Di Cinzia Gubbini
Il 23 aprile è la giornata internazionale del
libro e del diritto di autore, proclamata dall'Unesco per difendere e
promuovere i nostri compagni di viaggio. Anche in Italia sono previste
mostre, iniziative, convegni (QUI
il programma) che convergono nel "maggio dei libri". E' un'occasione
per ri-parlare del recente dato diffuso dall'Istat: nel 2011 sono
spariti 730 mila "lettori forti" abbattuti forse dalla crisi economica,
forse aggrediti dalla mancanza di ricambio nelle giovani generazioni.
L'identikit del "serial killer" dei lettori italiani è ancora sfuggente,
o meglio i fattori che lo compongono sono complessi. Tra questi, però,
c'è sicuramente anche la lenta e inesorabile morte delle librerie
indipendenti nel nostro paese. Se la libreria sotto casa chiude i
battenti, se nei quartieri scompaiono questi punti di civiltà e
democrazia, se per comprare un libro bisogna andare in centro o
addirittura in un centro commerciale, allora è più facile che si
comprino meno libri. Ne parliamo con il presidente dell'Associazione dei
librai italiani (Ali) , Paolo Pisanti.
Pisanti, è vero che oggi aprire una libreria è un'impresa a perdere?
Purtroppo da almeno dieci anni è così, anche
se non lo è sempre stato e negli anni passati fare il libraio e avere
una libreria era un mestiere possibile.
Cosa è cambiato?
Principalmente sono cambiati gli attori del
mercato. Prima le librerie indipendenti erano molte di più. Anzi, erano
la maggioranza. Poi sono "calati" i grandi marchi che hanno creato le
loro catene di librerie, i supermercati hanno iniziato a vendere libri,
si sta affacciando anche l'on line. Sono questi i tre fattori che
rendono la vita difficile alla libreria indipendente. Si calcola che in
dieci anni in 300 abbiano chiuso i battenti. Certo, di queste 300
ancora non sappiamo quante hanno scelto il franchising come soluzione
imprenditoriale: affiliarsi a un grande marchio per continuare a
sopravvivere. Ma la moria è fortissima.
Quali sono i principali problemi di una libreria?
Non riusciamo a coprire i costi: l'affitto e
il personale, principalmente. Sul costo delle mura in Italia sappiamo
abbastanza. Forse non tutti sanno però che i dipendenti delle librerie,
proprio per la loro preparazione e competenza - che fanno il valore di
una buona libreria - sono considerati un terzo livello nel commercio. E
questo è giusto: il cliente ama la sua libreria proprio per i consigli
che vi può trovare, per la fiducia che stabilisce con chi vi lavora.
Tutto questo però costa. Tanto più che siamo sempre più costretti a
orari lunghi, proprio per provare a competere con supermercati e centri
commerciali. A ciò si aggiunga che accedere a un prestito in banca per
un libraio è estremamente difficile, se non ha garanzie reali (e
personali) da mettere in gioco. La garanzia del nostro magazzino, per le
banche è carta straccia.
Sul costo di copertina di un libro, quanto
spetta alla libreria? E' vero che siete penalizzati, insieme agli
autori, rispetto a distribuzione e editori?
Al libraio spetta il 27%, e il prezzo è
fisso. Certo, anche questo non ci aiuta. Ma in realtà rispetto al
passato, quello che è cambiato è che, da un lato, le piccole librerie
sono sempre di più costrette a fare gli sconti, proprio per attirare
clientela e "farsi vedere". Dall'altro che non esiste più il deposito a
nuovo, che è un meccanismo da ripristinare, a nostro avviso.
In cosa consiste?
Un tempo gli editori ci consentivano di fare
gli ordini senza pagare l'anticipo. Era un sostegno pensato proprio a
favore delle librerie, che ci permetteva di respirare. Ora non funziona
più così, e anzi accade sempre più spesso che ci troviamo a pagare i
libri ancor prima di averli venduti. Tanto più che il mercato dei libri
ormai sforna titoli in modo incontrollato: 700 mila all'anno, quasi 200
titoli al giorno. Per noi scegliere, orientarci, assortire è
estremamente difficile. E se una libreria non ha un buon assortimento
non fa un buon lavoro.
700 mila titoli all'anno e 730 mila lettori forti in meno, dice l'Istat. Non è strano?
E' certamente un paradosso, di cui noi librai
facciamo le spese. Purtroppo siamo vittime di un sistema che non
funziona, a partire dalla scuola e dall'abitudine alla lettura che non
viene coltivato.
Nella vostra crisi c'entra anche l'e-book?
Ancora non è un fenomeno così importante da incidere in modo serio sul mercato.
Allora la gente non compra più libri (ma scrive) perché non ha più soldi?
E' chiaro che se le persone fanno fatica ad
arrivare alla quarta settimana gli investimenti in famiglia a favore
della cultura tendono a diminuire. Magari i lettori frequentano di più
le biblioteche, trovano espedienti di questo tipo. Ma è anche vero che
in Italia abbiamo un problema specifico, e che il calo nella vendita dei
libri segnala un più generale imbarbarimento culturale del paese. E' un
fatto che in Grecia, paese che ha subito una crisi economica ben più
grave della nostra, la vendita di libri non ha subito il tracollo
italiano. Anzi, in Europa ovunque si cresce. Tranne che in Italia.
Da il Manifesto
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