Di Stella Spinelli
Il presidente del Guatemala ha accusato gli Stati Uniti di aver convinto alcuni premier centroamericani a non partecipare al summit sul narcotraffico e le politiche antidroga dello scorso fine settimana ad Antigua, per paura che la regione arrivi a un accordo per depenalizzare le droghe.
Otto Pérez Molina non ha usato mezzi termini nell’interpretare l’assenza di El Salvador, Nicaragua e Honduras alla Cumbre voluta dal Guatemala e alla quale hanno dunque partecipato soltanto Panamá e Costa Rica. Si trattava di un appuntamento per affinare una misura comune a tutta l’area da presentare alla VI Cumbre de las Americas che si terrà a Cartagena de Indias, in Colombia, il 14 e il 15 aprile prossimi. Ritrovarsi di fronte un blocco compatto promotore della depenalizzazione del consumo di droga – dietro la filosofia che legalizzarla significherebbe abbattere la criminalità che le ruota attorno – avrebbe complicato troppo il dibattito per Washington, storicamente contrario a ogni passo in questa direzione.
Molina ha raccontato nel dettaglio le pressioni ricevute da San Salvador: “A Funes hanno parlato dagli Usa, affinché non assistesse, ed egli ha preferito lasciarsi convincere e prestarsi al boicottaggio. E infatti è lui ad aver avvertito gli altri presidenti”. Quindi ha invitato i suoi omologhi regionali a decidere autonomamente: “Dobbiamo essere capaci di fare proposte, non possiamo restare sempre a testa bassa”. Un invito al quale è comunque seguita una precisazione: “Non intendo iniziare uno scontro con gli Stati Uniti”, che incutono sempre molto timore, specie in una zona da sempre considerata il giardino di casa di Washington.
Non si è fatta attendere la risposta di Funes, che ha rigettato ogni accusa e assicurato che la sua assenza dalla Cumbre di Antigua – così come quella di Lobo e di Ortega – è stata dettata da una posizione autonomamente contraria alla depenalizzazione del consumo di droga. Una misura che per il capo di Stato guatemalteco, salito al potere da due mesi, è fondamentale per arginare l’ulteriore escalation di violenza di cui è teatro il Centroamerica provocata da uno peregrinare dei cartelli narcos dal Messico – dove sono sempre più pressati – ai paesi confinanti. Dunque alla già grave violenza delle maras – le tipiche bande di delinquenti di strada del Centroamerica – si sono andate a sommare, negli ultimi tempi, la presenta dei cartelli del narcotraffico, e il risultato è esplosivo, in quanto radicato in una regione con problemi sociali ed economici tragici. Si tratta della zona più povera del continente americano, molto dipendente, quindi, dagli aiuti Usa. Che non arriverebbero più se solo uno di quei presidenti osasse alzare la mano per appoggiare la posizione sulla droga di Molina.
Da E-il Mensile
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