Di Comidad
Molti commentatori hanno notato che la presenza di esponenti di Banca
Intesa San Paolo nel governo Monti configura alcuni evidenti conflitti
d'interessi, in particolare nel settore delle infrastrutture, data la
partecipazione della banca al business dell'alta velocità. Un aspetto
che invece è stato poco messo in evidenza concerne la riforma
pensionistica, poiché da tempo le banche offrono ai clienti una serie di
opzioni di previdenza integrativa privata, costituendo così una
concorrenza alla previdenza pubblica. Intesa San Paolo non fa eccezione a
riguardo, anzi è una delle banche più presenti nel settore della
previdenza integrativa.[1] (br/)
C'è da osservare però che in Italia la previdenza integrativa privata
non ha mai riscosso particolare successo: solo il 23% di media, contro
il 91% all'estero. La constatazione è stata fatta, con rammarico, dal
presidente dell'INPS, Antonio Mastrapasqua, il quale qualche giorno fa
ha invitato bruscamente i lavoratori italiani ad adeguarsi alla
previdenza integrativa privata, da ritenersi, secondo lui, ormai
"obbligatoria".[2] (br/)
Che il presidente dell'ente pubblico INPS abbia assunto una posizione
così sfacciata a favore della privatizzazione della previdenza, non
risulta poi tanto sorprendente, poiché Antonio Mastrapasqua è anche
vicepresidente esecutivo di Equitalia SpA, l'agenzia di esazione e di
recupero crediti. In questa unione di cariche, così apparentemente
incompatibili, c'è in effetti un messaggio molto evidente.[3] (br/)
Si delinea quindi una precisa volontà, per la quale la previdenza
pubblica viene messa in condizione di non erogare più il servizio per il
quale era nata; infatti il sistema contributivo pubblico non
corrisponde più al traguardo di percepire una pensione, ma si configura
come un tributo tout court. Il servizio previdenziale dovrà quindi
essere pagato privatamente, e le varie "riforme" delle pensioni vanno
appunto nel senso di quanto dichiarato da Mastrapasqua: rendere
"obbligatoria" quella previdenza privata che i lavoratori non
gradiscono, e ciò semplicemente negando la previdenza pubblica, che
diventa nient'altro che una fiscalità mascherata. Viene così creato
artificiosamente e forzosamente un business ad uso delle banche e delle
compagnie assicurative: il solito assistenzialismo per ricchi. (br/)
Risulta infatti evidente dal bilancio dell'INPS, fornito dallo stesso
Mastrapasqua, che i dati utilizzati per parlare di pensioni sono
ampiamente truccati, come del resto si sa da sempre. A carico dell'INPS
vi sono una serie di voci "improprie" che costituiscono il passivo
dell'ente: il pagamento dei TFR anche delle aziende che falliscono - che
sono invece un prestito forzoso dei lavoratori alle aziende -, i
prepensionamenti, l'assistenza (handicap e non autosufficienza). Ma
fanno la loro parte soprattutto i "fondi speciali", come la mitica
"cassa di previdenza dei dirigenti d'azienda" (l'ex INPDAI) che, una
volta fallita, è stata caricata sulle spalle del bilancio dei lavoratori
dipendenti, che risulta invece in attivo. C'è anche però chi fa notare
che, fondi speciali o meno, prima dell'arrivo di Equitalia il bilancio
dell'INPS era sempre stato positivo per parecchi miliardi.[4] (br/)
Ma ciò che dovrebbe screditare maggiormente l'emergenza-pensioni
riguarda proprio la storia dell'ideologia bancaria, così come risulta
dai protocolli e dalle dichiarazioni del Fondo Monetario Internazionale.
Questa istituzione, fondata ufficialmente nel 1946 per accordi già
presi nei due anni precedenti, ha costituito sin dall'inizio un tempio
del lobbying bancario, dato che da sempre tutto il suo personale
dirigente proviene dalle grandi banche d'affari internazionali. (br/)
Un saggio storico del 1975, "I Limiti della Potenza Americana" di Joyce e
Gabriel Kolko, illustrava vari documenti del FMI e consentiva di
riscontrare che le "misure di risanamento" proposte ed imposte nel 1946
erano le stesse di adesso: pareggio di bilancio, privatizzazioni e
libertà di licenziamento. Anche allora la libertà di licenziamento
veniva presentata come una misura per la crescita, poiché la
disoccupazione era spacciata come condizione indispensabile per
aumentare i livelli di produttività; mentre in realtà la disoccupazione
serve solo ad aumentare i livelli di indebitamento delle masse. Queste
misure furono imposte dal FMI anche al governo laburista che c'era
allora in Gran Bretagna.[5] (br/)
A scompaginare le pretese del FMI intervenne l'esasperarsi delle guerra
fredda. L'anticomunismo pretestuoso e propagandistico del periodo
1947/1948 prese improvvisamente corpo e concretezza nel 1949 con
l'ascesa di Mao in Cina, e con la guerra di Corea nel 1950, che comportò
uno scontro diretto tra Cina ed USA. Nel 1954 i comunisti vinsero anche
in Vietnam, ed allora le oligarchie occidentali provarono davvero
paura. La minaccia dell'espansione del blocco comunista determinò quindi
la necessità di reperire consenso sociale in Occidente. (br/)
Grazie al feticcio del pareggio di bilancio i banchieri possono tenere
in ostaggio il debito degli Stati, ma sotto la spinta della minaccia
comunista negli anni '50 il feticcio fu messo da parte, e si aprì così
la strada al compromesso socialdemocratico che ha retto sino agli anni
'70. Gli storici si sono incaricati di costruire il mito del piano
Marshall per giustificare lo sviluppo dell'Europa, ma, in base ai
programmi ufficiali del FMI, quello sviluppo non era affatto previsto.
(br/)
Caduta venti anni fa la remora della guerra fredda, il lobbying bancario
non solo si è ripresentato negli stessi termini del 1946, ma non ha
trovato più nessun contrasto a livello politico. Da venti anni la NATO
non incontra più ostacoli da parte di Russia e Cina, e può comportarsi
nel mondo come la faina nella stia dei polli; quindi l'Occidente non ha
più la necessità di cercarsi consenso sociale con il Welfare. Non si
tratta di rimpiangere un blocco comunista già eroso dall'interno dalla
fame di affari e di privilegi delle sue nomenklature, ma semplicemente
di constatare che ogni passo avanti dell'imperialismo comporta un
automatico passo indietro delle garanzie sociali; e ciò dovrebbe far
riflettere gli "equidistantisti" nel momento in cui la NATO prepara
aggressioni alla Siria o all'Iran. (br/)
C'è anche da osservare che sotto qualsiasi longitudine o latitudine, ed
in qualunque momento storico, le ricette del FMI non cambiano mai:
pareggio di bilancio, privatizzazioni, licenziamenti; e ciò va a sfatare
anche il mito dei "tecnici", visto che basta la terza elementare per
ripetere sempre la stessa filastrocca. (br/)(br/)
[1]
http://www.intesasanpaolo.com/scriptIbve/retail20/RetailIntesaSanpaolo/ita/prev_complem/ita_prev_complem.jsp(br/)
[2]
http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/02/Mastrapasqua_rendite_integrative_avanti_piano_co_8_111202005.shtml(br/)
[3]
http://www.inps.it/portale/default.aspx?lastMenu=4923&iMenu=1&iNodo=4923%3f(br/)
[4]
http://archiviostorico.corriere.it/2011/ottobre/02/Pensioni_Salvate_dai_Precari_co_9_111002009.shtml(br/)
[5]
http://www.ibs.it/code/9788806423902/kolko-gabriel/limiti-della-potenza.html
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