Di Guerre e Pace
Le immagini dei marines che orinano sui cadaveri afghani sono raccapriccianti ma esprimono esattamente il significato della guerra. L'ultimo numero di Guerre&Pace fa il punto di dieci anni di Afghanistan
E' uscito il nuovo numero diGuerre&Pace, "Libertà duratura", con articoli di Manlio Dinucci, Alberto Stefanelli, Enrico Piovesana, Piero Maestri e molti altri. Al centro della rivista i dieci anni di guerra in Afghanistan. Mentre scorrono le immagini dei Marines che orinano sui cadaveri
La guerra in Afghanistan è una di quelle realtà che arriva sui nostri media in maniera saltuaria e decisamente selettiva. Malgrado la presenza di oltre 4000 militari italiani, i 3,5 miliardi di euro spesi in 10 anni, l’importanza politica e umana di qual conflitto, si parla di Afghanistan solo quando ci sono notizie “particolari” (in primo luogo militari italiani che vengono colpiti). Forse è “normale” sia così: i quotidiani non sono disposti a parlare quotidianamente di una guerra nascosta, poco “spettacolare”, poco visibile, senza colpi di scena abbastanza interessanti. Le riviste con altra periodicità dovrebbero invece prendersi l’impegno di approfondire, scavare, provare a capire cosa davvero stia succedendo, esercitare una capacità di inchiesta e autonomia critica che costa loro troppo, sia in termini di risorse che di elasticità intellettuale. E comunque non farebbe vendere.
Così c’è voluto Wikileaks perché si “scoprissero” i segreti di una guerra che già erano evidenti a chi volesse guardarli. Ma dopo un anno anche quei “segreti” sono entrati a far parte del rumore di fondo della rete, che contiene tutto, ma non è in grado di creare il necessario “scandalo” che permetta di chiedere conto ai responsabili di quella guerra quali siano i progetti e le strategie, e provare a rendere ancora forte l’opposizione a queste guerre inutili e dannose (dal punto di vista dei risultati per le popolazioni), e necessarie ai poteri planetari per mantenere il controllo e le loro relazioni gerarchiche mondiali.
Così c’è voluto Wikileaks perché si “scoprissero” i segreti di una guerra che già erano evidenti a chi volesse guardarli. Ma dopo un anno anche quei “segreti” sono entrati a far parte del rumore di fondo della rete, che contiene tutto, ma non è in grado di creare il necessario “scandalo” che permetta di chiedere conto ai responsabili di quella guerra quali siano i progetti e le strategie, e provare a rendere ancora forte l’opposizione a queste guerre inutili e dannose (dal punto di vista dei risultati per le popolazioni), e necessarie ai poteri planetari per mantenere il controllo e le loro relazioni gerarchiche mondiali.
Naturalmente non siamo gli unici a raccontare l’Afghanistan e a provare a capire ancora oggi, dopo 10 anni, i perché di quella guerra. Lo hanno fatto e ancora lo fanno altri organi di informazione indipendente (tra i quali è fondamentale Peacereporter); lo fanno quelle associazioni che ancora mantengono il loro impegno di solidarietà e relazione con la società afghana che non si piega alla guerra e alla violenza e prova a opporsi al fondamentalismo e alla corruzione.
Questo numero di Guerre&Pace prova a parlare di tutto questo: delle strategie che hanno portato all’intervento militare, e come questo sia stato portato avanti – da Usa e Nato e dal nostro bravo esercito italiano; della realtà di miseria, mancata ricostruzione, autoritarismo, violenza e sopraffazione che ancora caratterizza quel paese; delle organizzazioni democratiche, in particolare delle donne, che si oppongono da sempre al fondamentalismo talebano e dei signori della guerra e alla presenza delle truppe nato e alla loro guerra, cercando di costruire un Afghanistan diverso; delle purtroppo scarse ma non per questo inesistenti voci che anche in Italia si fanno sentire contro la guerra e la complicità italiana.
Il numero è realizzato proprio da alcune di queste esperienze, di opposizione coerente alla guerra e di analisi che ritrova temi e ragioni già fatte circolare dieci anni fa e di relazioni con le donne e gli uomini democratiche e democratici dell’Afghanistan.
Un monografico che prova a mettere insieme i pezzi di un puzzle complesso, che ha prodotto divisioni anche da noi, all’interno dello stesso movimento contro la guerra, spesso frenato dalla falsa alternativa “o con la Nato o con i Talebani”, e dalle più comprensibili preoccupazioni della società civile afghana che sperava almeno che l’intervento militare – che non avevano voluto – potesse dare loro respiro e maggiori strumenti di democrazia. Una speranza che negli anni è comunque completamente scomparsa.
Questo numero di Guerre&Pace prova a parlare di tutto questo: delle strategie che hanno portato all’intervento militare, e come questo sia stato portato avanti – da Usa e Nato e dal nostro bravo esercito italiano; della realtà di miseria, mancata ricostruzione, autoritarismo, violenza e sopraffazione che ancora caratterizza quel paese; delle organizzazioni democratiche, in particolare delle donne, che si oppongono da sempre al fondamentalismo talebano e dei signori della guerra e alla presenza delle truppe nato e alla loro guerra, cercando di costruire un Afghanistan diverso; delle purtroppo scarse ma non per questo inesistenti voci che anche in Italia si fanno sentire contro la guerra e la complicità italiana.
Il numero è realizzato proprio da alcune di queste esperienze, di opposizione coerente alla guerra e di analisi che ritrova temi e ragioni già fatte circolare dieci anni fa e di relazioni con le donne e gli uomini democratiche e democratici dell’Afghanistan.
Un monografico che prova a mettere insieme i pezzi di un puzzle complesso, che ha prodotto divisioni anche da noi, all’interno dello stesso movimento contro la guerra, spesso frenato dalla falsa alternativa “o con la Nato o con i Talebani”, e dalle più comprensibili preoccupazioni della società civile afghana che sperava almeno che l’intervento militare – che non avevano voluto – potesse dare loro respiro e maggiori strumenti di democrazia. Una speranza che negli anni è comunque completamente scomparsa.
Per la realizzazione di questo numero è stato determinante l’aiuto delle amiche del Cisda, che hanno elaborato insieme a noi il sommario, hanno scritto diversi articoli e hanno messo a disposizione le loro relazioni con le associazioni di donne e democratiche dell’Afghanistan – costruite in questi dieci anni di solidarietà e informazione sulla realtà afghana.
Ringraziamo anche Emergency, non solo per il lavoro che svolge in Afghanistan, ma anche per averci permesso la pubblicazione dell’articolo sui movimenti democratici già uscito sul loro mensile “E”.
Ringraziamo anche Emergency, non solo per il lavoro che svolge in Afghanistan, ma anche per averci permesso la pubblicazione dell’articolo sui movimenti democratici già uscito sul loro mensile “E”.
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