Usa, l’assassinio è legale

mar 10, 2012 0 comments

Di Michele Paris
In un agghiacciante discorso tenuto qualche giorno fa presso la Northwestern University Law School di Chicago, il ministro della Giustizia americano (“Attorney General”), Eric Holder, ha annunciato pubblicamente i principi “legali” su cui si basa la facoltà del presidente degli Stati Uniti di ordinare segretamente l’assassinio mirato di presunti terroristi, cittadini americani compresi, in ogni angolo del pianeta. L’intervento di Holder sancisce in pratica la soppressione di ogni controllo sul potere esecutivo, traducendosi in un pericoloso assalto ai diritti democratici garantiti dalla costituzione.
L’attesa uscita pubblica del primo ministro della Giustizia di colore della storia americana arriva in seguito alle richieste di chiarimento provenienti da più parti circa i fondamenti legali che hanno portato all’uccisione lo scorso settembre in Yemen di Anwar al-Awlaki, il predicatore islamista nato in Nuovo Messico e con cittadinanza statunitense. In quell’occasione, una bomba sganciata da un drone tolse la vita anche ad un secondo cittadino americano, il fondatore della rivista di Al-Qaeda in lingua inglese Inspire, Samir Khan. Due settimane più tardi, la stessa sorte di Awlaki sarebbe inoltre toccata al figlio appena sedicenne, Abdulrahman.
Anwar al-Awlaki era finito sulla lista nera della Casa Bianca nell’aprile del 2010 senza che fossero state rese pubbliche eventuali prove a suo carico e senza passare attraverso un normale procedimento legale. L’elenco dei sospettati di terrorismo da “uccidere o catturare” viene stilata in tutta segretezza da una ristretta cerchia di consiglieri del presidente e nei loro confronti il governo americano ha la facoltà di agire da giudice unico nonché esecutore della pena.
Holder ha inquadrato il suo discorso nell’ambito della guerra al terrore, riecheggiando in maniera inquietante la retorica dell’amministrazione Bush, volta a suscitare il panico nei cittadini statunitensi. Per il ministro della Giustizia, nel caso non sia possibile catturare vivi individui sospettati di essere legati ad Al-Qaeda e che rappresentano una minaccia imminente per la sicurezza nazionale - qualora si trovino in un paese che non è in grado di eliminare tale minaccia o che ha concesso agli USA il permesso di colpirli - “il nostro governo ha chiaramente l’autorità di difendere il paese tramite un uso letale della forza” e “la sola cittadinanza americana non conferisce alcuna immunità a questi individui”.
Come giustificazione legale per gli assassini mirati, Holder ha citato l’Autorizzazione all’Impiego della Forza Militare, il provvedimento approvato dal Congresso il 14 settembre 2001 e firmato dal presidente George W. Bush quattro giorni più tardi, in seguito all’attacco contro le Torri Gemelle. Inizialmente intesa a colpire membri di Al Qaeda e i Talebani, ritenuti responsabili dell’11 settembre, tale misura è servita per scatenare la guerra contro il governo afgano e, da allora, è stata violata in continuazione per legittimare uccisioni di presunti terroristi, ma anche per la messa in atto di tutta una serie di pratiche abusive che hanno caratterizzato un decennio di guerra al terrore, come torture, “rendition”, detenzioni indefinite, tribunali militari, invasione della privacy dei cittadini e la creazione del lager di Guantanamo.
Secondo Holder, dal momento che gli Stati Uniti si trovano a combattere una guerra al terrore dai contorni sempre più oscuri, l’autorità legale assegnata alla Casa Bianca per condurre operazioni di questo genere “non è limitata al solo campo di battaglia dell’Afghanistan”, mentre viene del tutto esclusa l’applicazione del decreto presidenziale emanato nel 1975 da Gerald Ford che vieta gli assassini extragiudiziari da parte del governo e delle sue agenzie.
Il passaggio del discorso di Holder con le più gravi implicazioni è probabilmente quello in cui afferma che la costituzione americana garantisce un “giusto processo” ma non un “processo giudiziario”, cioè l’insieme di regole e norme previste da un normale procedimento legale in un’aula di tribunale.
Una simile interpretazione subordina alla discrezione dell’esecutivo la validità di una serie di principi democratici fondamentali contenuti nei primi dieci Emendamenti della Costituzione americana, approvati nel 1791, tra cui l’habeas corpus, il diritto ad un processo pubblico e di ragionevole durata, il diritto ad una giuria imparziale o il diritto all’assistenza di un legale. Il tutto in nome delle esigenze della sicurezza nazionale di un paese impegnato in una guerra al terrore dalla più che dubbia legittimità.
Infatti, questo conflitto sui generis è in realtà il pretesto per giustificare la continua espansione del militarismo e dell’imperialismo USA, manifestatosi in questi anni in una serie di guerre di aggressione non provocate e, sul fronte domestico, nella progressiva erosione dei diritti democratici della popolazione.
Che tale pericolosa evoluzione rifletta la volontà di tutta la classe dirigente statunitense è evidente dal fatto che le pratiche inaugurate dall’amministrazione Bush sono state proseguite e spesso superate dall’attuale inquilino democratico della Casa Bianca. Non a caso, la sanzione legale data da Holder agli assassini mirati segue di poco più di due mesi la firma posta da Obama su un provvedimento che ratifica la detenzione indefinita presso l’autorità militare di sospetti terroristi, compresi i cittadini americani arrestati sul territorio dell’Unione.
Il discorso di Holder ha suscitato le dure reazioni delle organizzazioni per i diritti civili, tra cui l’ACLU (American Civil Liberties Union), la quale aveva citato il governo di Washington per indurlo a rendere pubblici i documenti riservati relativi all’assassinio di Awlaki in Yemen. Secondo la ONG newyorchese, “ben poche sono le cose più pericolose per la libertà della tesi secondo la quale il governo americano ha la facoltà di uccidere propri cittadini ovunque nel mondo sulla base di prove e standard legali non sottoposti ad una corte, né prima né dopo il fatto”.
Ancora più preoccupante, se possibile, è anche lo spazio dedicato al discorso di Holder dai principali media d’oltreoceano. Pur avendo coperto le dichiarazioni del ministro della Giustizia, essi hanno pressoché totalmente evitato di analizzarne le implicazioni. Nessun politico, ovviamente, ha infine sentito la necessità di denunciare le parole di Holder o di evidenziare la minaccia portata ai diritti democratici negli Stati Uniti da una dottrina legale che sta gettando le basi per la creazione di quello che assomiglia sempre più ad un vero e proprio stato di polizia.

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