Cinghiali, caprioli, daini e mufloni. Andrea Marciani, di Rete Ambiente Grosseto, denuncia come l'imponente campagna sui danni alle colture portata avanti in Italia è accompagnata dall'uccisione per mano dei cacciatori di questi animali ai quali, proprio come alle popolazioni indigene d'America, viene negato il diritto di vivere nelle proprie terre.
Di Andrea Marciani - 11 Ottobre 2011
La storia della selvaggina nel nostro Paese comincia ad avere sempre maggiori affinità con quella degli indiani d'America
Ma la pressione dei coloni non si ferma davanti ai recinti dei parchi come non si fermò in America davanti alle esigue riserve che si erano concesse alle popolazioni indigene, da una parte gli agricoltori cominciarono a segnalare scorribande e razzie nei loro campi, dall'altra i politici cavalcarono questi sparuti eventi per restringere le riserve e consentire ai coloni attività economiche al loro interno.
Qui da noi è in corso un'imponente campagna stampa sui danni alle colture, stranamente nessun organo d'informazione si occupa di citare dati e fonti, si parla solo di una generica richiesta delle associazioni degli agricoltori.
"A chi interessa accertare la verità? E chi si preoccupa di cinghiali, caprioli, daini e mufloni?"
Ma a chi interessa accertare la verità? E chi si preoccupa di cinghiali, caprioli, daini e mufloni? Per alcune di queste specie, certi del divino diritto dell'uomo a prevalere su tutto il mondo naturale, si arriva a richiedere l'eradicazione, insomma, per dirla alla nazista, la 'soluzione finale'.
Un senatore degli Stati Uniti che nel 1880 si era distinto per la promozione di leggi particolarmente inique verso le popolazioni indigene, per rispondere ad un giornalista che gli chiedeva in confidenza la ragione di tanta ferocia, candidamente rispondeva: “i musi rossi non votano”.
Neanche cinghiali, caprioli e mufloni votano, non hanno quindi alcun diritto, lo sanno bene i nostri politici che spalancano le porte dei parchi e distribuiscono a piene mani patentini da selezionatori a tutti quei cacciatori a cui il calendario venatorio sta stretto come un cilicio, con la stessa prodigalità con cui una volta si distribuivano i pacchi di pasta.
Da il Cambiamento
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