Riciclaggio vaticano
Intervista di Enrico Piovesana a Ferruccio Pinotti
E’ di pochi giorni fa la clamorosa notiza che la filiale milanese della nota banca d’affari americana JP Morgan ha chiuso il conto dello Ior, la banca vaticana, in quanto “cliente a rischio” per la sua scarsa trasparenza in materia di norme antiriciclaggio e per la sua non collaborazione con le indagini in merito condotte da tempo dalla Procura di Roma. Per le stesse ragioni il mese scroso il Vaticano è stato inserito nella ‘lista nera’ Usa dei Paesi “vulnerabili al riciclaggio”. E ora l’istito d’oltretevere rischia pure di non venire incluso, a luglio, nella ‘lista bianca’ della Ue delle banche trasparenti.
E online ha chiesto un commento a Ferruccio Pinotti, giornalista esperto in materia e autore di numerosi libri-inchiesta sui torbidi della finanza ecclesiastica (Poteri forti, Opus Dei segreta, La lobby di Dio).
Pinotti, perfino una banca come JP Morgan, cui certo non manca il pelo sullo stomaco, scarica la banca vaticana. Cosa ne pensa?
Se un colosso bancario del genere, che ha poltiche molto disinvolte e che ha disposizione mille trucchi tecnici per tutelarsi da eventuali rischi legati alle attività dei suoi clienti, arriva al punto di chiudere i rapporti con un cliente così importante e lucroso come lo Ior, vuol dire che ha sentito puzza di bruciato. E’ un segnale estremanete inquietante, che fa sorgere nuovi interrogativi molto pesanti sulla qualità delle operazioni finanziarie effettuate dalla banca vaticana.
Del resto, come si legge nei suoi libri, è da decenni che questi interrogativi gravano sullo Ior…
Fin dal secondo dopoguerra il Vaticano gestisce una rete finanziaria, messa in piedi dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e da istituti bancari svizzeri allo scopo di trasferire all’estero e movimentare sulle piazze finanziarie mondiali gli enormi capitali gestiti dallo Stato Vaticano: quelli delle donazioni provenienti da tutto il mondo, quelli degli ordini religiosi e delle congregazioni, ma anche quelli di privati. Questi ultimi possono essere capitali ‘puliti’ depositati presso lo Ior al solo scopo di eludere il fisco italiano, ma spesso ci sono stati di mezzo anche soldi ‘sporchi’ e capitali illeciti o di dubbia provenienza.
Ad esempio?
Per esempio il riciclaggio di capitali mafiosi o frutto di riscatti di sequestri di persona, come emerso dall’inchiesta condotta dal magistrato romano Luca Pescaroli sul Banco Ambrosiano e come hanno testimoniato numerosi pentiti di mafia. O la vicenda di Michele Sindona e i loschi affari con gli ambienti della massoneria. Ricordiamo anche la famosa tangente Enimont, che transitò parzialmente per lo Ior. O il suo recente coinvoglimento nella vicenda della truffa del Mudoff dei Parioli, Gianfranco Lande. Nonostante la recente adozione di normative per la trasparenza, la banca vaticana rimane un ‘buco nero’ del sistema finanziario italiano, europero e globale.
Tanto che a luglio lo Ior rischia di non entrare nella ‘lista bianca’ del Consiglio d’Europa?
Il rischio che il Vaticano decida di chiudersi a riccio facendo valere la sua extraterritorialità è reale. Le difficoltà che la Procura di Roma sta incontrando nel far luce sui conti esteri dello Ior, così come la chiusura del suo conto da parte di JP Morgan, dimostrano che la banca vaticana, al di là delle dichiarazioni del suo presidente Ettore Gotti Tedeschi, non risponde ancora a quei requisiti di trasparenza che un soggetto finaziario del suo calbro dovrebbe rispettare.
Da E-il Mensile
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