Di Giorgia Grifoni
Roma, 5 aprile 2012, Nena News – Non c’è giustizia che tenga quando a chiederla sono entità politiche che non rientrano nella categoria “Stato”. La Palestina, che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non ha mai riconosciuto se non attraverso una lunghissima serie di risoluzioni che sono rimaste però lettera morta, non otterrà giustizia per l’operazione “Piombo Fuso” lanciata da Israele nella Striscia di Gaza nel 2008-2009 – e costata la vita a più di 1300 persone in venti giorni – perché “non esiste”. A deciderlo, è stata due giorni fa la Corte Penale Internazionale, l’organismo che si occupa di investigare e giudicare i crimini di guerra, i genocidi e i crimini contro l’umanità .
Nel 2009 l’Autorità Palestinese aveva chiesto alla Corte Penale di indagare sui crimini commessi dallo Stato ebraico a Gaza a partire dal 2002 fino all’operazione “Piombo Fuso”. Presentando la sua domanda, l’ANP aveva riconosciuto la giurisdizione dell’organismo con sede all’Aja. Si trattava, per il procuratore Luis Moreno Ocampo, di investigare sulle violazioni israeliane compiute nel “territorio palestinese”, territorio che de facto non è riconosciuto ai piani alti delle organizzazioni internazionali nonostante de iure sia stabilito dagli accordi di Oslo.
E’ infatti all’ANP che, secondo gli stessi accordi del 1993, spetta la giurisdizione sulla Striscia di Gaza e su parte della Cisgiordania, riconosciute allora sia da Israele che dai Palestinesi come due parti di un’unica entità . E, come sempre, la questione sta tutta nei cavilli terminologici e legali che accompagnano le organizzazioni internazionali. Nella definizione dell’organismo si legge che “la Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire solo se e solo quando gli Stati non vogliono o non possono agire per punire crimini internazionali”. Uno Stato che non vuole intervenire c’è, ed è Israele. Uno stato che non può intervenire non c’è, in quanto la Palestina non esiste.
Secondo Amnesty International, che ha accusato la Corte di dare giudizi di “parzialità politica”, il procuratore si è interrogato negli ultimi tre anni se considerare la questione come uno “stato” (ANP) che richiede la giurisdizione della Corte o sulla possibilità per la Corte di investigare i crimini commessi durante la guerra di Gaza del 2008-2009. Entrambe le ipotesi sono cadute: Israele, che non ha mai ratificato lo Statuto di Roma alla base della Corte, non permetterà da parte sua alcuna indagine sui suoi generali e sulle personalità politiche responsabili del massacro di Gaza. E la Palestina, nonostante lo abbia richiesto lo scorso 23 settembre, non è stata ancora riconosciuta come Stato membro dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nonostante sia stata accolta da numerosi stati membri e da alcune organizzazioni internazionali come l’Unesco.
Per le organizzazioni a difesa dei diritti umani, però, la questione non era tanto semplice: Amnesty in particolare ha spiegato che in questa maniera la Corte Penale starebbe “rischiando la propria indipendenza”. Innanzitutto per il legame troppo stretto con l’Onu, che ha fatto sì che uno stato non ancora approvato dal Consiglio di Sicurezza non dovesse essere considerato tale neanche dalla Corte la quale, dopotutto, dispone di una certa libertà d’azione. In secondo luogo, ha infranto lo Statuto di Roma che sancisce chiaramente che questo tipo di questione dovrebbe essere presa in esame dai giudici della Corte. La questione di Gaza, invece, non ha mai lasciato il tavolo del procuratore. E dopo il riconoscimento, da parte della commissione d’inchiesta presieduta da Geoffrey Palmer e commissionata dall’Onu, della legittimità del blocco imposto da Israele a Gaza come premessa per giudicare l’attacco del maggio 2010 alla Freedom Flotilla, ecco un’altra decisione che sconvolge l’imparzialità di certe istituzioni internazionali nate per risolvere contenziosi tra stati. La giustizia, come suggerisce la Corte Penale Internazionale, è uguale per quasi tutti.
Da Nena News
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