Di Enrico Oliari e Saber Yakoubi
A distanza di oltre un anno, la rivoluzione tunisina con la quale si è
posta fine alla dittatura occidentalista di Ben Alì ha da terminare il
suo compito: sono quasi due mesi che oltre 40 cittadini, non
necessariamente legati ad un partito politico, partecipano ad un sit-in
permanente, giorno e notte, davanti all’entrata della televisione di
Stato per chiedere più correttezza e maggiore trasparenza
nell’informazione.
Già rivoluzionari della prima ora, questi tunisini
hanno deciso di non
tollerare ulteriormente un’informazione pubblica, finanziata con i soldi
di tutti, palesemente di parte, e hanno denunciato la presenza di
uomini quadro dell’ancien régime negli organi di informazione e
soprattutto il malaffare. Tanto malaffare.
Rinascita li ha incontrati in quello che ormai è un vero e proprio
accampamento di tende dislocate lungo il filo spinato che li separa dai
camion blindati dell’esercito, chiamati a presidiare le entrate
dell’imponente edificio.
“Proveniamo da diverse parti del paese – racconta Nasreddin Ouezfa
(foto), segretario del gruppo – e siamo quelli che al tempo della
rivoluzione eravamo identificati come ‘comitato popolare’, il cui
compito era di prevenire i crimini e gli sciacallaggi durante i
disordini. Per arrivare qui ci siamo organizzati attraverso i social
network ed abbiamo lanciato un appello per portare a termine ciò che
avevamo iniziato, ovvero di fare, noi, quanto non hanno potuto fare i
politici: sradicare tutto ciò che faceva parte del vecchio regime. Ci
siamo resi conto di impiegati della televisione di Stato arricchitisi
enormemente, nonostante quasi nessuno si sia mai presentato a lavoro. Un
esempio? Noi siamo qui da quasi due mesi: al mattino entrano 25 auto di
impiegati, mentre i dipendenti sulla carta sono oltre 1200”.
Gli chiediamo - oltre al numero di coloro che timbrano il cartellino al
mattino - le prove concrete di queste scorrettezze. “Abbiamo nostri
simpatizzanti fra gli impiegati – ci spiega Nasreddin - che lavorano
veramente, i quali ci hanno consegnato documenti e prove dei loro
colleghi assenteisti, o meglio, di coloro che il regime di Ben Alì aveva
fatto assumere, pagato, ma che non sono venuti mai a lavorare. Ci siamo
rivolti anche ai sindacati, abbiamo consegnato le prove e la
documentazione, ma, fino ad oggi, le nostre richieste non hanno trovato
ascolto”. E i politici di oggi, alla faccia della “rivoluzione”, ben si
guardano dallo schierarsi con questi ragazzi: “E’ evidente che gli
interessi si incrociano, perché quella dell’informazione di Stato è una
lobby potente”. Nemmeno il resto dei media, anche concorrenti, li segue
nella protesta: “Ogni volta che parlano di noi, cercano di farci passare
per salafiti o per persone con posizioni radicali, ma questo non
corrisponde al vero: siamo cittadini che vogliono denunciare il
malcostume che c’è stato e che c’è tutt’ora e non siamo legati, come
movimento, a nessun partito né a nessuna confessione religiosa”. Gli
chiediamo se almeno i giornali, visto che l’informazione tv non lo fa,
si interessano alla loro protesta.
“Sono venuti quasi esclusivamente giornalisti stranieri, come nel vostro
caso, oltre ad un’unica tv tunisina che poi ha trasmesso solo le
immagini di coloro che avevano la barba, per farci passare tutti per
salafiti. Gli altri media tunisini, tendono a trasmettere più che altro
spettacoli e sport, non di certo informazione politica, che avrebbe lo
scopo di muovere il pensiero dei giovani. Noi abbiamo quindi deciso di
resistere, anche perché la tv viene pagata dalle nostre tasse, dal
denaro dei tunisini”. Ci si aspettava, tuttavia, che caduto Ben Alì le
cose sarebbero cambiate, gli facciamo notare… “In tema di informazione
pubblica, in Tunisia – commenta Nasreddin - prima c’erano i soldi o il
bastone, ora semplicemente non c’è più il bastone”. La presenza di un
numero crescente di tv e di media privati, insomma, sembra non aver
portato alla concorrenza e non avere favorito un miglioramento del
servizio: “Per noi non è cambiato e non cambia nulla: il mondo
dell’informazione, in generale, è nelle mani di una lobby circoscritta e
potente”.
Fonte :Rinascita
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