I banchieri sono i dittatori dell’Occidente

gen 8, 2012 0 comments
Di Robert Fisk
Siccome scrivo da una zona del mondo che produce più luoghi comuni      per piede quadrato (30 cm circa)  di qualsiasi altra “storia –cioè il Medio Oriente – dovrei forse fermarmi un attimo prima di dire che non ho mai  letto tanta immondizia, tante assolute  stupidaggini  sulla crisi finanziaria mondiale.
Non tratterrò il mio impeto. Mi sembra che l’informazione sul crollo del capitalismo abbia  raggiunto un nuovo minimo che neanche il Medio Oriente può superare per pura e totale ubbidienza proprio nei riguardi delle istituzioni e degli “esperti” di Harvard che hanno aiutato a causare l’intero disastro criminale.
Diamo un calcio alla “Primavera Araba” – espressione che è  di per sé una grottesca  deformazione verbale del grande risveglio arabo/musulmano che sta scuotendo il Medio Oriente – e i paragoni scadenti con le proteste di tipo sociale avvenute nelle capitali occidentali. Siamo stati inondati di servizi giornalistici su come  i poveri o gli svantaggiati  in Occidente hanno “tolto una pagina” dal libro della “Primavera Araba”,  come i dimostranti in America, Canada, Gran Bretagna, Spagna e Grecia sono stati “ispirati” dalle enormi dimostrazioni che hanno fatto cadere in regimi in Egitto, Tunisia  e – fino a un certo punto – la Libia. Queste però sono sciocchezze.
Il vero paragone, è inutile dirlo, è stato evitato dai giornalisti occidentali, così  entusiasti  di esaltare le ribellioni degli Arabi contro la dittatura, così ansiosi di ignorare le proteste contro i governi occidentali “democratici”, così disperati da denigrare queste dimostrazioni, da far credere che sono soltanto un modo di  seguire l’ultima moda  nel mondo arabo. La verità è piuttosto diversa.
Quello che ha spinto gli Arabi a decine di migliaia e poi a milioni nelle strade delle capitali del Medio Oriente, è stata la richiesta di dignità e il rifiuto di accettare che i dittatori locali fossero i veri proprietari dei loro paesi. I Mubarak, i Ben Ali e i Gheddafi e i re e gli emiri del Golfo (e della Giordania) e gli Assad tutti credevano di avere diritto di proprietà su tutte quante le loro nazioni. L’Egitto apparteneva alla S.p.A. Mubarak, la Tunisia alla S.p.A.  Ben Ali (e alla famiglia Traboulsi), la Libia alla S.p.A. Gheddafi . E così via. I martiri arabi della lotta contro la dittatura sono morti per dimostrare che i loro paesi appartenevano alla loro gente.
Questo è il vero parallelo che si può tracciare in Occidente. Le proteste sono in effetti contro l’alta finanza – una causa che ha una perfetta giustificazione. Ciò che hanno veramente predetto, tuttavia, sebbene un po’ in ritardo, è che da decenni acquisiscono una partecipazione in una democrazia fraudolenta: votano doverosamente per i partiti politici che poi consegnano il loro mandato democratico e il potere del popolo alle banche e agli operatori di derivati e alle  agenzie di valutazione (del livello di affidabilità), tutti e tre appoggiati dalla sciatta e disonesta cricca di “esperti” delle migliori università americane e da gruppi di esperti che mantengono la finzione che questa è una crisi della globalizzazione piuttosto che un massiccio raggiro finanziario imposto agli elettori.
Le banche e le agenzie di  valutazione sono diventati i dittatori dell’Occidente. Come i Mubarak e i Ben Ali, le banche credevano – e ancora credono – di essere i proprietari delle loro nazioni. Le elezioni che danno loro il potere sono diventate, grazie alla mollezza e alla collusione dei governi, tanto false come le votazioni alle quali gli Arabi sono stati costretti, decennio dopo decennio, per ungere i proprietari della loro proprietà nazionale. La Goldman Sachs e la Banca Reale di Scozia sono diventate i Mubarak e i Ben Ali degli Stati Uniti e del Regno Unito e ognuno di loro ha inghiottito  la ricchezza della gente sotto forma di   indennità e premi di produzione fasulli per i loro capi  malvagi in una misura infinitamente più rapace di quella che i loro avidi  fratelli di dittatura Arabi potessero immaginare.
Non avevo bisogno che il film di Chrales Ferguson, Inside Job, sulla BBC2 questa settimana – anche se mi è servito –mi insegnasse che le agenzie di valutazione e le banche statunitensi sono intercambiabili, che il loro personale si sposta continuamente  tra l’agenzia, la banca e il governo degli Stati Uniti. I giovanotti  del rating (quasi sempre giovanotti, naturalmente), che in America hanno valutato i  mutui  e i derivativi con l’indice di affidabilità AAA adesso stanno dilaniando con la loro velenosa influenza sui mercati – i cittadini europei,minacciando di abbassare o ritirare proprio le stesse valutazioni di affidabilità dalle nazioni europee che avevano profuso sui criminali  prima del crollo finanziario degli Stati Uniti. Credo che gli eufemismi tendano ad avere la meglio nelle discussioni. Perdonatemi, però: chi sono queste creature le cui agenzie di valutazione ora fanno più paura ai Francesi di quanta ne facesse  Rommel nel 1940?
Perché i miei colleghi giornalisti di Wall Street non me lo dicono? Come mai la BBC e la CCN e  – oh, mio Dio, perfino al-Jazeera – trattano queste comunità criminali come inconfutabili  istituzioni del potere? Perché non si indaga –il film Inside Job si è messo su  quella strada – riguardo a questi scandalosi doppiogiochisti? Mi ricorda molto il modo parimenti codardo con cui molti inviati trattano gli avvenimenti del Medio Oriente, stranamente  evitando qualsiasi critica nei riguardi Israele,  accusati di correità da un esercito di lobbisti pro-Likud (Partito nazionalista liberale di Israele) di spiegare ai telespettatori  perché ci si può fidare del processo di pace americano per il conflitto israelo-palestinese, perché le brave persone sono “moderati” e quelle cattive “terroristi”.
Gli Arabi per lo meno hanno cominciato a non dare peso a queste stupidaggini. Quando però i dimostranti di Wall Street fanno la stessa cosa, diventano “anarchici”, i “terroristi” sociali delle strade americane che osano chiedere che i Bernanke e i Geithner dovrebbero subire lo stesso processo di Hosni Mubarak. Noi in Occidente – i nostri governi – hanno creato i nostri dittatori. Al contrario degli Arabi, però, non possiamo toccarli.
Il Taoiseach (capo del governo) irlandese, Enda Kenny, questa settimana  ha solennemente informato la sua gente che non sono responsabili della crisi in cui si trovano. Lo sapevano già, naturalmente. Non ha detto loro, però, chi sono i colpevoli. Non è ora che Kenny e i suoi amici primi ministri dell’Unione Europea ce lo dicano? E anche i nostri inviati?
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
http.//www.znetitaly.org
Traduzione di Maria Chiara Starace

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