Al momento, riferisce il New York Times, la produzione è attestata sul 40% dei livelli pre-bellici. Ma la buona notizia è che il grosso degli impianti non è stato danneggiato nei sette mesi di guerra che hanno sconvolto il Paese. Il che vuol dire che entro giugno del prossimo anno – questa è la stima del CNT di Bengasi – la Libia potrebbe di nuovo superare la soglia di 1,5 milioni di barili di greggio al giorno, come in passato. Tornando perciò ad essere il quarto esportatore africano – dopo Nigeria, Angola e Algeria – ed uno dei primi venti al mondo. Si vedrà. Il vero scoglio per ora è la sicurezza, che non è affatto garantita: lo dimostrano gli scontri fra bande che imperversano in diverse zone e che difficilmente cesseranno se non si provvederà alla requisizione delle armi, che attualmente in Libia sono più diffuse dei telefonini. Non a caso, per il momento solo alcune compagnie hanno accettato di rientrare a Tripoli: l’Eni, la francese Total e la spagnola l.Repsol. Tentennano gli inglesi della BP, così come gli americane della Marathon e della Hess, che pure non vedono l’ora di mettere le mani sulla torta libica. inoltre, solo il 20% dei tecnici stranieri in grado di far funzionare gli impianti è rientrato in Libia. E questo è un ulteriore ostacolo al ripristino della normalità.
La riapertura dei rubinetti consentirà comunque a breve di capire molti retroscena della guerra che si è appena conclusa. Si capirà ad esempio se è vero che l’attivismo bellico di Nicolas Sarkozi ha assicurato alla Total il 35% del petrolio libico. Oppure se l’Eni riuscirà a mantenere la sua posizione di interlocutore privilegiato e di primo beneficiario, come in passato. Qualche giorno fa, Ali Tarhoumi, che è l’attuale ministro libico delle Finanze e del Petrolio, ha dichiarato che di nuovi contratti con le compagnie petrolifere si parlerà solo dopo le elezioni del nuovo governo, cioè fra otto mesi. Negli stessi giorni, a Doha, in Qatar, il presidente del CNT, Mustapha Abdeljelil, ha però dichiarato che la Libia è pronta a intensificare le sue prospezioni sia per quanto riguarda il petrolio che il gas. Per le compagnie occidentali c’è insomma di che fregarsi le mani. Anche perchè, senza più Gheddafi fra i piedi – e con i dividendi della guerra da riscuotere – i nuovi contratti non potranno che essere assai vantaggiosi.
Da Amedeo Ricucci.it
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