Di Alessandra Fava
Si
dipana come un giallo la ricostruzione di uno degli scandali peggiori
per la classe politica francese: quello dell'appropriazione indebita di
fondi statali di alcuni paesi africani, utilizzati da politici francesi
per le proprie campagne elettorali o dai presidenti africani e affini
per acquistare immobili e fuoriserie a Parigi . 'Le scandale des biens mal acquis'
(edizioni La Découverte) dei giornalisti Xavier Harel e Thomas Hofnung,
due appassionati africanisti, indaga su come i miliardi entrati in
Gabon, Congo e Guinea Equatoriale dopo la scoperta dei giacimenti di
petrolio invece di essere spesi nella sanità o nelle scuole, sono stati
accaparrati dai rispettivi capi di stato (Omar Bongo per il Gabon, Denis
Sassou N'Guesso per il Congo e Teodoro Obiang Nguema per la Guinea) e
dirottati in Francia. Il libro si basa su un'inchiesta della
magistratura francese che nel 2007 ha iniziato a indagare su decine di
proprietà intestate ai tre presidenti e ai loro familiari. Solo la
famiglia Bongo a Parigi ha 39 proprietà tra cui un edificio storico
nell'VIII arrondisement costato oltre 18 milioni di euro. Le ricerche
poi si sono arricchite con l'entrata in campo di ong e cittadini
africani che hanno presentato e ottenuto di poter costituirsi parte
civile contro la distorsione di beni materiali appartenenti a stati
africani. Il libro delinea anche i ritratti di ambasciatori,
intermediari e politici cresciuti in Francafrique, habituè a Parigi,
Libreville, Brazaville e Malabo. Un paio di loro hanno finalmente
parlato delle valigie di soldi consegnate a Mitterand, Le Pen e Sarkozy.
Peacereporter ha parlato con Thomas Hofnung, uno dei due autori del libro, giornalista del quotidiano francese Liberation.
Che cosa faranno ora i giudici francesi, visto che Robert
Bourgi, da decenni intermediario tra paesi africani e Francia per affari
di varia natura, non ha voluto confermare alla magistratura le
dichiarazioni fatte in precedenza sulle valigie destinate alle campagne
elettorali delle presidenziali francesi?
I giudici hanno sequestrato documenti presso gli studi legali e
notarili di professionisti che lavorano per i dirigenti africani.
Principalmente l'inchiesta verte su chi ha comprato che cosa e con che
soldi.
Come ha sottolineato la stampa francese in questi giorni, il
vostro libro, oltre a riannodare i fili dell'inchiesta, ha anche trovato
una fonte autorevole che testimonia il passaggio di fondi ingenti da
Libreville a Parigi. Si tratta del direttore aggiunto del gabinetto del
presidente Omar Bongo, Mike Jochtane, che lo scorso settembre ha
dichiarato a voi due, che dei soldi del Gabon hanno beneficiato Jacques
Chirac, Dominique de Villepin, Jean-Marie Le Pen ma sopratutto Nicolas
Sarkozy per la sua ultima campagna presidenziali. Jochtane verrà sentito
dai magistrati?
Non ne ho idea. Certo nell'intervista Jochtaine rivela che Bongo
(quando consegnava le valigie ai politici francesi nel suo studio
presidenziale ndr.) filmava tutto. Questo aspetto può interessare la
giustizia francese.
In diversi passaggi, insistete sulla povertà di tre paesi
africani nonostante il petrolio e della complicità di banche, paradisi
fiscali e istituzioni internazionali nella malversazione. Che cosa può
mettere la parola fine alla depredazione di beni pubblici? La rivolta
dei cittadini africani, un'opinione pubblica più responsabile e
informata in Europa oppure pensate che siano gli equilibri geopolitici
che cambieranno le cose, visto che l'Africa sembra guardare ora più alla
Cina che all'Europa?
Penso che sia necessaria una mobilitazione in Europa e in Africa
contemporaneamente. I cittadini europei devono capire che sono complici,
anche se involontariamente, della depredazione di fondi dei paesi
europei che vengono dirottati verso paesi ricchi come la Francia. Ma un
cambiamento nei paesi africani deve partire dai suoi popoli. E' un
cambiamento che non può arrivare dall'esterno. In futuro, chissà , ci
saranno delle primavere africane.
Perchè i media francesi, a parte un certo rumore, sulle
ville, palazzi storici e automobili di extralusso, possedute da
presidenti africani e accoliti a Parigi, non si sono occupati a fondo di
questa inchiesta?
I media hanno riferito regolamente dello scandalo dei fondi distolti,
ma l'inchiesta è andata avanti per alcuni anni e alla fine ha stancato.
Non penso che si tratti di omertà . Comunque ora, con le sue
dichiarazioni, Robert Bourgi ha riacceso una certa curiosità .
Nelle ultime pagine parlate anche del Senegal. Molti soldi
sarebbero arrivati ai politici francesi anche da Dakar. Come mai non c'è
stato un caso Wade?
Questa è una bella domanda. Diciamo che si sospetta che gli Wade si
siano impossessati di parecchio denaro pubblico. Ma non è detto che lo
abbiano investito in Francia. Potrebbero avere dei beni in altri paesi
del mondo.
Quanto lavoro c'è dietro il vostro libro, quanti viaggi e qual'è stata la vostra più grande soddisfazione?
Due anni di lavoro. Poi diversi viaggi in Gabon e Congo mi hanno
permesso di creare e usare contatti importanti. Invece in Guinea
equatoriale non sono mai andato. La più grande soddisfazione per me è
stata la testimonianza di Gregory Mintsa, il gabonese che ha presentato e
vinto il ricorso. Mitsa rappresenta l'inizio della rivolta contro la
corruzione delle elite in Africa.
Da Peace Reporter
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