rassegnazione e la delega passiva del cittadino cedano il passo ad un risveglio e ad un concreto attivismo; che la classe politica possa realmente essere rappresentante del popolo e fare le veci dei suoi bisogni, delle sue volontà.
Mi piacerebbe pensare che i cittadini possano partecipare alla vita socio-politica del paese almeno sulle tematiche globali rilevanti (come TAV, ponte di Messina, ambiente, energia, acquisti di armamenti, finanziamenti pubblici ai partiti, credito, cultura, educazione, arte, ecc.) attraverso l’implementazione di una democrazia diretta che sfrutti dei sistemi telematici e la Rete resi fruibili ed accessibili a tutta la popolazione.
pesci
"Non tuffiamoci passivamente per l’ennesima volta, nella bocca dello 'squallore' politico attuale"
Ciò implicherebbe un forte senso di responsabilità civile del cittadino e per questo lo Stato dovrebbe impegnarsi seriamente ed investire per riportare l’educazione civica e la Costituzione tra la gente, per fare maturare senso civico e nuove forme di civiltà e non abbrutimento, per seminare la cultura del bene comune in luogo di separare il popolo ed aizzare le categorie l’una contro l’altra.
I rappresentanti del popolo, oggi dei delegati con carta bianca, sarebbero portatori d’interessi collettivi, raccoglierebbero le petizioni e le richieste delle comunità dei cittadini, le proposte dal basso da portare avanti, come nell’esempio messicano. Governerebbero e svolgerebbero questa funzione limitatamente nel tempo, per obbligo, ricevendo stipendi adeguati al ruolo di mera rappresentanza, senza privilegi di alcun tipo.
Così come il web ha reso il mondo più piccolo perché non utilizzarlo per accorciare le distanze con le istituzioni e per alimentare lo spirito attivista della cittadinanza? L’esperienza dell’Islanda ne è un esempio concreto; sotto altri punti di vista ne è un altro il Messico, per l’appunto. Ma pensiamo ancora alla catena umana che si è forgiata attraverso la Rete con le primavere arabe, con i movimenti degli indignados o quelli degli Occupy.
Infine, per parlare di casa nostra, pensiamo ai 27 milioni di cittadini italiani che si sono informati e formati quasi esclusivamente sul web per dire 'sì' ai quattro referendum dello scorso anno; e cosa ne è dei nostri 'sì' oggi? I nostri 'rappresentanti' hanno dato seguito alla democrazia diretta? E quante altre volte ancora intendiamo fare calpestare la Costituzione sotto il nostro naso da queste immeritevoli e impresentabili istituzioni?
Come per il popolo messicano, il futuro può essere nelle nostre mani, facciamo Rete, rivendichiamo la legittimazione della Costituzione, evolviamo nelle nostre maniere di interagire con la classe dirigente senza considerarla un pianeta a parte e non tuffiamoci passivamente, per l’ennesima volta, nella bocca dello 'squallore' politico attuale.

Fonte:il Cambiamento

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