Negli ultimi giorni, sui Twitter spagnoli, uno dei più seguiti hashtag (parole precedute dal simbolo # che servono per segnalare e ricercare particolari tematiche su social network come Google+, identi.ca o Twitter appunto) è #HolaDictadura. Il motivo è che il governo di Mariano Rajoy
ha annunciato l'intenzione di imporre un controllo sui social network e
convertire in reato penale ogni incitazione o organizzazione di
protesta attraverso questi mezzi.
Se l'iniziativa dovesse
andare in porto, l'esecutivo di destra del Partito Popolare (PP) potrà
perseguire i movimenti sociali e mettere in atto una sorta di detenzione
preventiva dei manifestanti. Cosa che a ben vedere già accade, almeno
in parte, visto che alcuni giovani sono stati arrestati a Barcellona
durante l'ultimo sciopero generale, e attualmente restano in prigione
con la motivazione che “podrìan reincidir”, potrebbero essere recidivi,
dunque protestare di nuovo.
Proprio gli incidenti del 29
marzo a Barcellona sembrano aver fornito al governo il pretesto
necessario per introdurre le nuove norme repressive. È a partire da
allora infatti che l'esecutivo, assieme alla Giunta regionale della
Catalogna, decise di promuovere riforme legislative per indurire la
criminalizzazione di atti che qualificano come "guerriglia urbana" mossi da "gruppi anti-sistema radicali".
Nello spiegare ai giornalisti gli intenti dell'iniziativa, il ministro degli Interni spagnolo, Jorge Fernandez Diaz,
ha descritto in anteprima alcune novità introdotte dalla riforma.
Chiunque sia sorpreso a svolgere azioni che mirano ad "alterare
gravemente l'ordine pubblico" potrà essere accusato di "coinvolgimento
in organizzazione criminale".
Saranno parimenti considerate
dei crimini le azioni che “si decidono attraverso qualsiasi mezzo,
Internet o i social network, tese ad agire in modo coordinato per
alterare l'ordine pubblico e provocare disordine con tecniche di
guerriglia urbana”. “La sanzione minima per queste persone – ha
continuato il ministro - sarà di due anni, di modo che i pubblici
ministeri possono chiedere la detenzione preventiva e i giudici, nel
caso, accordarla".
E non finisce qui. La riforma
dell'esecutivo va ben oltre, e prevede anche l'introduzione del reato di
disordine pubblico per chi faccia ingresso in edifici pubblici
senza autorizzazione, "come nel caso delle occupazioni di agenzie e
università, o per chi vi impedisca l'accesso, o infine chi produca
danni, interruzioni o disturbi al regolare svolgimento di qualsiasi
servizio pubblico". Tutte azioni comuni durante gli scioperi, quando si
fa 'picchettaggio informativo' all'ingresso delle istituzioni o si
bloccato gli accessi alle stazioni ferroviarie o alla metropolitana.
Un'altra iniziativa promossa dal governo è quella di includere fra i reati di violazione dell'autorità la resistenza attiva o passiva alle forze dell'ordine; un reato che se fosse stato in vigore durante la nascita del movimento degli indignados avrebbe permesso lo sgombero immediato di tutte le piazze di Spagna.
Ora,
se analizziamo il provvedimento che il governo spagnolo si è detto
intenzionato a prendere, ci accorgiamo che ci sono due aspetti della
questione altrettanto preoccupanti. Il primo, più immediato, è relativo
alle restrizioni del diritto di protestare, alla volontà di impedire ai cittadini di manifestare il proprio dissenso in forma organizzata
Ma
è forse il secondo aspetto che deve far preoccupare di più gli
spagnoli. Misure del genere, infatti, possono anche essere lette come
una protezione preventiva da parte del governo in vista di
prossime riforme difficili da sostenere per la popolazione. Chi si
appresta dall'alto a calare la scure deve prima accertarsi che chi sta
'sotto' non abbia modo di difendersi, magari ribaltare la situazione. In
quest'ottica le norme repressive che l'esecutivo dichiara di voler
adottare potrebbero essere solo un mezzo per facilitare l'introduzione
di misure ben più dure.
A.D.
Fonte: http://www.ilcambiamento.it/crisi/spagna_rajoy_proteste_internet.html
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