Di Stella Spinelli
Sfidando le frontiere
nazionali, le popolazioni indigene di tutti i paesi latinoamericani si
stanno organizzando come mai è successo prima per opporsi ai
mega-progetti che stanno minacciando i loro territori e le loro
politiche di integrazione. L’intento è presentarsi compatti all’Onu,
all’Unasur, all’Osa e reclamare i propri diritti. Sono attaccati alle
tradizioni e alla loro terra, ma hanno capito che usare gli strumenti
tecnologici per la loro causa è l’unica via per vincere questa battaglia
impari contro i colossi del business.
Aiutati
da tecnologie moderne e da retaggi storici che li uniscono da sempre,
dunque, condivideranno i successi ottenuti con i rispettivi governi e
con le varie imprese e troveranno la forza e le strategie giuste per
scongiurare la distruzione e lo sterminio delle loro culture legate a
doppio filo alla terra e agli ecostistemi. Studiare le esperienze di
popoli che dalla colonizzazione sono costretti a lottare contro lo
spettro dello sterminio e imparare per ripetere quelle vittorie.
“Stiamo
studiando tutte le conquiste dei popoli originari del continente per
approfittare di questa esperienza e farla nostra per lottare qui in
Brasile – ha spiegato alla Bbc Marcos Apurinã, coordinatore generale
della Coordinación de las Organizaciones Indígenas de la Amazonía
Brasileña (Coiab) -. I nostri problemi sono praticamente identici a
quelli che soffrono gli indigeni di altri paesi”. Un modus operandi
condiviso da tutte le organizzazioni nazionali e dai grandi movimenti
regionali, che vanno oltre i confini statali, come la Coordinación de
las Organizaciones Indígenas de la Cuenca Amazónica (Coica), che
riunisce tribù dal territorio ecuadoriano, boliviano, brasiliano,
colombiano, peruviano, venezuelano, della Guyana, della Guayana Francese
e del Suriname.
I membri del Coica si ritrovano sempre più di
frequente per capire le forme più efficaci di far pressione sui governi
affinché delimitino ufficialmente i territori ancestrali – passo
fondamentale per difendere il territorio dall’aggressione di
multinazionali o aziende interessate al solo profitto – o per capire
come appellarsi efficacemente agli organismi internazionali per far
valere i loro diritti protetti dalla Convenzione 169 adottata nel 1989
dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo); o infine come
contrastare e resistere al devastante impatto dei megaprogetti: da
quelli idroelettrici a quelli petroliferi, passando per le grandi
monoculture estensive in nome dell’ecologia.
“Ci preoccupa molto
la nuova forma di sviluppo conosciuta come economia verde – confida alla
Bbc Rodrigo de la Cruz, coordinatore tecnico di Coica -. Lo
interpretiamo come uno sforzo per sfruttare ancora di più le risorse
naturale dei territori ancestrali”. E prosegue elencando alcune opere
devastanti per le popolazioni indigene dell’America Latina: la centrale
idroelettrica di Belo Monte in Brasile; la strada che attraverserà il
parco nazionale Tipnis in Bolivia; lo sfruttamento petrolifero di
Yasuní, la grande riserva di biosfera nel cuore dell’Amazzonia
ecuadoriana; la strada Bolaños-Huejuquilla in Messico; e il progetto
Mesoamérica che dovrebbe creare una rete elettrica e di trasporto dal
Messico alla Colombia.
È su queste e su tutte quelle già
realizzate in passato contro le quali si sono scagliate le proteste
indigene che verteranno gli incontri dei popoli nativi decisi a unire le
loro forze e le loro esperienze. Al di là di ogni confine nato
centinaia di anni dopo la nascita di quei popoli e imposti per ragioni
economiche dai colonizzatori. Anzi, quelle frontiere crearono spesso
profonde divisioni fra i medesimi popoli, che le subirono con
conseguenze molto gravi.
Secondo quanto dichiarato
dall’antropolgo Ricardo Verdum dell’Università di Brasilia, i popoli
indigeni hanno iniziato a programmare incontri internazionali già dalla
decade del 1960-70, quando i paesi africani e asiatici stavano lottando
per liberarsi dal giogo europeo. Un dialogo che ebbe la sua maggiore
evoluzione nella Convenzione 169 dell’Ilo del 1989 e nella Dichiarazione
Onu sui diritti dei popoli indigeni del 2007. Ma a rendere
particolarmente efficace e rivoluzionaria questa nuova fase dei colloqui
è l’uso di internet, usato per tenersi costantemente in contatto e
allineare le proprie posizioni su ogni aspetto delle loro vite. Sempre
più frequenti sono i blog e l’organizzazione di videoconferenze per
annullare le distanze e discutere di tutto, unendo intenti e strategie. E
lo scambio è diventato dunque anche extra-continentale in vista di
sfide sempre più grandi e impegnative.
Fonte: http://www.eilmensile.it/2012/04/26/america-latina-indigeni-uniti-contro-i-mega-progetti/
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