Il 15 ottobre è già ieri. E domani?
Di Marco Santopadre
E’ possibile tracciare un bilancio della manifestazione di ieri di Roma? Ci proviamo. La manifestazione vista dai nostri corrispondenti in piazza.
Il corteo parte alle 13,30, con mezzora di anticipo rispetto all’orario ufficiale di convocazione. Piazza della Repubblica è già piena e anche le strade attorno si riempiono di manifestanti prima del previsto. I romani si aggiungono come di consueto un po’ più tardi ma da tutto il paese sono già arrivati a Roma più di 800 pullman.
Lo striscione di apertura si muove verso via Cavour, recita ‘Peoples of Europe rise up!’ e poi ‘solleviamoci’ in varie lingue. Subito dopo un vago ‘Cambiamo l’Europa per cambiare l’Italia’ e gli spezzoni che il "coordinamento 15 ottobre" ha deciso di sistemare in testa. Sotto un sole caldo e in un’atmosfera festosa sfilano i No Tav della Val di Susa, i No Ponte, centinaia di aquilani con le bandiere italiane e quelle della città . ‘L’acqua non si vende, l’acqua si difende’ gridano un migliaio di attivisti dei vari comitati per l’acqua pubblica, mentre un po’ più dietro un gruppo di giovani preferisce ‘Non ci rappresenta nessuno’. Ancora un po’ più in là altri ancora se la prendono coi partiti e coi sindacati confederali. Non mancano slogan più in linea con la giornata internazionale di ieri come ‘noi la crisi non la paghiamo’ e le parole d’ordine contro il pagamento del debito.
La testa corre, sembra aver fretta e presto arriva al Colosseo, gli spezzoni più indietro faticano a stargli dietro, mentre Piazza della Repubblica rimane intasata di gente che fino a tre ore dopo l’orario di partenza non riesce a muoversi e a cominciare a sfilare. Poi all’improvviso il primo episodio che rompe il clima ameno e festoso: un gruppo di incappucciati assalta il supermercato ‘Elite’ in Via Cavour: segnali stradali usati come arieti per togliere di mezzo le serrande, qualche calcio e l’ingresso è libero, gli incappucciati entrano e poi tornano dentro il fitto serpentone che continua a sfilare più o meno regolarmente.
Ma si capisce già che la giornata sarà più lunga del previsto e che molti manifestanti, anche giovani, non gradiscono gli atti di sanzionamento e di sabotaggio che per tutto il percorso colpiscono banche, agenzie interinali, automobili e mezzi della Polizia e dei Carabinieri. Mentre via Cavour è un fiume di gente fitto fitto, in fondo si alza una colonna di fumo nero. Poco dopo le fiamme si levano da alcune auto incendiate a pochi metri da Largo Corrado Ricci dove si accalcano fotografi e cameramen. E’ proprio in questo punto che si capisce che la presenza degli incappucciati è massiccia e organizzata. Sfilano decine e decine di cordoni di ragazzi e di ragazze vestiti di nero con la faccia coperta e gli zaini pieni di ‘attrezzi del mestiere’. Qualcuno gli si avventa contro, li accusa di rovinare la manifestazione. A chi li contesta rispondono ‘andatevene a casa’ o ‘borghesi’. La tensione è alta e qualche macchina fotografica finisce in pezzi.
Poi il clima ritorna più o meno sereno, quando a centinaia fanno irruzione del Museo del Foro Romano per “riappropriarsi di una cultura e di un patrimonio messo in vendita”. Ma poi arriva l’eco di esplosioni forti, a via Labicana le fiamme si levano da una sede del Ministero della Difesa e da alcune automobili. Dal camion della Confederazione Cobas si accusano i ‘black block’ di essere dei fascisti, dei violenti senza senso, li si invita a scoprirsi la faccia e ad andarsene. Ma la guerriglia non si ferma, anzi. A via Merulana i primi fronteggiamenti con la polizia e i carabinieri che fino a quel momento non si erano granché visti, troppo impegnati a blindare tutto il centro della capitale che la Questura, con l’accondiscendenza delle organizzazioni promotrici legate al centrosinistra, ha deciso di proibire ai manifestanti.
All’angolo con viale Manzoni i primi scontri, con le volanti e i furgoni della Polizia che si lanciano a tutta velocità contro le barricate che gli incappucciati hanno approntato con fioriere e cassonetti. I lacrimogeni inondano tutte le strade attorno a Piazza San Giovanni che si è già riempita e dove sono cominciati i primi interventi. Improvvisamente la situazione degenera e gli scontri violentissimi si spargono in tutto il quartiere fino a quando alcune migliaia di incappucciati ingaggiano la battaglia finale con la Polizia a due passi dalla Basilica. Una battaglia che dura per ore, mentre il resto dei manifestanti cerca di allontanarsi bloccati da cordoni di polizia e carabinieri che incredibilmente sigillano la piazza impedendo il deflusso di chi cerca di sfuggire agli scontri. E mentre gruppi di giovani prendono di mira le camionette dei Carabinieri – su una, data alle fiamme, qualcuno scrive ‘Carlo Vive’ – alcuni chilometri più indietro le forze politiche, sociali e sindacali reduci dall’assemblea nazionale contro il pagamento del debito del 1° ottobre decidono di deviare dal percorso ufficiale. Per evitare di portare decine di migliaia di manifestanti in mezzo al cul de sac di San Giovanni, ma anche per segnare una distanza politica da come sono andate le cose prima e durante questa grande manifestazione.
I camion e gli spezzoni di Roma Bene Comune, dell’USB, della Rete 28 aprile, di parecchi centri sociali della capitale e di altre città , di Sinistra Critica, della Rete dei Comunisti e di altre forze della sinistra imboccano viale Aventino e poi, a Piramide, il corteo si scioglie. Da San Giovanni tramite le radio di movimento, arrivano notizie gravissime: decine di feriti nelle cariche e nei caroselli dei blindati lanciati a tutta velocità contro i manifestanti, blindati in fiamme, cariche contro un gruppo di ‘pacifisti’ che cercano di frapporsi con le mani alzate tra i celerini e gli incappucciati (!). Si racconta anche dell'inconsueto uso degli idranti.
Arrivano le notizie sui primi arrestati, poi gli incappucciati si ritirano ordinatamente verso Piazza Vittorio: qui altri scontri con la Polizia che blinda l’accesso a Casa Pound per timore che la sede neofascista venga assaltata. Il corteo dei centri sociali passa a Termini, poi a Castro Pretorio e poi ancora nelle strade di San Lorenzo già affollata per la movida del sabato sera.
A decine di migliaia i manifestanti raggiungono i pullman che li riporteranno a casa. Molti hanno l’amaro in bocca per ‘la manifestazione rovinata dai violenti’. In un bar a due passi da Circo Massimo affollato di manifestanti una tv manda in onda il TG3. Il TG targato PD segue il solito copione: da una parte i teppisti, i violenti, dall’altra i pacifici e buoni manifestanti che hanno addirittura applaudito le forze dell’ordine. Nessun accenno alle cariche indiscriminate contro i manifestanti, a quelli presi sotto i blindati lanciati contro la folla, agli arresti arbitrari. Gli avventori del bar seguono in silenzio, ma quando compaiono le immagini degli scontri di San Giovanni e della camionetta dei Carabinieri assaltata e data alle fiamme qualcuno sembra apprezzare, mentre la disapprovazione emerge quando il TG3 racconta la solidarietà di Mario Draghi agli indignati. Fuori a centinaia discutono, i capannelli sono animati: il commento più comune è che all’indomani i giornali e le tv controllate da Berlusconi getteranno fango sui manifestanti definendoli violenti, incapaci di manifestare pacificamente.
E’ possibile tracciare un bilancio della manifestazione di ieri di Roma? Ci proviamo. La manifestazione vista dai nostri corrispondenti in piazza.
Il corteo parte alle 13,30, con mezzora di anticipo rispetto all’orario ufficiale di convocazione. Piazza della Repubblica è già piena e anche le strade attorno si riempiono di manifestanti prima del previsto. I romani si aggiungono come di consueto un po’ più tardi ma da tutto il paese sono già arrivati a Roma più di 800 pullman.
Lo striscione di apertura si muove verso via Cavour, recita ‘Peoples of Europe rise up!’ e poi ‘solleviamoci’ in varie lingue. Subito dopo un vago ‘Cambiamo l’Europa per cambiare l’Italia’ e gli spezzoni che il "coordinamento 15 ottobre" ha deciso di sistemare in testa. Sotto un sole caldo e in un’atmosfera festosa sfilano i No Tav della Val di Susa, i No Ponte, centinaia di aquilani con le bandiere italiane e quelle della città . ‘L’acqua non si vende, l’acqua si difende’ gridano un migliaio di attivisti dei vari comitati per l’acqua pubblica, mentre un po’ più dietro un gruppo di giovani preferisce ‘Non ci rappresenta nessuno’. Ancora un po’ più in là altri ancora se la prendono coi partiti e coi sindacati confederali. Non mancano slogan più in linea con la giornata internazionale di ieri come ‘noi la crisi non la paghiamo’ e le parole d’ordine contro il pagamento del debito.
La testa corre, sembra aver fretta e presto arriva al Colosseo, gli spezzoni più indietro faticano a stargli dietro, mentre Piazza della Repubblica rimane intasata di gente che fino a tre ore dopo l’orario di partenza non riesce a muoversi e a cominciare a sfilare. Poi all’improvviso il primo episodio che rompe il clima ameno e festoso: un gruppo di incappucciati assalta il supermercato ‘Elite’ in Via Cavour: segnali stradali usati come arieti per togliere di mezzo le serrande, qualche calcio e l’ingresso è libero, gli incappucciati entrano e poi tornano dentro il fitto serpentone che continua a sfilare più o meno regolarmente.
Ma si capisce già che la giornata sarà più lunga del previsto e che molti manifestanti, anche giovani, non gradiscono gli atti di sanzionamento e di sabotaggio che per tutto il percorso colpiscono banche, agenzie interinali, automobili e mezzi della Polizia e dei Carabinieri. Mentre via Cavour è un fiume di gente fitto fitto, in fondo si alza una colonna di fumo nero. Poco dopo le fiamme si levano da alcune auto incendiate a pochi metri da Largo Corrado Ricci dove si accalcano fotografi e cameramen. E’ proprio in questo punto che si capisce che la presenza degli incappucciati è massiccia e organizzata. Sfilano decine e decine di cordoni di ragazzi e di ragazze vestiti di nero con la faccia coperta e gli zaini pieni di ‘attrezzi del mestiere’. Qualcuno gli si avventa contro, li accusa di rovinare la manifestazione. A chi li contesta rispondono ‘andatevene a casa’ o ‘borghesi’. La tensione è alta e qualche macchina fotografica finisce in pezzi.
Poi il clima ritorna più o meno sereno, quando a centinaia fanno irruzione del Museo del Foro Romano per “riappropriarsi di una cultura e di un patrimonio messo in vendita”. Ma poi arriva l’eco di esplosioni forti, a via Labicana le fiamme si levano da una sede del Ministero della Difesa e da alcune automobili. Dal camion della Confederazione Cobas si accusano i ‘black block’ di essere dei fascisti, dei violenti senza senso, li si invita a scoprirsi la faccia e ad andarsene. Ma la guerriglia non si ferma, anzi. A via Merulana i primi fronteggiamenti con la polizia e i carabinieri che fino a quel momento non si erano granché visti, troppo impegnati a blindare tutto il centro della capitale che la Questura, con l’accondiscendenza delle organizzazioni promotrici legate al centrosinistra, ha deciso di proibire ai manifestanti.
All’angolo con viale Manzoni i primi scontri, con le volanti e i furgoni della Polizia che si lanciano a tutta velocità contro le barricate che gli incappucciati hanno approntato con fioriere e cassonetti. I lacrimogeni inondano tutte le strade attorno a Piazza San Giovanni che si è già riempita e dove sono cominciati i primi interventi. Improvvisamente la situazione degenera e gli scontri violentissimi si spargono in tutto il quartiere fino a quando alcune migliaia di incappucciati ingaggiano la battaglia finale con la Polizia a due passi dalla Basilica. Una battaglia che dura per ore, mentre il resto dei manifestanti cerca di allontanarsi bloccati da cordoni di polizia e carabinieri che incredibilmente sigillano la piazza impedendo il deflusso di chi cerca di sfuggire agli scontri. E mentre gruppi di giovani prendono di mira le camionette dei Carabinieri – su una, data alle fiamme, qualcuno scrive ‘Carlo Vive’ – alcuni chilometri più indietro le forze politiche, sociali e sindacali reduci dall’assemblea nazionale contro il pagamento del debito del 1° ottobre decidono di deviare dal percorso ufficiale. Per evitare di portare decine di migliaia di manifestanti in mezzo al cul de sac di San Giovanni, ma anche per segnare una distanza politica da come sono andate le cose prima e durante questa grande manifestazione.
I camion e gli spezzoni di Roma Bene Comune, dell’USB, della Rete 28 aprile, di parecchi centri sociali della capitale e di altre città , di Sinistra Critica, della Rete dei Comunisti e di altre forze della sinistra imboccano viale Aventino e poi, a Piramide, il corteo si scioglie. Da San Giovanni tramite le radio di movimento, arrivano notizie gravissime: decine di feriti nelle cariche e nei caroselli dei blindati lanciati a tutta velocità contro i manifestanti, blindati in fiamme, cariche contro un gruppo di ‘pacifisti’ che cercano di frapporsi con le mani alzate tra i celerini e gli incappucciati (!). Si racconta anche dell'inconsueto uso degli idranti.
Arrivano le notizie sui primi arrestati, poi gli incappucciati si ritirano ordinatamente verso Piazza Vittorio: qui altri scontri con la Polizia che blinda l’accesso a Casa Pound per timore che la sede neofascista venga assaltata. Il corteo dei centri sociali passa a Termini, poi a Castro Pretorio e poi ancora nelle strade di San Lorenzo già affollata per la movida del sabato sera.
A decine di migliaia i manifestanti raggiungono i pullman che li riporteranno a casa. Molti hanno l’amaro in bocca per ‘la manifestazione rovinata dai violenti’. In un bar a due passi da Circo Massimo affollato di manifestanti una tv manda in onda il TG3. Il TG targato PD segue il solito copione: da una parte i teppisti, i violenti, dall’altra i pacifici e buoni manifestanti che hanno addirittura applaudito le forze dell’ordine. Nessun accenno alle cariche indiscriminate contro i manifestanti, a quelli presi sotto i blindati lanciati contro la folla, agli arresti arbitrari. Gli avventori del bar seguono in silenzio, ma quando compaiono le immagini degli scontri di San Giovanni e della camionetta dei Carabinieri assaltata e data alle fiamme qualcuno sembra apprezzare, mentre la disapprovazione emerge quando il TG3 racconta la solidarietà di Mario Draghi agli indignati. Fuori a centinaia discutono, i capannelli sono animati: il commento più comune è che all’indomani i giornali e le tv controllate da Berlusconi getteranno fango sui manifestanti definendoli violenti, incapaci di manifestare pacificamente.
Fonte e articolo completo: Radio Città Aperta
Ciao Info.
RispondiEliminaAnche io ho voluto scrivere sul 15 ottobre, e il mio è un grido di speranza in mezzo a questi furfabti che ci stanno rubando vita e futuro.
Perchè se noi tutti noi 99% usciremo dal silenzio forse ci sarà una possibilità di uscire dal vicolo cieco biologico in cui ci stanno infilando.
Ciao Daniela,concordo con il tuo commento.Ho letto il tuo articolo,interessante e x molti versi condivisibile.Su Roma credo che questa parte di un'articolo su Peace Reporter sia la più vicina alla realtà :Una (mal)sana via di mezzo: infiltrati c'erano di sicuro. in ogni Centro sociale, in ogni gruppetto che ci rispetti ci sono almeno un poliziotto e un carabiniere. Più spesso anche un finanziere e un appartenente ai Servizi. E' così da sempre. E da sempre questi servono per controllare quel che accade (e fin qui va bene) ma anche (e qui va meno bene) per far scoppiare scintille e a volte, come la storia ci ha insegnato, anche bombe. E poi, a riprova del fatto che qualcuno questa tensione la volesse far salire a tutti i costi c'è il fatto che come era succeso a Genova, anche ieri c'erano gruppi di "tifosi", ovvero gruppi di violenti puri. E chissà perché c'erano.
RispondiElimina"Dopo di che, qualche infiltrato da solo non basta. La provocazione per attecchire deve aver terreno fertile. E terreno fertile in questo periodo ce n'è quanto si vuole. Pure troppo." http://it.peacereporter.net/articolo/31034/Una+%28mal%29sana+via+di+mezzo
Ho visto il link che mi hai consigliato.
RispondiEliminaIl terreno fertile c'è ANCHE per far capire perchè stiamo finendo in questo vicolo cieco, non solo per innestare futili atti di violenza.
sarò sciocca ma penso che ci si possa arrivare a una maggiore consapevolezza.
Come il tuo blog.
Avanzare idee, progetti, programmi, solo evolvendo in "progetto comune" la forza di una massa manifestante, potremmo far cambiare le cose. Le idee ci sono, ma confuse e sparse, ora servono obbiettivi. Ecco i motivi degli scontri, tante idee, sparse e disorganizzate, ma nessuna struttura, nessun programma, nessun obbiettivo. Purtroppo.
RispondiEliminaDaniela e Davide vs Golia,concordo con i vostri commenti.Certamente bisogna arrivare a maggiore consapevolezza.Comunque,premettendo che sono contro la violenza,i fatti di Roma credo che non dovrebbero essere criminalizzati addirittura chiedendo più repressione(xchè è questo che in fin dei conti chiede il Potere)ma in qualche modo capiti,analizzati ecc.E da lì imparare dagli errori.E ancora:bisognerebbe educare e politicizzare in qualche modo quei giovani che ora vengono chiamati dai mass media "violenti","teppisti" ecc,in modo da evitare che la loro rabbia esploda in maniera cieca e nichilista,e in modo che capiscano quali sono i veri bersagli(e con la conoscenza e la consapevolezza su come opera veramente il sistema la violenza potrà essere alleggerita e al suo posto nasceranno proposte,voglia di cambiamento,di non sottomettersi al Potere ecc).Credo che non ci si debba limitare a condannare,ma si debba tentare di capire,analizzare gli errori,e impegnarsi per rimuoverli.Cito Brecht "tutti vedono la violenza del fiume in piena,nessuno vede la violenza degli argini che lo costringono." Bene,noi dobbiamo certamente evitare la violenza del fiume in piena,ma per fare ciò dobbiamo tentare di eliminare quella che c'è agli argini,e per questo ci sono molti mezzi pacifici:dalla controinformazione(come nel nostro caso)ai boicottaggi e molto altro.
RispondiEliminaComunque ,come si dice giustamente tante volte,la rivoluzione deve essere prima di tutto interiore.Penso che sia necessario tentare di cambiare la mentalità in Italia, in Europa e nel mondo,mentalità oggi plasmata sul consumismo,sull'odio,sul profitto e la competizione estrema,e orientarla sulla solidarietà ,sull'autodeterminazione,sul mutualismo,sull'ecologia profonda,sull'"amore universale".Ricordiamo che il neoliberismo è riuscito a imporre la sua visione grazie al cambiamento della mentalità delle persone,noi dobbiamo tentare di cambiare nuovamente la mentalità della gente,e praticamente di far tornare alla natura dell'uomo,o meglio dell'essenza dell'uomo,essenza umana sempre più umiliata dal consumismo neoliberista il cui obbiettivo era quello di ridurci a schiavi-robot,e purtroppo in molti casi c'è riuscito.Per quanto riguarda i mezzi per innestare il cambiamento della mentalità ,il web senza dubbio(blog,ma anche Facebook e Twitter usati x diffondere le proprie idee)è un'ottimo strumento,e anche grazie a questo(così come per le campagne di boicottaggio)la mentalità di molta gente,seppure ancora una assai piccola minoranza,sta cambiando(i referendum del 12/13 giugno possono fornire un'esempio in questo senso,così come la diffusione del vegetarianismo e veganismo,la critica a multinazionali ecc)
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