Di Domenico Monea
E' di questi giorni la notizia che il nostro Presidente del
Consiglio stia elaborando una, a parole sue, “Riforma del Merito”.
Ancora non si può entrare nel dettaglio della proposta, di cui non si sa
sostanzialmente nulla, ma già qualche considerazione sull'idea alla
base di questo provvedimento la si può fare.
La prima domanda da farsi è se il merito possa essere un criterio di giustizia,
coerente con i principi Libertari, nell'assegnazione di risorse, e
anche se può stupire chi ha sempre visto i liberali nostrani riempirsi
la bocca della parola “Meritocrazia”, la risposta è un secco no. La
stessa idea di elevare un principio, quindi astratto ed impossibile da
formulare con criteri oggettivi, a criterio di valutazione per l'operato
di una persona è un pensiero totalitario, il Κρατος nella desinenza non è lì per caso, tanto errato ed ingiusto quanto l'egualitarismo radicale socialista.
In
una società libera, infatti, sono infiniti i fattori che determinano il
successo personale, e l'idea stessa di imporre una gerarchia di valori,
peraltro per decreto, rappresenterebbe l'ennesima distorsione delle
libere interazioni tra le persone e del mercato. Inoltre è completa follia, e tracotanza, pensare che l'ennesimo processo burocratico, da sempre regno della mediocrità, possa far emergere il genio, la creatività e l'estro
tipici delle personalità che davvero riescono a portare all'azione di
cambiamento, l'unica vera forma di crescita sia personale sia sociale.
Non
deve stupire, infatti, che questo tipo di personalità raramente siano
in sintonia con l'organismo burocratico per eccellenza, l'istruzione
formale moderna, che nelle intenzioni del legislatore subirà l'ennesima
opera di maquillage senza cambiarne la sostanza fatta di imposizione e
violazione dei diritti fondamentali altrui, con l'obbligo scolastico e
la requisizione forzata e redistribuzione di beni sulla base di dei
valori apoditticamente giudicati migliori, che siano l'uguaglianza, il
merito o la classica raccomandazione.
Con questa falsa riforma al
massimo il governo dei tecnici riuscirà a far emergere un' altra classe
dirigente di tecnorati selezionati secondo criteri burocratici, nelle
loro intenzioni capaci di gestire i processi, ma assolutamente non
idonei a confrontarsi con la complessità di un mondo dalle infinite
variabili e dalla stupefacente capacità.
Per uscire da una crisi
che prima che economica è sociale, in cui i primi colpevoli sono senza
dubbio lo Stato e la sua pretesa di pianificare, tramite le sue
Istituzioni e i tecnici che le rappresentano, è indispensabile rivedere
il nostro concetto stesso di Istruzione, opponendosi a qualsiasi
ulteriore tentativo dello Stato di programmare e decidere il percorso
personale degli individui.
Mutuando le parole di Ivan Illich le
strutture relazionali di cui abbiamo bisogno sono quelle che
permettano a ognuno di definire se stesso apprendendo e contribuendo
all’apprendimento degli altri, non l'ennesimo moloch burocratico che
violi vita, libertà e proprietà degli individui anteponendogli un
fumoso, quanto utile al potere costituito, concetto di merito.
“Nè agire è un modo di fabbricare, nè fabbricare è un modo di agire veramente.L’architettura
(techne) è un modo di fabbricare, di dar vita a qualcosa la cui origine
è in chi la fabbrica e non nella cosa. La fabbricazione ha sempre un
fine altro da se l'azione no: una buona azione infatti ha come fine se
stessa. La perfezione nel fabbricare è un'arte, quella nell'agire una
virtù.” Etica Nicomachea, Aristotele.
Fonte: http://riecho-economiaeliberta.blogspot.it/2012/05/contro-il-merito-nell.html
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