Di Enrico Piovesana
La
notizia, per i media dell’Occidente in piena trance da shopping
natalizio, è che l’ennesimo incendio in una fabbrica cinese della Apple
potrebbe causare un rallentamento nella consegna degli iPad nei negozi
delle nostre città.
Poco importa che all’ospedale di Songjiang, nel distretto di
Shanghai, ci siano 61 operai cinesi della Riteng Computer Accessory
ricoverati con gravi ustioni e ferite causate dallo scoppio
dell’incendio di tre giorni fa.
Pare che l’esplosione sia dipesa dalla polvere di alluminio che
circola nell’aria della fabbrica: stesso colpevole dello scoppio e
conseguente incendio nell’altra fabbrica sussidiaria dell’Apple, la
Foxconn di Chengdu lo scorso marzo.
Secondo le Ong che si battono per i diritti dei lavoratori, questo
dimostra il non rispetto delle normative di sicurezza nelle fabbriche
che producono parti per l’Apple, come già è emerso in alcuni libri
bianchi diffusi l’anno scorso.
La China Labor Watch, una di queste organizzazioni con base a Hong
Kong, da mesi si batte per denunciare le carenze della catena di lavoro
dell’Apple in Cina, il cui caso più emblematico è rappresentato dai
suicidi degli operai nella sussidiaria Foxconn, ma che riguarda anche le
pessime condizioni di lavoro di molte altre aziende.
Da E-il mensile
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