Di Luca Mazzucato
NEW YORK. Per alcuni, Goldman Sachs, la madre di tutte le banche, è il male assoluto, mentre per chi lavora in finanza è il sogno nel cassetto. Se fino ad ora le critiche sono state tutte concentrate sulle pratiche finanziarie ai limiti della legalità, adesso il gioco si fa pesante: l'accusa è di prostituzione minorile e traffico di esseri umani. Negli Stati Uniti questa è probabilmente la singola accusa più infamante, capace di trascinare un'azienda a picco. Lo scoop del New York Times apre una voragine nell'immagine pubblica di Goldman ed è difficile immaginare cosa succederà. Certo è che la storia è una bomba.
Fino al 2008, la banca d'investimento era considerata la più prestigiosa azienda del pianeta, dai profitti stellari e un vero magnete per le menti più brillanti del panoramana mondiale e soprattutto dell'Ivy League. I suoi ex-dipendenti stanno governando il nostro continente: dal capo della BCE Mario Draghi, al nostro premier Monti e al premier greco Papademos.
La reputazione della banca è da anni in costante declino, anche se i suoi profitti e i bonus dei suoi dirigenti sono tornati ai livelli pre-crisi. La storia recente ha portato alla luce il modus operandi della banca: cercare di speculare il più possibile sui propri clienti, a costo di rifilare a ignari fondi pensione investimenti spazzatura, scommettendo sul loro fallimento e mietendo profitti stellari. Le recenti dimissioni di un pezzo grosso di Goldman Sachs a mezzo di editoriale infamante sul NYT hanno ricordato a tutti chi sono e cosa fanno questi cosiddetti “Masters of the universe.” Ma ora viene quasi da pensare: fossero questi i problemi!
Nicolas Kristof, sul New York Times, racconta i retroscena di una storia che farà rizzare i capelli in testa anche al più cinico tra i repubblicani. Il mondo dei siti online che offrono servizi di sesso a pagamento è uno dei più redditizi negli Stati Uniti. Spesso però, come nel caso del sito Backpage.com, gli annunci su questi siti non sono postati da escort indipendenti, ma da veri e propri schiavisti. Una recente indagine ha scoperto un osceno traffico di ragazzine minorenni che venivano rapite, drogate, pestate, ridotte in schiavitù e poi offerte al pubblico pedofilo, proprio su questo sito. I magistrati hanno incastrato i colpevoli, ma purtroppo non sono riusciti a fare in modo che la società proprietaria del sito venisse considerata legalmente responsabile per gli annunci messi online. Questo nonostante l'intervento di ben diciannove senatori americani.
Kristof ha deciso di vederci chiaro e ha iniziato a indagare sugli assetti proprietari del sito, uno dei più popolari con milioni di visitatori. Scopre che l'azienda appartiene per il cinquantuno percento a "Village Voice Media", la stessa società che gestisce lo storico giornale gratuito The VillageVoice, distribuito ovunque a New York, che peraltro si finanzia con decine di pagine di pubblicità di escort e vari servizi sessuali a pagamento. Ma chi possiede il resto della proprietà?
Avete indovinato. La quota di minoranza di "Village Voice Media" appartiene a varie banche d'investimento, e il secondo azionista - con il sedici percento - è proprio Goldman Sachs, che ha acquistato la sua quota nel 2000, subito prima che la società mettesse le mani sul sito di sesso a pagamento. Uno dei consiglieri di amministrazione della società, fino al 2010, è stato il senior manager di Goldman Sachs Scott Lebovitz. Elizabeth McDougall, consulente capo di "Village Voice Media", intervistata dal New York Times ha dichiarato che nessuno dei proprietari ha mai mostrato alcun dissenso rispetto alla condotta della società.
Insomma, ci sono dentro fino al collo. Negli ultimi giorni la banca e le altre società finanziarie coinvolte, invece di usare il loro peso azionario per aiutare i magistrati a bloccare le pratiche illegali del sito Backpage.com, hanno cercato di sbarazzarsi delle azioni in fretta e furia, senza peraltro riuscirci. Come bambini colti con le mani nel sacco: anche se in questo caso il sacco è un osceno intreccio di schiavitù, sfruttamento e prostituzione minorile.
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