Tutti coloro che domenica hanno visto la bell'inchiesta di Riccardo Iacona sullo smantellamento dell'agricoltura in Italia, hanno avuto lo stesso pensiero: "E se succede qualcosa?". Se lo è chiesto anche uno dei contadini intervistati, peraltro: "Se succede una crisi, una guerra, con questi campi abbandonati come faremo a sfamare la popolazione?"Non si sa. D'altronde, le multinazionali dell'agroalimentare hanno tutto il diritto di fare business e muoversi nel mercato, quindi perché lamentarsi se poi non c'è da mangiare?
Siccome non siamo paghi di tale pessima prospettiva, l'ONU ne aggiunge un'altra: l'Italia è uno dei Paesi europei a maggior rischio desertificazione. Se ne parla in questi giorni a Changwon, in Corea, dove si tiene la decima Sessione dell'UNCCD, l'agenzia ONU che si occupa dell'argomento.
Le regioni italiane più colpite sono Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna, ma anche altre "insospettabili", come Piemonte, Liguria, Abruzzo e Toscana, di cui ci dice in dettaglio qui Marco Pagani.
La causa della desertificazione non è il destino ingrato, e neppure, udite udite, il solo cambiamento climatico. La verità è che anche i suoli sono una risorsa non rinnovabile, a differenza di quel che potrebbe sembrare. Per formare uno strato di qualche centimetro di terra fertile ci vogliono secoli, e solo pochi anni di sfruttamento intensivo bastano a rendere il suolo del tutto sterile. Non solo: anche l'abbandono delle terre, specialmente in zone calde, porta ad erosione e desertificazione.
Così, sommando i terreni ormai abbandonati e incolti a quelli progressivamente sempre più aridi, si potrà ottenere la misura di quanti italiani sarà possibile sfamare autonomamente nel giro di qualche anno. Io questo conto non oso farlo.
(La mappa qui sotto, dal sito ONU, mostra la situazione delladesertificazione in tutta l'area del Mediterraneo al 2009. Più ancora della situazione italiana, preoccupa lo stato critico dei suoli al di là del Mediterraneo. Decine di milioni di persone senza più terra da coltivare...)
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