Di Manlio Dinucci
Chi
dubitava che Barack Obama non meritasse il Premio Nobel per la pace,
ora deve ricredersi. Il presidente ha annunciato la creazione
dell’Atrocities Prevention Board, un apposito comitato della Casa Bianca
per la «prevenzione delle atrocità». Lo presiede la sua ispiratrice,
Samantha Power, assistente speciale del presidente e direttrice per i
diritti umani al National Security Council, formato dai più importanti
consiglieri di politica estera. Nella scalata al potere (cui sembra
predestinata dal suo cognome), la Power, aspirante segretaria di stato,
ha sempre fatto leva sulla denuncia di presunte atrocità, attribuite a
quelli che di volta in volta gli Usa bollano quali nemici numero uno.
Sotto le ali del suo patron, il potente finanziere George Soros, la
Power ha contribuito a elaborare la dottrina «Responsabilità di
proteggere», che attribuisce agli Stati uniti e alleati il diritto di
intervenire militarmente nei casi in cui, a loro insindacabile giudizio,
si stiano per commettere «atrocità di massa». Con tale motivazione
ufficiale, in specifico quella di proteggere la popolazione di Bengasi
minacciata di sterminio dalle forze governative, il presidente Obama ha
deciso l’anno scorso di fare guerra alla Libia. Ora la dottrina viene
istituzionalizzata con la creazione dell’Atrocities Prevention Board.
Attraverso la Comunità di intelligence (formata dalla Cia e altre 16
agenzie federali), esso stabilisce quali sono i casi di «potenziali
atrocità di massa e genocidi», allertando il presidente. Predispone
quindi gli strumenti politici, economici e militari per la
«prevenzione». In tale quadro, il Dipartimento della difesa sta
sviluppando «ulteriori principi operativi, specifici per la prevenzione e
la risposta alle atrocità». D’ora in poi sarà l’Atrocities Prevention
Board a preparare il terreno a nuove guerre. Ed è già al lavoro: di
fronte alla «indicibile violenza cui è soggetto il popolo siriano,
dobbiamo fare tutto ciò che possiamo», ha dichiarato il presidente
Obama, sottolineando che, oggi come in passato, «la prevenzione delle
atrocità di massa costituisce una fondamentale responsabilità morale per
gli Stati uniti d’America». Peccato che l’Atrocities Prevention Board
sia stato creato solo ora. Altrimenti avrebbe potuto prevenire le
atrocità di massa di cui è costellata la storia statunitense, a iniziare
dal genocidio delle popolazioni autoctone nordamericane. Basti
ricordare, limitandosi agli ultimi cinquant’anni, le guerre contro
Vietnam, Cambogia, Libano, Somalia, Iraq, Jugoslavia, Afghanistan,
Libia; i colpi di stato orchestrati dagli Usa in Indonesia, Cile,
Argentina, Salvador. Milioni di persone imprigionate, torturate e
uccise. Per prevenire altre atrocità, l’Atrocities Prevention Board
dovrebbe assicurare alla giustizia i responsabili, impuniti, delle
torture e uccisioni ad Abu Ghraib, a Guantanamo e in decine di prigioni
segrete della Cia. Dovrebbe anche acquisire agli atti i video con cui
soldati Usa documentano, per divertirsi, l’uccisione di civili in
Afghanistan*, che il Pentagono ha cercato prima di occultare e poi di
sminuire. Se li guardi bene Samantha Power, per capire che cosa è
veramente una «atrocità di massa».
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