L'olocausto graduale progettato dal Fondo Monetario Internazionale
Di Rodolfo Ricci
L’11
Aprile ultimo scorso, un dispaccio dell’FMI ha chiarito, oltre alla
certificazione della recessione e a vari ammonimenti sull’instabilità
globale, che la vera spada di Damocle che pende sulla testa del mondo è
costituita dall’eccessiva longevità degli anziani nell’Occidente
sviluppato.
In pratica, l’età media della popolazione, europea in particolare,
sta mettendo a serio rischio la sostenibilità del welfare (quindi dei
conti pubblici, quindi della finanza mondiale) e dunque bisogna correre
ai ripari: non, come il buon senso ci indurrebbe a pensare, reperendo
nuove risorse per il rafforzamento dei modelli di welfare, ma, al
contrario, legiferando misure che riducano le prestazioni sociali; in
tal modo, l’allungamento della vita nell’occidente, sarebbe contrastato
con l’allontanamento progressivo dell’età pensionabile, con la
diminuzione degli importi pensionistici, insomma con tutta una serie di
norme che, strada facendo, consentano di riportare la vita media sotto
standard accettabili: assolutamente non oltre gli 80 anni, così pare di
capire.
Ho ascoltato la notizia per radio, mentre tornavo dal lavoro, all’interno di una trasmissione radiofonica della sera, “Tornando a casa”,
diretta da una cortese conduttrice, Enrica Bonaccorti, ben nota al
pubblico italiano, la quale, complice il suo avvicinarsi alla terza età,
non ha resistito e ha sbottato: “Ma che vogliono? ammazzarci tutti?”
In
effetti le argomentazioni fornite dall’ FMI, a prescindere dallo
scontato suggerimento “tecnico” di demandare la protezione sociale
sempre più ai “mercati” e sempre meno al pubblico (parte sostanziale del
suo ricettario già fallito miseramente dall’Argentina agli USA e che ha
lasciato sul lastrico decine di milioni di pensionati), stimola ben
altre riflessioni: gli anziani, come i bambini, gli handycappati, i
malati cronici, insomma tutti coloro che sono fuori o ai margini
dell’attività lavorativa, costituiscono un vero e proprio peso, la cui
sostenibilità, all’interno dei parametri del pensiero unico, è in
contraddizione, anzi in opposizione, con gli elementi di competitività e
profitto sistemico.
La popolazione non attiva, fatta eccezione
per i bambini che costituiscono la futura forza produttiva e per quella
che serve alla riproduzione della stessa forza lavorativa (massaie,
madri, casalinghe, badanti varie) costituisce un oggettivo elemento di
abbassamento dell’efficienza e della competitività. Quindi deve essere
ridotta o, se ci fosse la possibilità, gradualmente abolita.
Una
sorta di olocausto graduale e universale, insomma riformistico, che
evitando possibilmente elementi di reazione popolare, sempre da
scongiurare, consenta tuttavia di addivenire all’obiettivo nei tempi
medi previsti dalla progettazione sistemica: diciamo entro i prossimi
20-30 anni. Infatti la situazione parossistica citata dall’autorevole
organismo internazionale dovrebbe verificarsi intorno al 2050.
Di
fronte a questo rischio immane, si può provvedere via legislativa, con
una serie di provvedimenti approntati ad hoc dai parlamenti nazionali e
di cui, la riforma pensionistica italiana recentemente varata, pare
costituire per l’FMI un esempio da perseguire con convinzione, a livello
mondiale.
In pratica il suggerimento (già operativo nel nostro
paese) è il seguente: durante l’età lavorativa, la singola persona è
invitata ad aderire il più possibile ad assicurazioni previdenziali
private (la cui redditività si è dimostrata estremamente rischiosa)
parallelamente ai versamenti verso il sistema pubblico (che stranamente,
non possono e non debbono assolutamente essere eliminati). Ciò
consentirà infatti che fiumi di denaro vadano a rimpolpare i deficit
“derivati” di banche, assicurazioni, ecc, e così a rimettere in
equilibrio la finanza privata, mentre, allo stesso tempo, per la parte
di contribuzione pubblica versata, buona parte di quei soldi andranno a
sanare, all’occorrenza, l’equilibrio di bilancio dei diversi paesi,
garantendo il pagamento degli interessi. A chi? Sempre, rigorosamente,
ai mercati, e alle stesse banche e assicurazioni presso cui, grazie ai
trattati europei e alla natura dell’Euro (moneta non sovrana), siamo
costretti a chiedere prestiti.
Per essere più sicuri che la
ricetta funzioni, tuttavia, è opportuno che l’età media della
popolazione decresca; ne saranno così alleviati sia i bilanci pubblici,
sia quelli dei secondi pilastri contributivi, ovvero sempre e solo dei
grandi rentiers della finanza.
Questa architettura degna di un
nuovo Hitler più cauto e riformista, va di pari passo con il resto
dell’armamentario fatto di pareggio di bilancio in Costituzione, di
riforma del mercato del lavoro, ecc. che ingabbierà in una botte di
ferro le elites post-capitaliste e neofeudali, mentre 500 milioni di
europei di diverse generazioni e nazionalità, chi più chi meno, si
troveranno sostanzialmente immersi in una nuova vita, di merda.
Ora,
l’uscita dell’FMI, che avevamo già sentito un decennio fa dire le
stesse cose in Argentina (fu varata una legge, secondo la quale lo Stato
avrebbe pagato le pensioni solo nella misura in cui disponeva di
sufficiente denaro, cioè di pesos dollarizzati, vale a dire di una
moneta simile all’Euro), rende evidente che il quadretto che hanno in
mente lor signori, è propriamente quello di una nuova dittatura
tecnocratico-finanziaria continentale (supportata a mo’ di vassallaggio
dall’impresa produttiva a cui in cambio si elargisce più precarietà e
capacità di licenziare i lavoratori), in cui gli Stati non hanno più il
compito di far cresce ed armonizzare il benessere collettivo, ma al
contrario di rendere praticabili e sostenibili i loro programmi di lunga
durata.
In questo senso, il re non è solo nudo, ma è ridotto
all’osso. Come quando si alzano per legge i tassi percentuali di veleni
nell’acqua per considerarla potabile anziché provvedere a purificare le
fonti, così, si tenta di modificare la biologia e la vita quotidiana di
miliardi di persone, pur di mantenere sostenibile e immodificabile il
sistema di sfruttamento globale.
Tutto questo conferma anche che
siamo ormai entrati in un mondo oggettivamente post democratico e forse,
come io penso, anche post capitalistico.
Nel corso della storia
tentativi di questa natura si sono ripetuti in forme diverse in diverse
occasioni; ma forse è la prima volta che l’esperimento viene ora tentato
su scala globale, dopo quello continentale, ancorché in una situazione
di relativa arretratezza, attuato in America Latina tra gli anni ’70 e
gli anni ‘90.
Il caso italiano, in questo senso, vale ben più
della Grecia. L’Italia è un grande paese, la sua risorsa umana è tra le
più pregiate, culturalmente e in termini di competenze, al mondo.
Purtroppo lo è anche il saper vivere, magari arrangiandosi, magari con
la dieta mediterranea, così che l’età media è sconvenientemente lunga.
Se dunque riescono a inglobare l’Italia nel reticolo del loro olocausto programmato, non vi è più alcun limite al loro dominio.
In
Argentina, fatta per metà di popolazione di origine italiana, li
mandarono via a calci nel sedere definitivamente. Il rigoroso presidente
De La Rua, succeduto all’orgiastico e fraudolento Menem, lo andarono a
prelevare in elicottero sul tetto de La Casa Rosada per salvarlo
dall’insurrezione popolare.
In Italia vedremo se i recenti fasti possano essere replicati. Per il bene dell’umanità, non solo degli italiani.
Fonte: Sinistrainrete
Da Campo Antimperialista
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