Di Tommaso Di Francesco
Eccoli i tagli "tecnici" vellutati: abolizione delle pensioni di
anzianità , aumento dell'età lavorativa, blocco del recupero
dell'inflazione, passaggio di tutti al contributivo. Il tutto
accompagnato dalle promesse di studiare un reddito minimo per i giovani
disoccupati, di una patrimoniale ma «debole» e di «provare» a ridurre i
privilegi della politica. Altro che tecnica. Si colpiscono come non mai
il già risicato welfare e la condizione di vita dei lavoratori. Così,
per un governo nato a surrogare l'incapacità dell'esecutivo reazionario
di Berlusconi per salvarci dalla crisi economica, la tecnica surclassa a
destra le precedenti incapacità politiche. E il ricatto del «o me o il
baratro» (Marchionne docet) con la favola del «rigore con equità e per
la crescita» rischiano di piegare ogni opposizione politica e sociale.
Tutto questo per il dichiarato obiettivo "neutrale" di trovare subito 25
miliardi di euro per «sanare i conti» e salvare, con l'Italia,
l'Europa.
C'è un'alternativa? Sì, logica e pragmatica, per usare le
parole del neoministro della difesa Giampaolo Di Paola, già ammiraglio e
capo di stato maggiore della Nato, davanti alle commissioni congiunte
di Camera e Senato, dove ha illustrato le linee guida del suo dicastero,
incentrate sulla «dismissione del patrimonio immobiliare delle
caserme». Di tagli e riduzioni alla spese militari manco a parlarne
invece. Anzi, in modo bipartisan - pleonastico dirlo per un governo
quasi monocratico - la commissione difesa del senato ha autorizzato Di
Paola a spendere ben 502 milioni di euro in acquisto di sistemi d'arma,
in particolare per proteggere i "nostri" soldati in Afghanistan. In
un'area di conflitto armato dove nessuno, nemmeno lo stato maggiore Usa,
sa bene perché continuiamo a stare in armi. Ma questo è niente, perché
il ministro Di Paola si è ben guardato dall'affrontare il tema caldo
ereditato dal governo Berlusconi, che ahimè l'aveva ereditato dal
governo di centrosinistra. Vale a dire il nodo di bilancio dell'acquisto
di 131 cacciabombardieri F35, per un valore totale di 15 miliardi di
euro. Senza dimenticare che l'aviazione militare sta acquistando un
centinaio di caccia Eurofighter Typhoon, al costo di oltre 10 miliardi
di euro. 25 miliardi, vi ricordano qualcosa?
Si stracciano le vesti
sul rigore e sull'equità . Ma l'idea di tagliare le spese di guerra resta
non praticata. Anche se a gestirla, in pieno conflitto d'interessi, è
un ex capo di stato maggiore di un'alleanza militare che ha condizionato
e condiziona i bilanci militari di tutti gli stati europei e di aziende
private e pubbliche, come Finmeccanica, legate agli affari del mercato
della guerra.
Eppure è sotto gli occhi di tutti, insieme al baratro
della crisi del capitalismo, finanziario e non, il disordine mondiale
prodotto dalle scelte di guerra dell'Occidente negli ultimi venti anni.
Certo, se si pensa che nei Balcani, in Medio Oriente, in Somalia, in
Iraq, in Afghanistan, in Libia la strategia di morte dei nostri
cacciabombardieri abbia contribuito a migliorare le sorti progressive
del mondo, non 15 miliardi per altri attrezzi di morte ma centinaia e
centinaia di miliardi debbono essere approntati e spesi, e nuove
intraprese belliche devono essere tentate, magari subito in Iran.
Suvvia, siamo pronti ai sacrifici. Ma se, al contrario, si intravvede
appena lo scenario provocato dalle guerre da noi supportate, fatto di
lutti, terrore in andata e ritorno, disperazione, stragi di civili,
tabula rasa dei diritti costituzionali e internazionali, nuove divisioni
del mondo in sfere d'influenza e terre di conquista tardocoloniale per
l'accaparramento di beni e fonti decisivi per il precipizio del nostro
modello di sviluppo... se solo si percepisce tutto questo puzzo e
brusio, allora bisogna dire basta. Tagliate il cacciabombardiere F35,
cancellatelo dal bilancio possibile del governo Monti, tagliate la
costruzione di nuove dieci navi da guerra per sostenere invece la
cantieristica civile, tagliate le spese militari, ritirate i soldati dai
conflitti in corso per rafforzare invece il Servizio civile che è stato
azzerato. O i granai o gli arsenali. Se non ora quando?
Da il Manifesto
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