Di Michele Paris
Le immagini dei militari americani in posa con i corpi smembrati di militanti islamici afgani, pubblicate mercoledì dal Los Angeles Times,
hanno messo in luce per l’ennesima volta negli ultimi mesi l’estremo
disprezzo mostrato dagli Stati Uniti verso una popolazione costretta a
subirne l’occupazione da oltre un decennio. Il quotidiano della
California ha diffuso solo due delle 18 foto fornite da un anonimo
soldato della 82esima Divisione Aerotrasportata di stanza a Fort Bragg,
in North Carolina, della quale fanno parte gli stessi militari che
appaiono nelle agghiaccianti immagini.
Le fotografie sono state
scattate in due occasioni, nel febbraio e nell’aprile 2010, da oltre una
decina di militari americani, affiancati da alcuni membri dell’esercito
afgano, inviati nella provincia meridionale di Zabul per identificare
tramite impronte digitali e scansione della retina i resti di estremisti
islamici che si erano fatti esplodere nel corso di attentati suicidi.
La rivelazione del Los Angeles Times
arriva solo a poche settimane di distanza da altri gravissimi episodi
che avevano fatto esplodere la rabbia della popolazione locale nei
confronti degli occupanti americani e che avevano palesato ancora una
volta la falsità della pretesa di Washington di condurre in questo paese
una “guerra giusta” per la liberazione degli afgani.
Nel solo
2012, infatti, gli Stati Uniti hanno dovuto far fronte alle reazioni
scatenate dalla diffusione di un video in rete nel quale un gruppo di
Marines urinava sui corpi di afgani uccisi, dal rogo di copie del Corano
presso una base militare e, da ultimo, dal massacro di 16 civili
compiuta da un soldato americano in un villaggio nella provincia di
Kandahar.
Come per i precedenti episodi, anche quest’ultimo portato alla luce dal Los Angeles Times
è stato immediatamente seguito dalla condanna dei vertici politici e
militari statunitensi, i quali nuovamente hanno descritto i fatti come
l’azione di persone disturbate o sotto stress a causa della lunga
permanenza in un teatro di guerra. Dal momento che simili rivelazioni
sono rese possibili solo grazie alle rare informazioni passate ai media o
pubblicate sul web da singoli soldati, è altamente probabile che
comportamenti del genere siano piuttosto la regola in Afghanistan e
altrove.
Seguendo il consueto copione, inoltre, il Pentagono e la
Casa Bianca hanno promesso l’ennesima indagine per portare i
responsabili davanti alla giustizia, anche se, come per i fatti
precedenti, c’è da credere che seri provvedimenti punitivi non saranno
presi nemmeno in questa occasione.
Ancora più preoccupante è stato poi il tentativo fatto dal Pentagono di bloccare la pubblicazione delle stesse immagini. Il Los Angeles Times
in un editoriale ha rivelato che, dopo aver ricevuto le foto qualche
settimana fa, ne aveva mostrate alcune al Dipartimento della Difesa. In
seguito alla consultazione, il Pentagono ha chiesto al giornale di non
diffonderle ma il quotidiano, “dopo un intenso dibattito” interno, ha
optato per la pubblicazione di solo due immagini, corredate da un
articolo del corrispondente da Kabul, David Zucchino.
L’invito al Los Angeles Times
a tenere nascosto il materiale è stato confermato da Bruxelles dallo
stesso Segretario alla Difesa, Leon Panetta, durante una conferenza
della NATO. Secondo quanto riportato dalla CNN, Panetta avrebbe fatto
pressioni direttamente sui responsabili del giornale, “perché il nemico
utilizza questo genere di immagini per incitare alla violenza”.
In
sostanza, per gli USA, gli afgani non dovrebbero sapere quello che
fanno gli occupanti americani nel loro paese, altrimenti esploderebbe
una più che giustificata reazione popolare per chiederne
l’allontanamento immediato. Il tentativo di occultare le fotografie è
volto anche ad evitare di far conoscere la realtà della guerra in
Afghanistan ai cittadini americani, sempre più stanchi di un conflitto
senza alcuna soluzione in vista.
Alle parole di Panetta vanno
aggiunte quelle del portavoce dell’esercito USA, colonnello Thomas
Collins, il quale è sembrato attribuire la colpa di quanto accaduto alla
tecnologia e ai social media. Per Collins, cioè, queste rivelazioni
dipendono dal fatto che non si può controllare l’uso dei cellulari e
l’accesso alla rete dei soldati, come se il problema non fosse tanto
l’episodio in sé quanto il fatto che esso venga reso pubblico.
Di fronte alla stampa, Panetta ha anche ribadito che i fatti portati alla luce dal Los Angeles Times
“non testimoniano ciò che rappresenta la grande maggioranza dei nostri
uomini e delle nostre donne in uniforme”. In realtà , pur essendo opera
di singoli, fatti simili rappresentano esattamente la natura stessa
dell’imperialismo americano e il suo infliggere sofferenza ed
umiliazione ai popoli dei paesi occupati per la difesa dei propri
interessi strategici.
Di
fronte all’indignazione crescente nel paese verso l’occupazione,
giovedì il presidente Hamid Karzai ha chiesto alla NATO di accelerare il
processo di ritiro delle truppe straniere dall’Afghanistan, per evitare
il ripetersi di “esperienze dolorose” come quella di vedere soldati
americani in posa con corpi mutilati di cittadini afgani.
Quest’ultimo
episodio getta una nuova ombra sulle trattative in corso per chiudere
l’occupazione stessa e assicurare agli Stati Uniti una sostanziosa
presenza militare in Afghanistan dopo il 2014, così da presidiare un
paese situato in una posizione fondamentale per l’accesso alle ingenti
risorse energetiche dell’Asia centrale.
Il governo di Kabul,
peraltro, non è disturbato più di tanto dal comportamento degli
occupanti, da cui dipende interamente per la propria sopravvivenza
fisica e politica, quanto per la possibile esplosione della rabbia
popolare che finisce per alimentare una resistenza sempre più
agguerrita.
L’odio diffuso anche in seguito a fatti come quelli documentati dal Los Angeles Times,
infine, rischia di rendere ancora più precari gli equilibri militari
per le forze NATO in concomitanza con l’apertura della consueta
offensiva di primavera dei Talebani, inaugurata proprio qualche giorno
fa con un assalto spettacolare ad alcuni edifici governativi di Kabul, e
in altre località del paese, annientato a fatica solo dopo parecchie
ore di assedio.
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