Di Giuseppe Casarrubea
C’è
una nuova categoria di persone che Antonio Gramsci avrebbe incluso tra
gli intellettuali di massa. Ed è quella del vasto popolo degli utenti di
internet. Essi, oltre ad essere produttori, sono anche fruitori più o
meno inconsapevoli, del cyberspazio grazie al quale i cieli del mondo
sono diventati autostrade del pensiero.
Ma si dà il fatto che tutti ci corrono in
maniera più o meno solitaria, mentre le persone reali, in carne e ossa,
se ne rimangono relegate alle loro poltrone, e ai sogni di tutti i
giorni. Quelli che non possono circolare nello spazio
impunemente, perchè qualcuno, ancora più in alto, li sovrasta. O meglio
li controlla. Come aveva previsto Orwel. Chi è visibile ed ha diritto di
parola ha un potere, quello latino del possum, chi non ha questa
possibilità è marginale o non incide di fatto. Tuttavia qualcuno ci
segue tutti.
Non stiamo parlando degli elenchi in mano
ai generali golpisti. Sulla loro compilazione ormai certi settori
deviati dello Stato hanno acquisito un’ampia competenza. E pure noi. O
dei mafiosi latitanti. Su di loro, pur se si hanno gli indirizzi
personali e degli “amici degli amici”, si applica sempre il beneficio
dell’inventario. Si prendono quando è ora. Di fatto, nonostante i
successi ottenuti per un gran numero di lazzaroni, essi sono destinati a
restare praticamente liberi a tempo indeterminato. Non si tratta
neppure di delinquenti alle prese con il malaffare e con il crimine
organizzato, con “Cosa Nostra” o con l’intrallazzo.
Stiamo parlando di gente perbene, di
intellettuali che un tempo Gramsci (scusate il riferimento obsoleto),
avrebbe definito intellettuali di massa. E’ il popolo che gravita
attorno ai blog, ai siti web, alla comunicazione ‘orizzontale’: il
futuro che sommergerà, da qui a qualche anno – dicono le previsioni – il
mondo della carta stampata, i monopolisti dell’informazione
mass-mediale di tipo tradizionale. I proprietari della carta stampata
hanno da sempre costituito un potere speciale, una sorta di “stay
behind” della pubblica opinione. Il soccorso del potere. Chi è stato
democratico si è comportato di conseguenza, chi non lo è stato si è
comportato da pescecane.
Il popolo dei blogger è una massa libera,
necessaria, opposta ai criminali. Ai governi (si veda la primavera
islamica), e a qualche altro che ci sta dietro, piacerebbe
intrappolarlo. O sottoporlo a una lista di proscrizione. Chi merita e
chi non merita.
Ora arrivano le prime avvisaglie di ciò
che succederà sul piano della comunicazione virtuale e informatica. Cioè
con la trasformazione orizzontale della comunicazione. Se non vuoi
proprio dipendere da nessuno, a cominciare da quei mostri
dell’informazione che sono l’Ansa e via dicendo, in mano per lo più a
gente che fa il bello e il cattivo tempo, compri uno spazio e lo
gestisci secondo la tua cultura e intelligenza. Se pensi di potere
dipendere da qualcuno che ti concede di essere ospitato perché la tua
parola possa manifestarsi, lo fai dentro i limiti dello spazio che ti
viene concesso. Basta pagare. Le parole infatti non si misurano più con
la giustezza dei righi, col corpo delle lettere, col lessico dei pesanti
vocabolari che devi tenere sulla scrivania. Pagine e volumi si
chiameranno in altro modo. Le parole si misurano in chilobyte (KB), in
megabyte (MB) e in Gigabyte (GB). Come se fossero unità di misura
celesti, che derivano dall’etere sempre più misterioso, come l’universo.
E fin qui nulla di male. Anzi, tutto sembra grazia di Dio.
Il fatto è, però, che le avvisaglie dei
fantasmi suscitati da tanta grazia, sono pesanti e colpiscono a fondo in
modo mortale e barbarico. Peggio che ai tempi in cui ancora la stampa
non era stata inventata. Quando i baroni nei loro territori facevano
sentire il loro potere, la loro pericolosa autorità, capace di decidere
della vita e della morte di ogni singola persona. Ciascuno provava il
senso dello schiacciamento e alla fine si sentiva ben poca cosa rispetto
a quel potere che aveva la forza di farlo scomparire. Coniavano moneta,
stabilivano il jus primae noctis, imponevano tasse e taglieggiamenti
vari, tenevano la popolazione sotto un dominio ferreo. La summa di tutti
questi lacci e balzelli, imposti dalla cultura della violenza, fu
(nessuno se la prenda a male) il nazismo e, prima ancora, il nostrano
fascismo che fece dell’informazione il supremo comandamento del divieto.
Tutto
era vietato e persino che la comunicazione potesse avvenire attraverso
un dialogo di piazza tra due persone che magari parlavano di cosa
stavano preparando a pranzo le loro mogli. Il ministro Severino oggi si
limita ad ammonire il popolo dei blogger, lo invita ad essere
responsabile. Qualche tribunale ne ha già messo sotto processo qualcuno,
tra quelli che non sanno starsene tranquilli, come Carlo Ruta. E
siccome la misura della responsabilità la detengono sempre lor signori,
non è da escludere che prima o poi arrivi un capocentù, con il giummo e
gli stivaloni, e ci venga a dire: Ora basta. Cosa che è successa molte
volte a gente come noi. Con i costi relativi che solo noi paghiamo.
Tutto questo ha a che fare con la
Costituzione che avremmo dovuto imparare a scuola materna e prima ancora
quando eravamo lattanti al seno delle nostre madri.
Con la carta stampata andranno al macero
anche i diritti irrinunciabili, e quegli altri che costituirono il
fondamento della nostra società civile, del nostro Stato e della nostra
esistenza.
Ma noi, popolo del web che parliamo alla
gente per ricordare cose che hanno a che face col buon senso, dobbiamo
spiegarle queste cose. Altrimenti succederà quello che è già successo:
che le verità si capovolgono e chi ha potere lo usa per distorcerlo, per
abusarne. A meno che tutto non sia già completamente cambiato senza
che nessuno di noi se ne sia accorto.
Perché è difficile che ciascuno possa
accedere ai mezzi di comunicazione di massa, se non passa dal vaglio
delle nuove plutocrazie mediatiche, televisive e non, che lo
controllano. Vi è dunque una violenza sistemica e strutturata dentro lo
stesso Stato che non tende a rimuovere gli ostacoli che impediscono
l’esercizio di un diritto fondamentale, quello di espressione. E non ne è
esente la Rai dove Reporter è un’eccezione.
L’art. 21 della Costituzione recita: “La
stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Pare che
non sia così. Chiunque, infatti, corre il rischio di vedersi messa la
mordacchia per cose che si possono dire o no, a seconda delle
convenienze altrui.
L’unico prerequisito del blogger è la
serietà e il senso della responsabilità. Succede invece che in Italia
non sono ormai pochi i casi di giornalisti che proprio per dare
informazioni sulle cose che sanno, non solo hanno messa la mordacchia,
ma vengono trascinati in tribunale e persino condannati. Quando non sono
uccisi. Ma non si può nascondere il sole col colabrodo!
Dunque, curatori di blog, siti web,
pafine di Facebook, commensali dei banchetti delle chat e delle
newsletter e via dicendo, il nemico ci osserva. Dice di farlo in nome
della sicurezza e per la difesa della democrazia. Ma in giro ci sono
lupi rapaci che non vediamo, violentatori, terroristi del pensiero,
gente che ci potrebbe fare saltare in aria, senza bombe. Inventiamo un
santo protettore, un arcangelo che ci sia custode per terra e per i
cieli. Che abbia la discrezione di non arrivare dentro le nostre
scrivanie e dirci se stiamo sbagliando. Per questo delicato compito
abbiamo la nostra coscienza. Superman o Batman non sono mai con noi.
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