Tunisi: la “rivoluzione” tradita dall’informazione

apr 24, 2012 0 comments
Di Enrico Oliari e Saber Yakoubi
 A distanza di oltre un anno, la rivoluzione tunisina con la quale si è posta fine alla dittatura occidentalista di Ben Alì ha da terminare il suo compito: sono quasi due mesi che oltre 40 cittadini, non necessariamente legati ad un partito politico, partecipano ad un sit-in permanente, giorno e notte, davanti all’entrata della televisione di Stato per chiedere più correttezza e maggiore trasparenza nell’informazione.
Già rivoluzionari della prima ora, questi tunisini
hanno deciso di non tollerare ulteriormente un’informazione pubblica, finanziata con i soldi di tutti, palesemente di parte, e hanno denunciato la presenza di uomini quadro dell’ancien régime negli organi di informazione e soprattutto il malaffare. Tanto malaffare.
Rinascita li ha incontrati in quello che ormai è un vero e proprio accampamento di tende dislocate lungo il filo spinato che li separa dai camion blindati dell’esercito, chiamati a presidiare le entrate dell’imponente edificio.
“Proveniamo da diverse parti del paese – racconta Nasreddin Ouezfa (foto), segretario del gruppo – e siamo quelli che al tempo della rivoluzione eravamo identificati come ‘comitato popolare’, il cui compito era di prevenire i crimini e gli sciacallaggi durante i disordini. Per arrivare qui ci siamo organizzati attraverso i social network ed abbiamo lanciato un appello per portare a termine ciò che avevamo iniziato, ovvero di fare, noi, quanto non hanno potuto fare i politici: sradicare tutto ciò che faceva parte del vecchio regime. Ci siamo resi conto di impiegati della televisione di Stato arricchitisi enormemente, nonostante quasi nessuno si sia mai presentato a lavoro. Un esempio? Noi siamo qui da quasi due mesi: al mattino entrano 25 auto di impiegati, mentre i dipendenti sulla carta sono oltre 1200”.
Gli chiediamo - oltre al numero di coloro che timbrano il cartellino al mattino - le prove concrete di queste scorrettezze. “Abbiamo nostri simpatizzanti fra gli impiegati – ci spiega Nasreddin - che lavorano veramente, i quali ci hanno consegnato documenti e prove dei loro colleghi assenteisti, o meglio, di coloro che il regime di Ben Alì aveva fatto assumere, pagato, ma che non sono venuti mai a lavorare. Ci siamo rivolti anche ai sindacati, abbiamo consegnato le prove e la documentazione, ma, fino ad oggi, le nostre richieste non hanno trovato ascolto”. E i politici di oggi, alla faccia della “rivoluzione”, ben si guardano dallo schierarsi con questi ragazzi: “E’ evidente che gli interessi si incrociano, perché quella dell’informazione di Stato è una lobby potente”. Nemmeno il resto dei media, anche concorrenti, li segue nella protesta: “Ogni volta che parlano di noi, cercano di farci passare per salafiti o per persone con posizioni radicali, ma questo non corrisponde al vero: siamo cittadini che vogliono denunciare il malcostume che c’è stato e che c’è tutt’ora e non siamo legati, come movimento, a nessun partito né a nessuna confessione religiosa”. Gli chiediamo se almeno i giornali, visto che l’informazione tv non lo fa, si interessano alla loro protesta.
“Sono venuti quasi esclusivamente giornalisti stranieri, come nel vostro caso, oltre ad un’unica tv tunisina che poi ha trasmesso solo le immagini di coloro che avevano la barba, per farci passare tutti per salafiti. Gli altri media tunisini, tendono a trasmettere più che altro spettacoli e sport, non di certo informazione politica, che avrebbe lo scopo di muovere il pensiero dei giovani. Noi abbiamo quindi deciso di resistere, anche perché la tv viene pagata dalle nostre tasse, dal denaro dei tunisini”. Ci si aspettava, tuttavia, che caduto Ben Alì le cose sarebbero cambiate, gli facciamo notare… “In tema di informazione pubblica, in Tunisia – commenta Nasreddin - prima c’erano i soldi o il bastone, ora semplicemente non c’è più il bastone”. La presenza di un numero crescente di tv e di media privati, insomma, sembra non aver portato alla concorrenza e non avere favorito un miglioramento del servizio: “Per noi non è cambiato e non cambia nulla: il mondo dell’informazione, in generale, è nelle mani di una lobby circoscritta e potente”.

Fonte :Rinascita

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