Di Marco Nurra
Con un ingente dispiegamento di reparti antisommossa, le
forze dell’ordine hanno sgomberato ieri mattina all’alba il presidio
permanente dei lavoratori dei Cantieri Navali di Trapani. Gli operai
protestano da sette mesi contro la decisione di Giuseppe D’Angelo,
ad della Satin S.p.A, di tagliare i posti emandare a casa i
56 dipendenti della controllata Cnt. I lavoratori dopo mesi di cassa
integrazione hanno perfino occupato una petroliera, la Marettimo M.,
l’ultima costruita con le loro stesse mani. Dopo un anno di «cassa», la
mattina della vigilia di Natale i lavoratori CNT si erano svegliati con
una lettera di licenziamento.
Un risveglio non meno sconfortante quello di ieri, quando Antonino e
Michele, rimasti a guardia del presidio per la notte, si sono visti
accerchiare dalle forze dell’ordine. Le istituzioni avrebbero concertato
l’azione repressiva d’accordo con l’impresa, a quanto dicono gli
operai. Abbiamo intervistato uno di loro, Antonino Di Cola,
per conoscere la dinamica dello sgombero. «Si sono presentati in
cantiere alle 5,30 i reparti antisommossa di carabinieri, polizia,
guardia di finanza e Digos, più alcune ambulanze. Saranno stati un
centinaio di agenti». Al vedere tanti poliziotti aggirarsi per la
banchina, i due lavoratori hanno pensato che si trattasse di una retata
antimafia o di un’operazione antidroga. E invece no, quel piccolo
squadrone era lì per Antonino e Michele, due operai senza
lavoro, addormentati in una panda parcheggiata nel porto di Trapani, «una scena grottesta», sottolinea Di Cola.
La decisione dello sgombero è partita dalla prefettura di Trapani per
motivi di ordine pubblico, ma secondo i lavoratori si tratta di un
pretesto senza alcun fondamento. «Stiamo occupando i cantieri da quasi sette mesi, la nostra è una lotta pacifica,
di quale ordine pubblico stanno parlando?», sostiene Di Cola. «Ci hanno
trattati come criminali, capito? È un’ingiustizia», dice amareggiato.
Chi conosce la loro lotta, come ad esempio il circolo aMalaTesta (molto
attento alle rivendicazioni sociali del territorio), condivide lo
stupore e l’indignazione dei lavoratori e la solidarietà dei
concittadini è visibile anche su Facebook: basta leggere i
tanti messaggi lasciati sul gruppo «Collettivo lavoratori in LOTTA – CNT», o sulla pagina dell’Isola dei cassintegrati, che segue la vertenza da novembre 2011.
«Quello che questi signori devono capire – dice Antonino indicando i
poliziotti che sbarrano il cancello del cantiere navale – è che noi non
siamo dei delinquenti. Vogliamo solo lavorare per poter campare le
nostre famiglia a testa alta». Nella banchina del porto ieri mattina,
oltre alla salsedine, si respirava il dolore dell’offesa.
«La Satin non paga i propri dipendenti da mesi, ha debiti per più di 43
milioni di euro, non paga fornitori e ditte esterne, per questo ha
quasi tutte le attrezzature e macchinari pignorati dal tribunale
– denuncia ancora Di Cola – E lo Stato continua a dare la concessione
demaniale dell’area a Giuseppe D’Angelo, con un’impresa che non esita a licenziare pur di salvarsi dal fallimento».
Fonte:Il Manifesto
http://marconurra.altervista.org/sgombero-allalba-degli-operai-della-marettimo-il-manifesto/
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