Di Franco Berardi Bifo
Il 20 Novembre si terranno le elezioni in Spagna, dopo che il governo a guida socialista ha deciso di rinunciare a condurre a termine la legislatura per le difficoltà di gestione della situazione economica, non prima però di aver accettato la devastante logica antisociale imposta dalle autorità centrali europee avviando una politica di austerità aggressiva, che è già costata riduzioni di stipendio per i lavoratori pubblici, tagli alle disponibilità delle amministrazioni regionali, riduzione del finanziamento per i servizi sanitari.
Tra tutti i leader della sinistra europea Zapatero è stato quello che ha suscitato negli anni scorsi maggiori speranze. Eletto sull’onda di una mobilitazione popolare che aveva sconfitto la manovra di disinformazione montata da Aznar dopo l’attentato di Atocha, Zapatero aveva saputo in qualche modo essere all’altezza delle attese interpretando il rifiuto della guerra infinita di Bush cui Aznar aveva dato piena copertura politica, e portando a espressione legislativa il rinnovamento prodotto dalle culture gay e femministe, iniziando sia pur timidamente un processo di allontanamento dello stato spagnolo dall’asfissiante presenza dei parassiti vaticani. Ma nel momento decisivo, quando si è trattato di esprimere una posizione autonoma sulla questione sociale, di fronte al diktat della classe finanziaria europea le attese sono state tradite.
Quando gli speculatori hanno preso di mira la Grecia l’Irlanda e il Portogallo, e la classe finanziaria ha chiesto ai governi nazionali di farsi esecutori del progetto di distruzione dei sistemi pubblici, riduzione del salario, uno dopo l’altro i leader politici della sinistra europea hanno capitolato, e hanno accettato di divenire strumenti della più spaventosa rapina mai conosciuta nei paesi europei. Papandreou, leader del partito socialista greco, è stato il primo a chinare il capo di fronte alle pretese monetariste della Banca centrale ed ha accettato un piano di “salvataggio” che consiste essenzialmente nella riduzione del numero dei lavoratori pubblici e del loro salario, nella distruzione del sistema scolastico, e nella privatizzazione di interi comparti del sistema pubblico del paese.
Come era del tutto prevedibile il risultato si è rivelato catastrofico per l’economia greca. Non solo queste misure di strangolamento non sono assolutamente bastate a pagare il debito (che nel frattempo aumenta con interessi sempre più elevati), ma il prodotto del paese è crollato del 7% in un anno. Segno evidente del fatto che il piano di “salvataggio” caldeggiato dalla BCE e imposto dalle banche francesi e tedesche non serve assolutamente a salvare l’economia greca, che sprofonda verso il fallimento, ma serve soltanto a spostare reddito verso il ceto finanziario, a ridurre il costo del lavoro e a privatizzare.
Quella che è in corso a livello europeo è una vera e propria guerra di classe contro il lavoro cominciata con l’impoverimento e la devastazione della società greca e ora estesa su scala europea. Quando è venuto il turno della Spagna si poteva sperare che Zapatero sapesse mostrare un po’ di coraggio, come su altri terreni. Invece Zapatero ha chinato la testa senza neppure accennare a una resistenza. Dire no al ricatto, sfidare la Banca centrale e l’Unione sul terreno del fallimento – avrebbe trasformato Zapatero in un eroe della società europea. Ma il partito socialista spagnolo ha aperto la strada delle elezioni anticipate sapendo benissimo che queste portano alla vittoria della destra. Con questo gesto la sinistra ha firmato il suo atto di morte, che Zapatero lo sappia o no, dichiarando la sua definitiva inutilità . Se si limiterà semplicemente ad appoggiare l’offensiva violenta che la destra porterà una volta al governo la sua funzione sarà nulla. D’altra parte con quale legittimità potrà criticare la destra e difendere lo stato sociale dato che non ha saputo farlo quando era al governo?
Fra un po’ verrà il turno dell’Italia, dove la sinistra – liquefatta da venti anni di predominio berlusconiano – viene oggi artificialmente resuscitata per rendere possibile la formazione di un governo dell’austerità in collaborazione con i fascisti di Fini convertiti con quindici anni di ritardo, in collaborazione con la Confindustria. La sinistra viene resuscitata perché il governo di Berlusconi non ha più l’autorevolezza necessaria per imporre quelle che il newspeak liberista chiama riforma: aumento dello sfruttamento, libertà di licenziamento, eliminazione di fatto delle pensioni, privatizzazione della scuola e della sanità .
Con la franchezza che talvolta hanno i servi quando sono promossi al ruolo di aguzzini per conto d’altri, i leader della sinistra italiana – personaggi lugubri cui la lunga astinenza dal potere ha tolto l’ultimo residuo di dignità umana – lo dichiarano: il governo Berlusconi è troppo corrotto per fare il lavoro cui l’Europa ci chiama. Passi a noi la mannaia, a noi il polso non trema, come dice l’indegno Bersani.
Al di là delle contingenze politiche occorre pur chiedersi come mai nessun dirigente della sinistra europea abbia saputo riflettere sulla lezione greca, come mai ben pochi di questi individui che pure sono pagati con i soldi dei lavoratori, hanno il coraggio di denunciare la violenza e la devastazione, e di chiedere un processo di ridefinizione delle regole fondative dell’Unione Europea visto che le regole di Maastricht sono fallite e funzionano ormai soltanto come uno strumento per spostare reddito dalla società verso la classe finanziaria?
Come mai? Dobbiamo pensare che la sinistra sia composta di codardi? Anche se certamente la nuova generazione di dirigenti politici della sinistra in tutti i paesi europei è composta di opportunisti disposti a qualsiasi compromesso pur di mantenere una quota sia pure minima di potere, questo non basta a spiegare il fatto che costoro, dopo un trentennio di marginalità , sconfitte e arretramenti ora si trovano ridotti a svolgere il ruolo di aguzzini al servizio del più efferato ed estremo progetto neoliberale monetarista e finanziarista che abbia mai preso forma.
Se si vuole spiegare un simile comportamento fallimentare oltre che indegno, occorre riconoscere che il problema è di ordine culturale. La sinistra manca completamente – da almeno da trent’anni – di una motivazione autonoma, di convinzioni teoriche, obiettivi, programmi. Venuto meno il referente costituito dal campo socialista, che aveva trascinato la sinistra nel baratro dello stalinismo politico e dello statalismo economico, la sinistra non ha saputo far di meglio che subordinarsi integralmente al progetto neoliberale. Per vergogna e autodisprezzo il ceto politico della sinistra ha perduto ogni ragione di esistenza autonoma a partire dagli anni ’80.
Perché costoro non hanno avuto il coraggio di cercarsi un altro mestiere, o perché non si sono messi direttamente al servizio dei partiti fascisti, o neoliberisti, o media-populisti (come pure molti di loro hanno fatto)? Per una ragione molto semplice: il capitalismo finanziario aveva e ha bisogno di mantenere in esistenza una “sinistra” totalmente svuotata sul piano etico e motivazionale, totalmente subalterna sul piano programmatico e intellettuale, così da poterla utilizzare ogni qualvolta si tratta di compiere operazioni troppo sporche perché la destra possa assumersene completamente la responsabilità .
La destra finanzista privatizza, rapina, e di conseguenza distrugge le risorse comuni. Quando ci si trova di fronte alla necessità di ricostituire le risorse depredate, per ricomporre un gruzzolo che la classe finanziaria possa nuovamente rapinare domani, è necessario che vengano fuori degli utili idioti, degli uomini di paglia, dei Napolitano dei Papandreou e degli Zapatero, che in nome dell’interesse comune, della responsabilità della crescita o magari della patria, costringano i lavoratori ad accettare sacrifici che consistono essenzialmente nel lavorare di più per guadagnare di meno.
Ecco a cosa servono le sinistre europee.
Da Micromega
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