Di Stelvio Dal Piaz
Occorre una precisazione: gli organi di informazione e i cosiddetti
politici ormai “devitalizzati”, insistono nell’affermare che il governo
Monti è un esecutivo tecnico di alto profilo in cui non sono presenti i
partiti. Non è vero! I partiti “Corriere della Sera” e il gruppo “La
Repubblica” e “L’Espresso” sono abbondantemente rappresentati. E’ una
storia vecchia che parte da lontano.
A volte queste due “bande” si combattono e a volte si accordano, a
seconda che i loro padrini trovino convenienza a tutela dei loro
esclusivi interessi.
Nel merito voglio ricordare un episodio emblematico di questa
situazione. Siamo nel periodo in cui era scoppiato l’affare Gelli P2.
Sul “Secolo d’Italia” del 30 maggio 1981 il compianto deputato Beppe
Niccolai pubblicava, fra l’altro, quanto segue: “Dunque, prima
puntualizzazione. E’ grazie a queste benemerenze resistenziali che Licio
Gelli diventa il Grande Maestro che può avvicinare e plagiare
Presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari, generali, banchieri,
giornalisti, dirigenti d’azienda, cioè tutto il vertice che conta
dell’Italia uscita dal 25 aprile 1945. “L’unità”, come suo costume, si
comporta da mascalzone. Dice le cose che le fanno comodo. Tace sul
resto.
Non accorgendosi che anche il comunista di base è in possesso di un
cervello funzionante. Un cervello perfettamente in grado di chiedere: ma
se Licio Gelli apparteneva alle SS, come ha fatto a circolare
indisturbato fin dall’ottobre 1944 in Pistoia, senza fare un giorno di
carcere ? Perché lo hanno protetto i comunisti. Quindi seconda
puntualizzazione: a rimettere in circolazione Licio Gelli, dopo il 1944,
è lo stesso Pci. Terza puntualizzazione: nella guerra fra bande che
travaglia (e insanguina) l’Italia, la magistratura ha la sua
vistosissima parte, Scalfari (Eugenio NdR) e la sua banda, all’attacco
di Gelli e del “Corriere della Sera” è evidente, non ha alcun intento
moralizzatore. E’ della stessa pasta dei suo dirimpettai. Morde per
motivi di bottega, o meglio di banda. E i morsi e le azzannate che può
dare derivano dalle informazioni che certi magistrati, al servizio del
Pci, gli forniscono puntualmente. Già Ugo Intini, su ‘L’Avanti” del
17aprile 1980, ha descritto lucidamente il partito di Eugenio Scalfari.
State a sentire. Non si può, in modo apparentemente inspiegabile, ora
tentare di soffocare gli scandali reali, e ora attizzare quelli
inventati.
Non si può ora manovrare nelle cucine del sottogoverno e del potere
economico, ora pretendere di rappresentare la coscienza critica della
sinistra. Non si può essere parte del potere politico e nello stesso
tempo rivendicare l’autorevolezza che spetta agli organi superpartes
specialmente quando nel gioco politico si entra come espressione di un
complesso intrico di interessi finanziari. Sottolineiamo la posizione
equivoca di chi pretende di essere, a seconda della convenienza, ora
protagonista politico e ora commentatore indipendente, di chi vuole ora
distribuire colpi bassi in nome di gruppi di potere, ora nascondendosi
dietro lo scudo della dignità culturale e dei diritti
dell’informazione”.
Continuava Niccolai: “Esatto, Se c’è la banda “Corriere della Sera -
Calvi - Gelli”, c’è pure la banda “Caracciolo, La Repubblica, Scalfari”
che non disdegnò, in tempi lontani, difendere Michele Sindona. Sono due
bande. Accampate sul suolo d’Italia. La lotta vede, via via, la
supremazia dell’una o dell’altra: il Pci. è parte ed è banda al tempo
stesso. Come del resto la Dc che, nel marasma soprattutto morale in cui
si trova, è interessata ad alzare polveroni, Più sono fitti meglio è. E’
un comportamento suicida. Perché, alla fine, è la banda più organizzata
che rischia di prevalere: il Pci. Aveva ragione Aldo Moro: ‘Mi volete
morto. Ebbene sarà la vostra fine’. Le bande avevano il loro saggio
moderatore. Con lui vivo l’equilibrio veniva mantenuto. Tutto si
imputridiva, ma i giochi non precipitavano. Ora è diverso. La macchina,
senza più controllo, macina e stritola... L’Italia, prima di tutto”.
Come potete osservare ci sono dentro tutti; nella parte dei
“moralizzatori” è lo spaccato dell’Italia del dopoguerra che si perpetua
ancora oggi. E ancora oggi riscopriamo la regia dei due “partiti-banda”
- solidali in questa circostanza - a tutela degli interessi dei loro
padrini.
Da Rinascita
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