Di
Gianni Lannes
Sulla
grande isola ad ovest dello Stivale che scruta la penisola iberica nel bel
mezzo del Mar Tirreno, ormai da decenni la primavera viene annichilita
dall’impronta bellica. Altro che cartolina vacanziera. Anche quest’anno in mare
lo scenario infernale non muta. «Esercitazioni a fuoco: lanci di missili e
razzi nel mese di marzo, aprile, maggio e giugno 2012». Le ordinanze 41, 43, 48 e 51
dalla Capitaneria di porto di Cagliari
- a firma del capitano di vascello Vincenzo
Di Marco su ordini superiori della Difesa imposte con procedura d’urgenza -
ordinano l’interdizione alla navigazione, all’approdo, alla pesca ed ai
mestieri affini, entro le acque territoriali comprese nella giurisdizione del
circondario marittimo cagliaritano.
Al miglior offerente - In affitto. Il 29 novembre 2006 l’allora
Capo di Stato Maggiore dell’aeronautica, Vincenzo
Camporini dichiarava in un’audizione alla Camera: «Le elevate potenzialità delle strutture militari della Sardegna, per
l’addestramento operativo di forze aeree sono diventate oggetto di interesse di
vari Paesi alleati e amici. In particolare di francesi e tedeschi. La Francia è
infatti disposta a integrare le strutture già presenti in Corsica. Mentre la
Germania è orientata a ottimizzare gli oltre 13 milioni di euro che versa ogni
anno all’Italia per l’utilizzo di un’altra base sarda, quella di Decimomannu».
Capo Frasca, Capo Teulada e Salto di Quirra sono gli scenari più evidenti di occupazione
militare. Solo a Capo Frasca ci sono a disposizione 1.416 ettari. A gestire il
poligono è proprio l’aeronautica. E a Capo Frasca insistono un eliporto,
impianti radar e basi di sussistenza. “La Difesa ci ridia la baia”:
l’amministrazione comunale di Tertenia
chiede al Poligono di Quirra la restituzione agli usi civili dei quattro ettari
in riva al mare dove alloggia la postazione militare di Punta Is Ebbas. La
richiesta è stata inoltrata invano, ben 5 anni fa dal sindaco Pisu al ministero della Difesa.
USA. |
Terra promessa - Gli ultimi a sbarcare sono stati i militari israeliani, con la stella di
Davide in evidenza, per testare armi e munizioni proibite da usare contro i palestinesi, bambini, pacifisti e
giornalisti compresi. Ma in questo feudo dello Stato Maggiore Difesa hanno
sperimentato in tanti. Un vergognoso esempio? Lo Stato italiano, segretamente,
dopo aver siglato il Trattato
internazionale di non proliferazione nucleare, ha seguitato a provare il
missile atomico Polaris, in
collaborazione con Fiat, Ansaldo e Marina Militare tricolore. Insomma,
siamo sbarcati in un centro d’eccellenza dove si sondano nuovi armamenti. I
clienti non latitano. Sul poligono piovono nel 2007 soldi aerospaziali: un
milione di euro. Dalla ricerca aerospaziale arriva sull’Ogliastra una pioggia di denaro. Un milione e duecentomila euro per
tre anni con la possibilità di rinnovare l’accordo per ulteriori dieci anni: questa
la somma che il Centro italiano di
ricerche aerospaziali (Cira) verserà al ministero della Difesa per
l’utilizzo del Poligono Sperimentale Interforze del Salto di Quirra. Lo ha
detto, qualche tempo fa, il sottosegretario alla Difesa, Emidio Casula, secondo cui «si
tratta di un primo concreto esempio di impiego per scopi civili delle
professionalità e delle attrezzature del Pisq che dimostra concretamente di
essere una risorsa preziosa per i programmi di sviluppo aerospaziale nazionale». A Quirra si sprofonda attraverso una strada
che solca un inferno in terra. Un pugno di case e nessuna industria. Le persone
giungono qui a raccogliere i funghi e a fare qualche bagno nel mare proibito.
Ci sono agrumeti: arance e limoni che i sardi ti regalano con sguardo fiero.
C’erano, una volta, le pecore al pascolo libero. Ora è difficile intravederle:
i pastori versano lacrime di sangue, molti agnelli sono nati deformi. A un tiro
di schioppo dal centro abitato si staglia una lunga cesoia di filo spinato e un
check point: tredicimila ettari di poligono per eserciti che giocano alla
guerra, incuranti delle ferite sanitarie inferte alle persone natie e dei danni
ambientali al luogo. Piombano in mimetica, ma anche in giacca e cravatta. Dal
microcosmo dei civili si avvertono solo esplosioni e si paga con il proprio
sangue; nulla più in omaggio dallo Stato alla gente del luogo. «Quirra si è
accorta di essere malata quando è venuta a sapere del primo militare sardo
ucciso dall’uranio impoverito», racconta Mariella
Cao, antica
combattente civile del “Comitato
gettiamo le basi”. Corre il 1999 e l’Italia sta combattendo una guerra in
ex Jugoslavia. Si inizia a balbettare di Sindrome dei Balcani. In Sardegna,
invece, va in scena la morte di Quirra.
Sotto accusa i proiettili all’uranio impoverito, arma potente e a basso costo
capace di trasformare le corazze in burro. «Se nei teatri di guerra usavano
quel tipo di proiettili da qualche parte dovevano pur testarli» continua Cao.
Servitù infinita - «La Sardegna dal mare alla terraferma è
occupata dalla più estesa servitù militare d’Europa» rivela l’ammiraglio Falco Accame, ex presidente della
Commissione parlamentare Difesa. In quest’isola è concentrato l’80 per cento
dei centri di sperimentazione bellica in Italia. Nell’isola il demanio militare
permanentemente impegnato ammonta a 36
mila ettari; in tutta la penisola italiana raggiunge i 16.000 ettari.
Questa cifra integra i 12 mila ettari gravati da servitù militare. Gli spazi
aerei e marittimi sottoposti a schiavitù militare sono di fatto
incommensurabili, solo uno degli immensi tratti di mare annessi al poligono
Salto di Quirra con i suoi 2.840.000
ettari supera la superficie dell’intera isola (kmq 23.821). Tradotto:
durante le esercitazioni viene interdetto alla navigazione, alla pesca e alla
sosta marittima un braccio di mare immenso: quasi 30 mila chilometri quadrati
attorno all’isola. Tutto segreto. Oltre agli accordi Nato, sono vigenti i patti
bilaterali Italia-Usa per installare in Sardegna avamposti militari gestiti
direttamente ed esclusivamente dai militari nordamericani: questi atti sono
stati assunti dai governi italiani (responsabilità particolare di Giulio Andreotti) calpestando la
Costituzione e senza informare il Parlamento.
«Sa die de sa vardiania»: il giorno
della sorveglianza, recita un cartello in lingua sarda. A Quirra, minuscola
frazione di Villaputzu in provincia di Cagliari, la popolazione seguita a
morire. Decine di persone uccise dalla leucemia in un paese di 150 abitanti e
14 bambini nati con gravi malformazioni. Numeri da scenario di guerra in un
belpaese in letargo. Abbonda l’uranio artificiale a Quirra: qui aleggiano
-secondo gli accertamenti ufficiali- valori di radioattività cinque volte
superiori alla norma. Lo hanno scoperto il 26 febbraio 2011 gli esperti inviati
dalla Procura della Repubblica di
Lanusei per un’ispezione nel poligono. «Lo hanno trovato all’interno di
cinque cassette, sistemate in un deposito di materiali speciali, compreso il
munizionamento rimasto inesploso dopo le esercitazioni e in attesa di una
futura distruzione. Magazzino senza nessuna misura di protezione o di
sicurezza, senza nessun cartello di pericolo, dove l’accesso era libero per
chiunque lavori all’interno della base» mi spiega la Cao.
Accertamenti - Il deposito si trova a Capo San Lorenzo, ad un soffio dalla spiaggia e dalla zona dove,
secondo i veterinari delle Asl di Lanusei e Cagliari, si sono ammalati di cancro
nel sangue gran parte dei pastori. È una solida conferma nell’inchiesta del
procuratore Domenico Fiordalisi. Il
deposito di Quirra è stato sequestrato e sigillato, le cinque cassette
metalliche altamente radioattive sono state consegnate al professor Paolo Randaccio, fisico nucleare
dell’Università di Cagliari.
Nel
poligono di Salto di Quirra -
secondo la Relazione conclusiva della Commissione tecnica - «le indagini hanno
mostrato la sussistenza di reali impatti negativi sulle aree ad alta densitÃ
militare e zone adiacenti accanto ad ampie porzioni di territorio che non sembrerebbero
interessate da significative contaminazioni». Anche in altri poligoni, come sostiene il
parlamentare Scanu in una recente
mozione, «si sono verificate situazioni
inaccettabili di grave degrado ambientale, come ad esempio nel poligono Delta
presso il poligono di Capo Teulada, interdetto anche al personale della base e
giudicato non bonificabile dalle autorità militari».
L’ispezione
è scaturita dalle denunce presentate alla Squadra mobile di Nuoro. Gli
inquirenti hanno potuto appurare che in quei magazzini diversi soldati che
lavoravano come magazzinieri si erano ammalati tutti della stessa patologia: linfoma di Hodgkin. Uno dei tumori più
aggressivi. La Procura di Lanusei indaga per «omicidio plurimo, danni ambientali e omissione di controllo». Il
poligono di tiro della Difesa viene utilizzato anche da altri eserciti e da
multinazionali degli armamenti che testano armi di ogni tipo, coperti dal
segreto di Stato, dagli omissis della Nato
e delle industrie di morte. Gli inquirenti hanno scovato nell’ordine: un
missile con 100 chili di esplosivo impigliato nelle reti di un peschereccio,
una discarica sottomarina fatta di vecchie bombe e rottami di radar e un sito
abusivo pieno di bersagli.
Numeri da incubo - Nel 2006 interviene la Regione Sardegna: si
esamina un campione di 26.130 abitanti su un territorio di 10 comuni. Il
periodo di riferimento va dal 1981 al 2001. Risultato? Si rileva una crescita di tumori del sistema linfoemopoietico.
Significa mielosi e leucemie. Trentasei
morti. Sopra la media, ma non abbastanza da non rappresentare una prova
diretta e inequivocabile. In effetti, per verificare se in quel territorio ci
sono troppi tumori basta fare una banale operazione aritmetica. Bisogna
incrociare i dati dell’indagine della Regione con le cifre fornite dall’Asl 8
sui casi a Villaputzu tra il 1998 e il 2001 e su quelli a Muravera-San Vito
nell’anno 2000. Risultato? Il 75 per cento dei morti - 27 su 36 - sono
concentrati in un piccolo pezzo di terra tra Villaputzu, Muravera e San Vito. Un’area,
nemmeno troppo popolata, che non ha nulla attorno, se non il poligono militare.
E, per la cronaca, i 14 morti di Villaputzu sono quasi tutti nella frazione di
Quirra, che conta 150 abitanti. Nel gennaio del 2011 arriva un’ulteriore
conferma. Due veterinari dell’Asl di Cagliari e Lanusei, insospettiti
dall’eccessivo numero di pecore malformate, iniziano a contare quanti uomini e
quanti animali si ammalano. Risultato? Dieci pastori su 18 che lavorano entro
un raggio di 2,7 chilometri dalla base hanno la leucemia.
Vittime insabbiate - Un lancio dell’agenzia Agi (2 aprile 2007)
avvertiva: «Capo Frasca: Accame, “avieri sgombra-bossoli morti o ammalati”. Nel
poligono militare di Capo Frasca, in Sardegna, giovani avieri erano impiegati
nella raccolta a mani nude degli ordigni sganciati dagli aerei durante le
esercitazioni militari. Lo denuncia il presidente dell’Anavafaf, l’Associazione
nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei
caduti, in riferimento ai casi di Ugo
Pisani, Gianni Fredda e Maurizio
Serra, che prestarono servizio come Vam, addetti alla vigilanza dell’aeroporto,
nel poligono sardo». L’assassino è conosciuto con la sigla U 238: uranio
impoverito che ha tolto la vita a Gianni Faedda e Maurizio Serra due Vam del
poligono di Capo Frasca costretti a sgomberare a mani nude e senza nessuna
protezione dalle polveri di uranio impoverito i proiettili sganciati dagli
aerei nella base addestrativa. Nel 2006 il padre di uno dei due avieri morti, Antonio Serra, aveva incaricato
l’avvocato di avviare la battaglia legale per il risarcimento dal ministero
della Difesa ai sensi della legge 308/81, che prevede elargizioni speciali per
infortunio o decesso in servizio. Ma undici mesi più tardi il Ministero ha
negato l’indennizzo.
Bombe a Capo Teulada - Gli ordigni sono adagiati sul fondo del
mare. Basta allungare lo sguardo, oltre il manto trasparente dell’acqua, per
distinguere i letali cilindri metallici. “Bombe sono”, dice Antonio Loru, volto marchiato dal sole
come quello degli altri pescatori di Teulada e Sant’Anna Arresi. I quali, appese reti e nasse al recinto del
Poligono militare di Capo Teulada, sono scesi in sciopero. E’ dal dicembre 2003
che protestano pubblicamente, ma le istituzioni statali non ascoltano. Quando
le condizioni meteomarine lo consentono, escono sui loro pescherecci a sfidare
i giochi di guerra, rallentando una macchina bellica che non ammette soste
forzate. Stazionano giornate intere nelle acque su cui il transito è
permanentemente vietato. E rischiano anche di prendersi qualche cannonata,
scendendo in mare a manovre iniziate. Infatti, proprio come i civili che
nell’isola portoricana di Vieques,
hanno costretto gli americani a abbandonare la base, i pescatori occupano le
zone di tiro durante le esercitazioni. Qui hanno gettato le reti per decenni
nei giorni in cui non si sparava. Adesso non possono più farlo. Da qualche
tempo fioccano le multe: due tre, cinquemila euro. E i settanta pescatori
invisibili all’opinione pubblica nazionale si sono ribellati. Chiedono a gran
voce la bonifica di almeno qualche miglio lungo la costa. Hanno barche piccole,
nasse e tramagli devono essere calati su fondali non tropo alti. Fondali che
pullulano di bombe. Questa zona che va all’incirca da Porto Pino all’Isola
Rossa, è permanentemente interdetta al transito dei mezzi e delle persone per
la presenza di residuati esplosivi «di
cui non è possibile o conveniente la bonifica», asserisce lo Stato maggiore dell’Esercito italiano.
L’operazione di ripulitura comporterebbe dieci, quindici anni di lavoro e una
spesa che, si ipotizza, potrebbe oscillare intorno a qualche centinaio di
miliardi di vecchie lire. I pescatori chiedono di svolgere la loro attivitÃ
nell’immensa zona a mare interdetta, l’unica accessibile alle loro piccole
imbarcazioni, ed “esigono” che l’area, come impongono leggi e regolamenti delle
Forze Armate italiane, sia bonificata, ripulita dall’accumulo di ordigni
bellici esplosi e inesplosi. Per poter ripulire il tratto di mare sottoposto da
50 anni a schiavitù militare e mai bonificato, a detta di alcuni militari,
bisognerebbe sospendere tutte le attività del poligono per circa 15 anni.
Uraniopoli - Un ammiraglio ha valutato “a occhio” i
costi dell’operazione e ha affermato (rifiutando che fosse messo a verbale) che
“per la Difesa sarebbe economicamente
più conveniente regalare una villetta in Tunisia a tutti i teuladini
accollandosi anche le spese di trasferimento”. Quante sono le bombe? Un
numero indefinito, gli stessi militari non sanno dire. Sono un omaggio per
quasi mezzo secolo di attività del Poligono militare di Capo Teulada. Alcune
forse inattive, altre solo inesplose. Ma chi potrebbe distinguerle? “Io
combatto da 65 anni. C’era la guerra quando sono nato e non è ancora finita”,
commenta ancora Loru. “Da 33 anni mi sveglio alle 4 del mattino per pendere il
mare, ma sono a casa mia”. Aveva 12 anni quando la sua e altre 250 famiglie
furono costrette a svendere la casa per quattro lire per consentire la
costruzione del Poligono.
E’
un conflitto lungo, estenuante, complicato, perché le forze militari
internazionali pagano salato, per martoriare con ordigni d’ogni genere
(compreso l’uranio impoverito, come documentano le relazioni di servizio della
Nato) questi 7.200 ettari di terra - e uno specchio di mare largo all’incirca
un quinto dell’isola - acquistati dalle famiglie che abitavano lì. Ma il peso
contrattuale di questo nugolo di pescatori cresce: maggiore è l’esercitazione
che disturbano, maggiore il danno. Nel frattempo, la popolazione del comune di
Teulada, dimezzatasi dacché esiste il Poligono, registra ufficialmente il
notevole incremento di svariate forme tumorali e già nel 2000, prima che fosse
di dominio pubblico la questione dell’uranio impoverito, sui muri del paese si
leggeva: «Benvenuti a Uraniopoli». Il colonnello Mongiorgi, comandante del
Poligono, nega con fermezza che vengano utilizzate armi all’uranio e dice:
“Controlliamo le munizioni di tutti quelli che vengono qui a sparare”. Anche
quelle delle navi straniere? Risposta: “No comment”.
Le esercitazioni navali - come quelle della Seconda flotta Usa, che
viene a sparare qui soprattutto da quando è stata cacciata dall’isola di
Vieques, segnata dall’alto grado di tumori e malattie polmonari, cardiache,
cardiovascolari, da diabete e alta mortalità infantile - si effettuano con
cannonate che dal mare puntano verso terra e comportano l’interdizione di un
tratto di acqua molto ampio. Un esempio illuminante quanto alla considerazione
militare per l’incolumità della popolazione civile proviene addirittura dagli
States. Dal 1977 ogni tre mesi la US
Navy svolge esercitazioni a pochi chilometri dalla costa statunitense,
sparando proiettili all’uranio impoverito che vengono così disseminati in mare,
in aree che sono al tempo stesso dedite alla pesca. E’ il nome del cannone
prodotto dalla Raytheon e installato su quasi tutte le navi da combattimento
statunitensi; spara fino a 4500 proiettili da 20 millimetri al minuto,
contenenti un penetratore di uranio impoverito da 15 millimetri. Noncurante dei
gravi rischi ambientali, la US Navy ha da sempre optato per l’economico ma
letale uranio impoverito, e, continua ad utilizzarlo nonostante tempo fa avesse
annunciato l’intenzione di passare al tungsteno. Solo di recente Glen Milner
del gruppo pacifista Ground Zero è venuto in possesso di un documento che
dimostra come la marina militare continui ad utilizzare per queste
esercitazioni proiettili all’uranio impoverito, e le svolga in aree vicino alla
costa di Washington e Seattle. Ciò ha suscitato notevoli preoccupazioni tra i
pescatori e nella popolazione locale, anche perchè sono note le conseguenze
dell’uso di queste armi nell’ambiente durante le guerre in Iraq, Jugoslavia e
Afghanistan. La US Navy non ha fornito informazioni ulteriori su come si
svolgono queste esercitazioni, ma i cittadini delle zone coinvolte sono
comunque determinati a fare chiarezza e in caso a denunciare la marina militare
statunitense.
E’
comunque difficile per gli autoctoni, che di incidenti ne hanno visti e subiti
parecchi, credere che sia tutto sotto controllo. Sanno bene, infatti, che le
bombe inesplose nei fondali vengono trascinate dalle correnti anche miglia e
miglia oltre le zone interdette. Spesso le cannonate sparate dal Poligono piovono
sulla zona libera di Porto Pino, sorvolando le teste dei residenti e degli
occasionali visitatori. E succede anche che i carristi finiscano sempre per
errore con i loro cingolati in qualche centro abitato. Le maggiori
preoccupazioni, tuttavia, riguardano i rischi per la salute. L’incidenza di
leucemie, tumori e malformazioni alla nascita nelle zone intorno alle basi
militari è una coincidenza che spalanca squarci inquietanti e imbarazzanti. Un
sempre maggiore numero di cittadini sardi -sostenuti dal Comitato Gettiamo le
Basi- chiede che i poligoni e la basi dell’isola siano sottoposti a indagine
super partes, a controlli permanenti e scientificamente qualificati: da Teulada
a Quirra, da Perdasdefogu a Decimomannu, fino a Capo Frasca e alla base Usa di
sommergibili a propulsione ed armamento nucleare di Santo Stefano (arcipelago
La Maddalena), sloggiata nel 2008.
Verità e giustizia - «Per gli uccisi da veleni di guerra e di
poligono» esigono alcune associazioni locali: “Comitato Sardo gettiamo le basi”, Famiglie militari uccisi da tumore”, “Comitato Su Santidu”, “Comitato
Amparu”. Si chiede di fermare la strage di Stati. «Dal 15 luglio 2011 il
rappresentante del Governo ci offre molte parole di umana comprensione, il
Governo permane in silenzio tombale» ripetono i responsabili delle associazioni
in pacifica mobilitazione. La Procura della Repubblica di Lanusei con prove
inoppugnabili ha risolto il mistero - che da 11 anni si vuole tale - del
disastro ambientale e sanitario causato dal poligono Quirra-Perdasdefogu. Ha
trovato alcune delle “armi del delitto”: lo smaltimento della spazzatura
bellica Italia-Nato, sia in discariche fuorilegge, sia con i brillamenti
fuorilegge, e conseguente contaminazione di aria, suolo, acque; le emissioni
radar; il torio radioattivo sparso dai missili, accumulato e conservato nelle
povere ossa degli uccisi. Ha messo sotto accusa: alcuni degli intoccabili in
divisa, otto generali, un maggiore, due colonnelli, il tenente ex sindaco di
Perdasdefogu; alcuni complici di alcuni dei depistaggi, i sei responsabili di
due indagini “scientifiche” truffa approntate dal ministero della Difesa; due
esponenti della vasta “zona grigia” dedita all’ostinata rimozione
dell’evidenza. Il sindaco di Perdasdefogu e l’epidemiologo medico competente del poligono sono indagati
per ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato. Nulla
toglie alla dimostrazione oggettiva del nesso causale tra le attività militari
e la strage l’ipotesi, purtroppo realistica,
che “gli intoccabili” evitino l’accusa di omicidio plurimo volontario. I
meandri e i mille rivoli della catena di comando, la distribuzione di
responsabilità in un groviglio inestricabile di livelli (dal soldato che ha
eseguito l’ordine al Capo Supremo delle Forze Armate Italiane, ai vertici Nato)
garantiscono l’anonimato, rendono improbabile individuare gli assassini con
nome e cognome. Il Governo Monti ha
l’obbligo impellente di sospendere subito le attività dei poligoni che
devastano la Sardegna, non solo in base al principio di precauzione, ma anche
in osservanza degli atti parlamentari d’indirizzo per l’Esecutivo, datati 23 febbraio 2011, che hanno impartito la
direttiva di chiudere i poligoni “ove emergessero oggettive situazioni di
rischio” o “qualora risultasse un collegamento con l’alta incidenza dei tumori
registrata”. Le due mozioni complementari del centrodestra e del
centrosinistra, approvate dal Senato all’unanimità , sono un punto fermo.
L’indagine della Procura, con la forza dell’evidenza sostenuta da prove inconfutabili,
ha fatto cadere “ogni ragionevole dubbio” sul nesso causa-effetto. Non esistono
più scappatoie. Ricordiamo le parole pronunciate in aula il l’anno scorso dal
firmatario della mozione della maggioranza Pdl a sostegno della chiusura dei
poligoni in Sardegna: «C’è un dato ormai acclarato. In quei territori abbiamo
un’incidenza particolarmente alta di tumori (…) vi sono anomalie nella nascita
degli animali allevati. Insomma il nesso esiste ed ormai non possiamo
procrastinare una decisione». Si esige dalla Regione Sardegna «l’apertura di una
vertenza forte con lo Stato e faccia valere in tutte le sedi e con tutti gli
strumenti di sua competenza: la cessazione dei “giochi di morte” del ministero
della Difesa e delle Forze Armate; il diritto alla salute e all’ambiente
salubre; il diritto all’equa distribuzione dei gravami militari; l’obbligo di
chi ha inquinato a disinquinare e farsi pieno carico dei danni». Dal Governo
Monti, invece, si pretende «la sospensione delle attività dei poligoni dove si
sono registrate le patologie di guerra; l’evacuazione dei militari esposti alla
contaminazione dei poligoni di Teulada, Decimomannu-Capo Frasca, Quirra; il ripristino
ambientale, bonifica seria e credibile delle aree contaminate a terra e a mare;
il Risarcimento ai malati e alle famiglie degli uccisi, ed il risarcimento al
popolo sardo del danno inferto all’isola».
Cagliari
31 - 16mar2012
Cagliari
35 - 16mar2012
Ordinanza
41 – 2012
Ordinanza
51 – 2012
Jaap de Hoop Scheffer. |
Neonato malformato. |
Guerra. |
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