Di Alessia Lai
Allontanare le mire del Qatar dalla nuova Libia: l’ambasciatore
libico alle Nazioni Unite, Mohammed Abdel Rahman Shalgam, ne sta facendo
la sua missione personale. Dopo avere accusato Doha, nelle scorse
settimane, di “voler dominare la Libia” e di essere affetta da una
“sindrome stile Gheddafi” che la spinge a voler controllare l’intera
regione, venerdì le ha intimato di smetterla d’interferire negli affari
interni del proprio Paese, accusando l’emirato del Golfo Persico di
continuare a fornire armi e finanziamenti agli islamisti, malgrado la
guerra sia ormai finita. Il Qatar è stato il primo e più convinto tra i
Paesi arabi ad appoggiare l’attacco al regime di Muammar Gheddafi, con
l’invio di armi ai ribelli già nelle prime fasi della rivolta e la
partecipazione attiva di truppe qatariote, ammessa solo di recente.
L’ambasciatore del Cnt alle Nazioni Unite ha detto di aver parlato della
questione con le autorità del Qatar: “Li ho messi in guardia come
fratelli”. Fratelli-coltelli, se è vero che, come affermato sempre da
Shalgam,“Ci sono prove concrete, i qatarioti stanno ancora fornendo
assistenza e danno soldi ad alcuni partiti libici, ai partiti
islamisti”. “Non solo soldi, danno loro anche armi, e cercano
d’immischiarsi in questioni che non li riguardano. Noi questo lo
rifiutiamo assolutamente”, ha affermato il diplomatico libico. E non
solo soldi e armi, ma anche propaganda, con la tv del Qatar, al Jazeera,
che da mesi concede ampio spazio allo sceicco Ahmed as Salabi, membro
dell’Unione mondiale degli ulema che ha più volte affermato di voler
fondare un partito islamista libico. Salabi è un personaggio molto
vicino a Abdulhakim Belhadj, il capo del Consiglio militare di Tripoli
con un passato da leader del Gruppo islamico di combattenti libici,
ritenuto vicino ad al Qaida e ai talibani afghani. Lo stesso che,
proprio venerdì, ha rivendicato ministeri chiave nel nuovo esecutivo
del Consiglio nazionale transitorio libico. “Serve un governo forte, con
il contributo di tutti i tuwar (rivoluzionari, ndr)”, ha detto Belhadj,
che dalle indiscrezioni dei media locali sarebbe prima fila per il
ministero della Difesa. “Abbiamo vinto la battaglia sul campo e ora
siamo pronti per unirci alla battaglia per lo Stato, uno Stato che sia
civile e moderno”, ha ancora affermato, parlando di un accordo con il
Cnt perché ai combattenti vengano affidati “precisi ministeri”. Le
pretese di Belhadj, diventato un punto di riferimento militare dopo il
“buco” creato l’uccisione del generale Abdel Fattah Yunis - avvenuta
presumibilmente ad opera dei capi del Cnt - avevano già in precedenza
messo sul chi va là gli stessi leader dei ribelli di Bengasi. Tanto che
nell’ottobre scorso, l’ufficiale ribelle Abdullah Ahmed Naker era stato
incaricato dal presidente del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, della formazione
di una nuova forza militare con “il sostegno di 73 fazioni” – aveva
dichiarato Naker ad al Arabya – per controbilanciare lo strapotere delle
milizie di Belhadj a Tripoli. Pochi giorni fa, con un gesto a sorpresa,
oltre 150 tra ufficiali e sottufficiali libici che hanno partecipato
alla guerra hanno scelto il generale Khalifa Haftar – fuggito dalla
Libia negli anni ’90 per approdare negli Usa e tornare appena scoppiata
la rivolta - come nuovo capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Abdelhakim
Belhaj, interpellato dall’Afp ha affermato di non essere a conoscenza
della questione, rifiutando di rilasciare commenti. Ma ad essere stato
tagliato fuori dalla scelta del nuovo capo delle forze armate è stato
anche il rivale di Belhadj: Abdullah Ahmed Naker. “Non siamo stati
consultati”, ha denunciato. Il “qatariota” Belhadj è forte della
promessa del Cnt di riservare ai suoi accoliti ministeri importanti, ma è
evidente che i nuovi leader libici si muovono su un terreno minato. Le
mine vengono abilmente sistemate dal Qatar che, tornando alle armi della
propaganda, usa la tv al Jazeera, ma non solo: è notizia recente che
proprio l’ex direttore della tv satellitare, Waddah Khanfar, dimessosi
in seguito alla scoperta dei suoi stretti legami con l’ambasciata Usa di
Doha, sarà a capo di una futura rete all news libica finanziata proprio
da Doha e da uomini d’affari vicini a gruppi islamici locali. Tra
questi i Fratelli Musulmani, che, duramente avversati da Gheddafi, hanno
aperto giovedì sera a Bengasi il loro primo Congresso pubblico in Libia
in quasi 25 anni, in previsione delle elezioni che daranno un nuovo
volto al Paese.
Da Rinascita
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