Di Thomas Mackinson
Oggi
il voto in commissione per autorizzare spese sugli armamenti. Che
portano a 20,5 miliardi i costi militari del 2011. Ecco la lista degli
acquisti con 500 veicoli leggeri, blindati e sistemi per localizzare
sorgenti di fuoco. Ringraziano i big dell'industria bellica, mentre è
sempre più forte la protesta della società civile.
Blindati con cannone da 120 mm per dieci milioni di euro. “Veicoli
tattici medi multiruolo” per altri 157 milioni di cui sette da stanziare
entro l’anno. E ancora 198 milioni di euro per 477 veicoli tattici
leggeri “lince” da comprare entro il 2013.
E poi “sistemi acustici
per la localizzazione delle sorgenti di fuoco”, barriere
antisfondamento, veicoli automatici di perlustrazione per altri 56,3
milioni. Sono soldi che l’Italia spenderà entro fine anno in armamenti e
che si potrebbero destinare ad altro subito, oggi stesso. Perché alla
commissione Difesa della Camera, nel pomeriggio, atterrano i cinque
programmi di acquisto per armamenti militari del valore di 500 milioni
di euro per essere votati e passare in giudicato. Il capogruppo Idv Augusto Di Stanislao
ha presentato una mozione per chiedere di fermare lo “shopping”
militare e rivedere i programmi di spesa in scadenza: entro il prossimo 3
dicembre, infatti, quella partita di carri e veicoli leggeri, deve
ricevere l’approvazione formale.
Si torna a parlare di manovre “lacrime e sangue” per recuperare 30
miliardi in due anni. Ma il settore delle spese militari è cresciuto nel
2010 dell’8,4%, con una spesa addizionale di 3,4 miliardi di euro. Il
conto generale sale a quota 20.556,9 milioni di euro, corrispondente
all’1,283% del Pil e che colloca l’Italia all’ottavo posto al mondo per
spese militari. Ringrazia l’industria bellica nazionale, che anche negli
ultimi anni di crisi generale ha presentato saldi in decisa crescita.
Ad esempio, nel 2009, quando l’economia ha iniziato a segnare il passo,
il settore della produzione bellica ha registrato un fatturato record da
3,7 miliardi, superando perfino la Russia nella corsa agli armamenti. E
non è tutto. Perché oggi si discute di cinque programmi d’acquisto
relativi alle forze di terra, ma da qui al 2026 sul bilancio dello Stato
ne incobono ben 71, tra i quali spiccano i 121 caccia F35 che
costeranno 16 miliardi (80 sono già stati acquistati, ne manca l’ultima
tranche) e sono da tempo oggetto di polemiche e proteste.
I cinque programmi in discussione sono il frutto di un più ampio
progetto di digitalizzazione delle forze di terra avanzato dal Ministero
della Difesa nel 2009 e inserito nel Programma pluriennale di spesa.
Punta a digitalizzare mezzi, sistemi e componenti di una Forza NEC
(Network enabled capability). Manna dal cielo per chi produce mezzi di
questo tipo, cioè tutta la grande industria italiana che va a braccetto
con la politica per ottenere commesse sicure in un business sussidiato
con soldi pubblici per centinaia di milioni. Tra i principali
beneficiari dello “svecchiamento” del parco blindati spiccano infatti i
big dell’industria nazionale: Iveco, Fiat, Oto Melara, Finmeccanica,
Fincantieri, AugustaWestland. La Società Consortile Iveco Fiat-Oto
Melara, ad esempio, produce i veicoli leggeri su cui si vota oggi.
Sempre Iveco, stavolta insieme alla tedesca Klauss Wegmann Mafei,
realizza la piattaforma dei 40 veicoli tattici multiruolo da 157
milioni. Ma buona parte delle commesse sono proprio per quella
Finmeccanica Spa finita nella bufera per tangenti, finanziamenti
illeciti ai partiti e commesse “politiche” è stato ascoltato l’ex ministro Giulio Tremonti,
mentre proprio ieri il capo del governo Mario Monti ha espresso
preoccupazione e il leader del Pd Bersani ha chiesto l’azzeramento dei
vertici. La holding italiana opera nel settore della difesa sia con la
joint venture MBDA (con una quota del 25%), prima azienda europea nel
campo dei sistemi missilistici, sia con le società direttamente
controllate Oto Melara, che produce mezzi corazzati e artiglieria
terrestre e navale, e WASS, leader mondiale nei siluri. I sistemi per le
operazioni interforze a supporto dei comandi nelle missioni
multinazionali (in sigla C41I) sono prodotti proprio da Finmeccanica per
76 milioni di euro. E ancora la nazionale AgustaWestland che produrrà
elicotteri NH90 e EH-101 per oltre 200 milioni.
Ma quella che si discute oggi è solo lista della spesa relativa alle
forze di terra, una goccia nel mare delle spese militari. La
shopping-list italiana va ben oltre tra interforze e aeronautica. Sono
ancora in corso i programmi di acquisto relativi al 2010. E ce n’è per
tutti i gusti. Solo nell’area interforze prevedono una spesa da 900,5
milioni di euro. I capitoli più pesanti sono relativi allo sviluppo del
velivolo Joint Strike Fighter JSF (158,9 milioni di euro), altri 60
milioni per il velivolo da pattugliamento marittimo MMPA, la
realizzazione dei C4I di Finmeccanica di cui si è detto, e del sistema
WIMAX per l’accesso a reti di telecomunicazioni a banda larga e senza
fili da 170,5 milioni. I principali programmi terrestri (813,6 milioni)
sono relativi all’industrializzazione ed alla produzione degli
elicotteri NH-90 (154,3 milioni), l’approvvigionamento di Veicoli
tattici leggeri multiruolo (127,1 milioni), la realizzazione del sistema
missilistico superficie/aria terrestre FSAF (48,7 milioni),
l’acquisizione dell’elicottero da trasporto medio (68,7 milioni) e degli
obici semoventi (63 milioni) e altri ancora. Nell’ambito dei programmi
navali sono previste spese per 770,3 milioni. Quelle più rilevanti
riguardano l’acquisizione della nuova nave portaerei Cavour a
Fincantieri (52,7 milioni), di due fregate antiaeree di scorta classe
Orizzonte (84,4 + 11,2 milioni) e dei sommergibili di nuova generazione
U212 (110,4 milioni), oltre che l’ammodernamento di mezza vita di unità
navali (22,7 milioni). Ci sono poi programmi relativi agli elicotteri
NH90 (165,7 milioni) e EH-101 (45,4 milioni), nonché l’acquisizione del
sistema missilistico superficie/aria FSAF (23,7 milioni).
Nell’aeronautica si prevedo investimenti per 931,9 milioni, le quote più
consistenti sono riservate allo sviluppo e acquisizione dei velivoli
Eurofighter 2000 (57,1 milioni), all’ammodernamento strutturale dei
velivoli Tornado (184,1 milioni), alla realizzazione di una serie di
sistemi C4I (55,9 milioni), ai sistemi missilistici ATBM MEADS
(42,8milioni) e IRIS/T (29,5 milioni) nonché all’acquisizione di
velivoli rifornitori B767 Tanker (27,6 milioni) e di velivoli da
trasporto (51,4 milioni).
Se i politici possono fare qualcosa oggi stesso, fermando o
razionalizzando gli acquisti bellici, c’è anche una società civile che
si è già mobilitata per dire il suo “no”. Sui contestati F35 continuano le manifestazioni e le contestazioni con tanto di raccolta firme
(circa 50mila quelle raccolte via web e con petizione su carta) per
chiedere di fermare l’acquisto dei nuovi caccia. Molti Paesi hanno
rinunciato a tale programma e gli stessi Usa hanno tagliato
drasticamente le spese militari. Un’altra iniziativa importante è quella lanciata da padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano di origine trentina che ha promosso una petizione co
ntro un ulteriore incremento della spesa per il parco armamenti tricolore.
Tratto da: ilfattoquotidiano.it
Da Antimafia Duemila
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